Valgono di più auto, appartamento e magazzino o l’interfaccia software? Nasce l’economia della intermediazione
Perché oggi una patente, o addirittura un’auto, hanno un valore inferiore a un’interfaccia?
Perché la macchina, la patente – e persino un navigatore satellitare – sono a disposizione di tutti, l’interfaccia ce l’ha solo l’operatore.
Che si chiamino ride sharing, carpooling o car sharing, le realtà che stanno cambiando il modo di usare auto altrui per un servizio proprio hanno tutte qualcosa in comune. Anzi, proprio tutti i “fenomeni del business legati alla creazione di exponential organization come Uber, Airbnb o Lending Club” che Fabio Troiani di BIP chiama fenomeno di “uberizzazione”, hanno tutti qualcosa in comune.
Si muovono tutti velocemente, lavorano e gestiscono big data, costruiscono i loro modelli di business guidati dalla domanda degli utenti/consumatori, puntano sugli asset del software: programmi digitali, interfacce e app.
Uber e tanti altri business “sono esempi di una nuova tipologia di struttura organizzativa, in grado di generare valore a un ritmo mai visto prima nel mondo del business” scrive Samil Ismail in Exponential Organizations e dimostra che non serve più accumulare metri quadri per essere Airbnb, acquistare flotte aziendali per diventare Uber, o avere magazzini pieni di libri per trasformarsi in Amazon.
Nel caso di Uber, o di altri come BlaBlaCar, l’asset con cui lavorare non è più la macchina, non è la patente, non è la benzina, perché queste ce le hanno tutti. Uber addirittura non ha personale: la gestione di queste imprese è sistemica, spesso in mano a un software, e non fisica; è direttamente gestita dall’utente, attraverso lo smartphone. Inoltre non esistono costi marginali per l’aggiunta di un’automobile o di un autista (che non è più nel perimetro della proprietà). Semplicemente perché ciò che non ha valore non deve essere necessariamente detenuto dall’azienda.
Cambiano così alcuni dei più importanti paradigmi di gestione aziendale degli ultimi anni, come il CRM – Customer Relationship Management – attivato dall’azienda, che si schianta sulle nuove tecnologie guidate dall’utente ed è sostituito dal Vendor Relationship Management – VRM – termine coniato da Doc Searls di Harvard per definire un sistema nuovo, guidato proprio dai clienti che manifestano le loro intenzioni d’acquisto e di servizio da soli, senza che il processo sia analizzato ex post dall’impresa. Ecco allora che “Il valore è nell’interfaccia software, non nel prodotto”, come scrive il vicepresidente di Havas Media Tom Goodwin: il valore, quindi, non è nell’auto, me nemmeno nel personale, che non può essere specializzato per un lavoro così basic come guidare una macchina: una cosa che appunto sappiamo fare tutti. E infatti, parlando dei driver spazzati via dalle nuove app digitali, Roger Kay di Forbes li descrive come “inservibili, inesperti, anziani, senza risorse e adatti solo ai lavori manuali”.
Ma più che concentrarsi sui lavoratori “rimpiazzati dalle tecnologie”, dove un server è più importante di un autista – che in realtà combatte oggi per un asset vetusto come la licenza e non per il suo lavoro, che avrebbe comunque – sarebbe interessante chiedersi su quali armi puntare per salvare o adeguare il proprio lavoro alla modernità digitale. Viene in aiuto Venturebeat, con “Come proteggerti in quanto intermediario in un mercato”: tentando di salvarci dalla disintermediazione, fa capire il confronto tra attività a zero asset (auto, patente, scaffali di libri…), contro attività a full asset (interfaccia software, rapporto diretto col cliente). Il tutto sta nel difendere non il proprio terreno conquistato in anni di licenze, rapporti sindacali e orari di lavoro, ma nel conservare uno strettissimo e diretto rapporto col cliente/utente, per rispondere quanto prima alle sue esigenze. Lì il valore dell’intermediazione è massimo, e non si può saltare.
Infatti, nel caso di Uber, viene accuratamente vietata la possibilità che conducente e cliente si scambino il numero di cellulare. Ecco perché è più importante l’interfaccia, che fa la parte di massimo valore del processo aziendale odierno: collega acquirente e venditore. Il resto, ovvero la materia prima, non è più così importante, infatti il più popolare media owner (Facebook) non crea contenuti, la più grande azienda di servizio taxi (Uber) non è proprietaria di auto, così come il più grande retailer (Alibaba) non ha un magazzino e il più grande fornitore di alloggi (Airbnb) non è proprietario di immobili.