Virtual influencer marketing
Non lasciatevi influenzare dal nome che gli è stato dato (e che spesso non meritano): gli influencer come li conosciamo difficilmente influenzano davvero e in profondità il loro pubblico, che molto più spesso semplicemente ispirano, intrattengono e incuriosiscono.
Che si occupino di moda, di viaggi, di cucina, di automobili o d’altro, questi personaggi della Rete sono esseri umani in carne ed ossa, con i loro pregi e difetti. Sono mortali, imperfetti, umani (nonostante outfit, filtri, ambientazioni e atteggiamenti che spesso tendono a nasconderlo) e prima o poi faranno qualcosa che non piace al loro pubblico: commetteranno errori, subiranno critiche o shitstorm, deluderanno chi li segue o si mostreranno per quello che sono davvero, perdendo attrattività e seguito.
Questo accade perché la nostra umanità ci rende instabili, mutevoli, ondivaghi ed è forse per questo che si stanno affacciando prepotentemente sulla scena dei social media nuovi influencer virtuali, che niente hanno di umano ma che fanno perfettamente il loro lavoro: sono fonti di ispirazione inalterabili, che non cambiano, non invecchiano e sono perfettamente coerenti con l’immagine che chi li progetta e li realizza ha pensato per loro, in funzione dei target che sono progettati per intercettare.
Virtual ma non troppo
L’escalation di questi personaggi digitali sui social media è un fenomeno recente, ma di influencer disegnati al computer in giro ce ne sono già molti e spesso hanno un grande seguito. Il senso della loro presenza in Rete è molto più complesso e articolato di quanto si possa immaginare. Essi non sono soltanto prodotti della fantasia e della grafica e poco importa se le loro esistenze non sono reali, perché il metaverso in cui di fatto siamo già immersi non fa discriminazioni tra esseri umani in carne e ossa e personaggi virtuali.
Proprio come gli influencer reali, infatti, le vite e le vicende di questi avatar hanno il potere di ispirare, intrattenere e influenzare chi li segue e si interessa a loro. Del resto chiunque conosca e frequenti gli influencer reali sa bene che ciò che essi fanno passare sui social è una narrazione di loro stessi; uno storytelling che spesso coincide con la realtà soltanto perché essa viene costruita “a tavolino”, giorno dopo giorno, mescolando spontaneità e recitazione e mostrando soltanto ciò che può interessare, incuriosire e aumentare visibilità e coinvolgimento del pubblico. E che dovrebbe far vendere ciò che promuovono, cosa che quando tutto va come deve ovviamente accade, ma che non può essere garantita a priori.
L’esercito dei Virtual influencer
I più seguiti si chiamano Lu do Magalu (5.6 milioni di follower su Instagram!), Lil Miquela, Guggimon, Knox Frost, ma ce ne sono talmente tanti da perdere il conto. Fanno le stesse cose dei loro colleghi in carne e ossa. collaborano con grandi agenzie e brand, sponsorizzano e frequentano (virtualmente) locali ed eventi, sfilano sui red carpet più prestigiosi, viaggiano e raccontano la loro quotidianità attraendo milioni di follower.
A differenza di quanto si possa immaginare non tutti sono perfetti stereotipi da vestire e accessoriare per vendere prodotti, ma tutti tendono ad avere personalità ben definite e a rivolgersi a una precisa nicchia di persone in funzione della loro sensibilità, cultura, stile di vita o di qualunque altra possibile caratteristica.
Non sono però soltanto modelli di moda o “piazzisti” di prodotti, ma veicoli di messaggi che hanno a che fare con una sfera ben più ampia e complessa di quella squisitamente materiale.
Verso il metaverso
Appena qualche giorno fa Mark Zuckerberg ha presentato la sua idea di metaverso, un mondo virtuale, che ha chiamato Horizon, in cui potremo immergerci attraverso gli occhiali e gli accessori per la realtà virtuale che il proprietario di Facebook presentò già alcuni anni fa.
Un nuovo modo di concepire i social network (e la realtà intera) che guarda alla Rete come un’espansione del mondo reale che non sia più racchiusa in un monitor e una tastiera, ma che diventi un’esperienza più tangibile, concreta, quasi fisica. Qualcosa che sinora abbiamo visto soltanto nelle serie tv, ma che può effettivamente rivoluzionare il nostro approccio alle interazioni online e al concetto stesso di presenza e di esperienza. Qualcosa che spaventa e preoccupa, è bene premetterlo, ma che al tempo stesso apre l’orizzonte a numerose opportunità che già oggi stiamo imparando a conoscere, tra le pieghe di scenari distopici che speriamo non si avverino mai.
Ma se è vero che un virtual influencer è poco più che un cartoon su Instagram e sulle altre piattaforme attuali, come sarà approcciarsi a queste figure quando noi stessi saremo rappresentati in Rete da un avatar tridimensionale e protremo navigare nella loro stessa dimensione? In 3D, a 360° e, in prospettiva futura, con accessori che consentiranno di simulare il contatto fisico e un’interazione molto più simile a quella reale? E cosa potranno proporre i brand, in questa nuova modalità?
Cosa sia la dematerializzazione lo sappiamo già, ma probabilmente qualche anno fa non avremmo immaginato che oltre al denaro, ai documenti, ai libri, alla musica, a foto e video, si potessero in futuro dematerializzare (e decontestualizzare) anche capi di abbigliamento, accessori, mobili e oggetti di ogni genere, opere d’arte, auto, aerei e chissà cos’altro.
Molto più che i loro colleghi in carne e ossa i virtual influencer apriranno dunque la strada verso un nuovo concetto di consumo, ibrido e non più esclusivamente legato a beni fisici da utilizzare nella vita “reale”, ma proprio all’interno di quel metaverso in cui varranno le stesse dinamiche che già oggi conosciamo ma che a volte ci sembrano ancora scollegate dalla realtà (ad esempio il senso dei tanto discussi NFT – Non-fungible token, che oggi appaiono ai più come il vezzo di qualche cripto milionario).
Proprio come noi, i nostri avatar potranno desiderare tutto ciò che noi desideriamo e potranno andare oltre il desiderio e acquistare. Saremo spinti a investire, collezionare, spendere denaro virtuale che sarà sempre più prossimo a quello reale, fino probabilmente a sostituirlo del tutto, rendendo questi nuovi soggetti molto meno lontani da noi di quanto oggi possano sembrarci e molto più capaci di influenzarci davvero.