Vivere meglio aiuta il pianeta
Tecno ottimisti o eco pessimisti?
“Un giorno parlavo con mio figlio di diciassette anni dei problemi ecologici che Greta Thunberg ha sollevato e lo vedevo visibilmente a disagio, evitava l’argomento con uno spirito di rassegnazione” racconta il Prof. Stefano Bartolini, docente di Economia della Felicità all’Università di Siena. Il problema del riscaldamento globale è stato dipinto in modo catastrofico da film e documentari con l’effetto di scaturire eco-ansia. In sostanza il messaggio che percepiamo è che o effettuiamo rinunce incredibili o il problema non si risolverà. Per questo motivo Bartolini ha scritto il libro “Ecologia della Felicità”, per fornire soluzioni concrete. “Ho una buona notizia per voi, dobbiamo vivere meglio avendo di meno, non di più. Possedere non rende felici ma possedere inquina. Condividere non inquina, migliorare le relazioni non inquina”
Il paradosso che stiamo vivendo è credere nell’illusione che la rivoluzione verde ci salverà. Se diventiamo tutti più “green”, più “sostenibili”, più “ecocompatibili” mantenendo le nostre abitudini, ci salveremo, in realtà stiamo semplicemente spostando il problema da una parte all’altra. Quando tutti avranno l’auto elettrica l’aria sarà più pulita ma avremo creato altri problemi ambientali. Lo smaltimento delle batterie, avremo forse creato nuove guerre scaturite dalle lotte geopolitiche per accaparrarsi le risorse minerarie necessarie per la transizione ecologica. Esiste una corrente di pensiero nel mondo dell’ecologia definita “tecno ottimismo”. In sostanza la transizione tecnologica ci salverà, non dobbiamo preoccuparci più di tanto. Negli anni ’70 i cieli delle nostre città erano molto più grigi per colpa ad esempio del piombo contenuto nella benzina. È arrivata la benzina senza piombo, poi i motori euro 4,5,6, le auto elettriche e le cose sono migliorate da sole senza sacrifici o rinunce. “Questa tesi è facilmente smontabile” afferma il prof. Bartolini. “Dagli anni ’70 ad oggi i consumi sono aumentati ed infatti ci troviamo con problemi ambientali più gravi rispetto a quel periodo. Sostituire tutta la catena produttiva energetica mondiale è un’operazione mastodontica che creerà altri problemi ecologici. La tecnologia può essere parte della soluzione ma non la soluzione”.
L’individuo non può fare la differenza
Il messaggio che è passato in questi anni è che il cittadino con le proprie scelte individuali può fare la differenza ma è evidente che non ha funzionato. Circa trent’anni fa, quando ero piccolo, mia mamma mi diceva di uscire sempre con un sacchetto di plastica quando andavo a fare la spesa. In questo modo avrei aiutato il pianeta a ridurre il problema della plastica. L’ho fatto ma non è servito a molto, piuttosto è servita una legge europea che ha semplicemente abolito i sacchetti di plastica in favore di quelli biodegradabili. “Concordo, oggi si tende ad attribuire agli individui la responsabilità di risolvere problemi creati dalla società. Solo l’azione collettiva può essere efficace con soluzioni sistemiche ed invece l’ecologia ha sempre strizzato l’occhio al singolo individuo. Ma ti dirò di più, esiste un paradosso in tutto questo. Le persone benestanti che fanno scelte verdi, hanno comunque un impatto peggiore sul clima delle persone con basso reddito”. Tradotto, una persona che compra una Tesla elettrica per essere sostenibile, avrà sempre un impatto maggiore sull’ambiente di una persona che non usa la macchina bensì i mezzi pubblici.
Esiste un problema di fondo, pensiamo che la crescita economica possa espandersi all’infinito. Pensiamo che senza la crescita rimaniamo senza una prospettiva di miglioramento delle nostre vite. Lavorare duro e spendere è il paradigma su cui si è basato lo sviluppo della nostra società. È quello che il prof. Bartolini definisce crescita difensiva. L’economia cresce in conseguenza del tentativo degli individui di difendere la propria ricchezza a discapito delle relazioni. Fra le industrie del degrado quella che genera più ricchezza è l’industria della solitudine. Giocattoli, babysitter, badanti, home entertainment, videogiochi, social network, sono business in costante crescita così come quella della sicurezza, sistemi di allarme, videocamere etc. Business che si sono sviluppati per sopperire alla mancanza di relazioni.
Le relazioni ci salveranno
“La soluzione per avere un mondo più sostenibile ce l’abbiamo sotto gli occhi” afferma il prof. Bartolini. “Bisogna migliorare le relazioni, i beni comuni. I beni materiali generano felicità momentanea ed hanno un prezzo da pagare mentre gli studi sulle onde celebrali mostrano che solo il pensiero di aiutare gli altri rende la gente più felice perché attiviamo la mesolimbica del cervello che è associata alla felicità ed alla produzione di dopamina”.
Il libro di Stefano Bartolini indica molte strategie per riprogettare il modo di vivere della nostra società che consentirebbe di vivere in un mondo più sostenibile. Rivedere l’urbanistica delle città ad esempio. La soluzione non è avere più auto elettriche ma città che non necessitano di spostamenti come le città dei 15 minuti. Pedonalizzare le città in modo da incentivare le relazioni e favorire la costruzione di capitale sociale. Lavorare sul sistema educativo. Oggi la scuola non insegna la collaborazione ma la competizione, nella scuola non conta l’intelligenza emotiva ma quella cognitiva. Esistono metodi educativi alternativi seppur poco diffusi in Italia come il metodo Montessori che punta invece sulla collaborazione, sulle classi miste, apprendimento attraverso l’esperienza.
I soldi non fanno la felicità
Che i soldi non facciano la felicità non è un motto ma è confermato dagli studi del prof. Bartolini che stabiliscono che oltre un certo livello, l’aumento di ricchezza non corrisponde ad un aumento della felicità. La nostra società si è ormai liberata dalla povertà di massa, ora bisogna migliorare la qualità della vita che non è aumentare il possesso ma aumentare la condivisione. “Il paradosso è che per espandere il pil dobbiamo consumare di più ma per vivere in ambienti migliori dobbiamo produrre meno. Adesso stiamo puntando sulla crescita economica, anche quella green, che ci renderà sempre meno sostenibili”.
Qual è la soluzione? Definire meglio le priorità nella vita fermandoci a pensare. Qualche tempo fa un’infermiera di una clinica di fine vita, si mise a registrare le conversazioni con i pazienti. I principali rimorsi erano quelli di aver lavorato troppo trascurando famiglia ed amici, essersi preso poco cura della propria vita, essere stati poco sinceri, nessuno che diceva “avrei voluto comprarmi un televisore cinquanta pollici”.
Segnali incoraggianti stanno arrivando proprio da quei Paesi che hanno puntato tutto sulla crescita economica a discapito delle relazioni e qualità della vita. Il Giappone conosciuto come un popolo di lavoratori stacanovisti, sta sperimentando la settimana lavorativa corta. In Cina i giovani cinesi impiegati nelle grandi aziende tecnologiche non sono più disposti a sacrificare la vita per il lavoro. Quando il mondo si concentrerà non sulla crescita economica fine a sé stessa bensì sul miglioramento della qualità della vita, allora avremo la speranza di avere un mondo più sostenibile.