Costruisci il futuro: ecco la lezione del grande Walt Disney
Dell’uomo di cui sto per parlarvi non tutti forse conoscono le origini. Walt Disney, lo zio di tutti noi, iniziò la sua carriera nell’ormai lontano 1919 aprendo un’agenzia pubblicitaria a Kansas City. Dieci anni dopo, la svolta decisiva che gli fece abbandonare il mondo dell’advertising ed entrare in quello dell’arte attraverso la creazione di una formula che fondeva creatività e tecnologia, sperimentazione narrativa e rischio imprenditoriale. Grazie a lui, ai suoi sforzi, alla sua testardaggine, alla sua inesausta volontà di stupire e sfidare abitudini e luoghi comuni, prendeva il volo il cinema d’animazione, un mondo sublime e complesso dove il più grande dei successi abita stabilmente vicino al più clamoroso dei fallimenti.
Nel 1928, giusto novant’anni fa, compariva per la prima volta sugli schermi un personaggio che passerà indenne attraverso disastri economici, guerre mondiali, cambiamenti sociali, rivoluzioni del gusto e dei consumi; una figura – un “character” come dicono gli americani – che attraverso successivi affinamenti riuscirà a compiere il miracolo di non invecchiare mai. Il suo celeberrimo nome è “Mickey Mouse”, “Topolino” per noi italofoni.
Inutile chiedersi quanto di Walt ci sia in quel topo fortunato e vincente al punto da rischiare l’antipatia: c’è molto, se non addirittura moltissimo. A partire dal nome che inizialmente avrebbe dovuto essere Mortimer, ma che per provvidenziale intervento della moglie, Walt mutò nel ben più simpatico “Michelino”. E proprio come Walt, Topolino è coraggioso sino alla temerarietà, idealista e sognatore, dotato di ferrei principi etici, ma anche terribilmente pragmatico, vero figlio del suo tempo periglioso: gli anni della grande depressione sono il mondo nel quale Disney e la sua creatura si trovano a combattere per crescere e conquistare l’amore di un numero sempre più grande di seguaci.
Padre del cinema d’animazione, inventore dei parchi a tema, cineasta pluripremiato (ha vinto più Oscar nella storia del cinema) artista indiscusso nell’arte magica e impalpabile dell’intrattenimento, per tutto il corso della sua vita continuò a sperimentare formule e soluzioni narrative nuove. Proprio l’inesausta ricerca creativa – il suo tratto più genuino e geniale – l’ha portato ad essere riconosciuto come primo produttore mondiale di intrattenimento per la famiglia. Come alcuni brand hanno avuto la ventura di diventare sinonimo di prodotto (diciamo “bic” per intendere una penna a sfera; “gillette” in luogo di lama di sicurezza e “simmenthal” per indicare la carne in scatola) così Disney è sinonimo di fantasia, gioco, evasione dalla realtà, mondo fatato e incorrotto dell’infanzia. Ed è per certi versi incredibile che il mondo di poesia, di delicatezza e sogno che ha saputo creare sia il frutto di una determinazione ai limiti della ferocia; l’impegno ossessivo di un capo azienda il cui demone lo portava ad affrontare sfide colossali sia dal punto di vista economico che da quello della reputazione imprenditoriale, che per un grande artista è senza dubbio alcuno la cosa più importante.
Cosa possiamo imparare dalla sua vicenda? Cosa può ancora regalarci zio Walt dopo tutti i doni che abbiamo ricevuto? Sono molte, probabilmente troppe, le persone che insistono a rimarcare quanto siano difficili i tempi in cui viviamo. Quanto tutto sia già stato inventato, sperimentato, commercializzato, consumato. Forse i disillusi, gli apatici, i timorosi, non hanno tutti i torti, ma uno – il più clamoroso – certamente sì: negare il futuro. Costruire il futuro è un bisogno che Disney ha sentito fortissimamente lungo tutto il corso della sua vita. “Se puoi sognarlo, puoi farlo. Ricorda sempre che questa avventura ha avuto inizio da un topolino”.