Turismo e social media nell’era pandemica
Appena a gennaio dello scorso anno uno dei temi su cui più spesso si dibatteva, relativamente alla comunicazione sui social media da parte delle strutture e delle attività connesse al turismo, era quello della veridicità dei contenuti pubblicati.
Ai fini del marketing turistico è corretto pubblicare foto di montagne imbiancate, quando ad esserlo (peraltro in modo artificiale) sono solamente le piste da sci? È lecito pubblicare video di spiagge assolate e gente in costume quando la stagione fa i capricci e freddo e pioggia sono all’ordine del giorno?
Il lockdown pandemico ha cambiato le carte in tavola e oggi emergono nuovi interrogativi. Le regole imposte dalla pandemia stanno cambiando profondamente i servizi offerti nelle aree turistiche, le attività che possono essere svolte, le capienze, i numeri, le modalità di accesso.
Oggi i plus comunicativi sono molto diversi rispetto al passato e, ancora una volta, i dilemmi etici si impongono e diventano centrali nel rapporto tra gli operatori turistici e i loro clienti. Definizioni come Covid-free sono all’ordine del giorno, ma al di là dei singoli argomenti di marketing e della loro effettiva veridicità, quali sono i limiti che non si dovrebbero mai superare nella comunicazione e nel marketing turistico sui social media?
Dal prodotto all’esperienza
Se qualche decennio fa si poteva ancora vendere mare, montagna o lago così come si vendevano bottiglie di vino bianco, rosso o rosè, negli ultimi anni in quasi tutti i settori del mercato le regole sono profondamente cambiate. Non si vendono più prodotti e servizi in quanto tali, perché in un mercato sovraffollato non c’è più posto per qualcosa che sia solamente “uno dei tanti”, con la sola componente del prezzo a fare la differenza.
Quanto al marketing turistico e alla comunicazione delle località turistiche nel nostro Paese, che pure non è tra i più grandi, c’è una tale offerta di località, bellezze artistiche e naturalistiche, tematiche e caratterizzazioni da rendere il differenziamento al tempo stesso semplice ma mai banale, né tanto meno fisiologico.
I parametri in gioco sono molti e infinite le possibili declinazioni e sfumature. Per i titolari di attività turistiche, inoltre, la variabile delle scelte politiche rispetto ai luoghi, alla loro fruizione e al posizionamento di marketing di ciascun territorio è assai vincolante. A valle di queste scelte e della direzione che ciascun territorio intraprende, ogni operatore si ricava i suoi spazi di libertà nel comunicare e nel vendere il proprio prodotto, che oggi sempre più è un’esperienza, se non addirittura un “sogno”, come molti si azzardano a scrivere o ad evidenziare nei loro contenuti. Azzardo che sui social media diventa spesso una vera e propria scommessa. La posta in palio è la soddisfazione degli ospiti, la loro percezione nel valutare l’inevitabile divario che intercorre tra l’aspettativa generata dal marketing e la fruizione di un soggiorno o di una vacanza.
Vendere sogni ed esperienze sui social
Era il 1986 e Giuni Russo imperversava nelle radio dell’estate con il tormentone Alghero. Rileggere quel testo oggi è qualcosa che spiazza, perché da una canzone leggera (anzi leggerissima) come quella ci si apetta a malapena un ritornello e qualche rima buttata lì. Quel brano è invece raffinato e ricco storytelling, che ti catapulta in una fantastica vacanza al mare senza mai nominarlo, a parte il ritornello che cita “spiagge assolate” e un paio di riferimenti alla sabbia e al tramonto.
Del resto l’autrice di un grande successo come “Un’estate al mare”, pubblicato cinque anni prima, non aveva nessuna necessità di usare la parola mare per far passare il concetto, l’idea e il sogno. Un sogno “proibito”, in quel caso, ma espresso senza nessuna promessa impossibile da mantenere. Qualcosa che si presta egregiamente ad illustrare una modalità di comunicazione cui un’azienda del comparto turistico potrebbe efficacemente ispirarsi.
L’esperienza di una vacanza è infatti un’alchimia molto più complessa dei semplici binomi sole – mare e montagna – neve, che pure restano ingredienti fondamentali e di sicuro richiamo. Non sempre e non necessariamente veri, purtroppo. Ecco perché occorre saper costruire esperienze che vadano oltre questi fondamentali e che li contemplino come una ciliegina sulla torta tutt’altro che scontata.
Covid e marketing turistico
Lo abbiamo già visto la scorsa estate, quando si parlava di recinti in plexiglas sulle spiagge, tavoli a tenuta stagna nei ristoranti e distanziamenti a prova di misurazione laser: tra la carta dei progetti e la realtà c’è una distanza difficile da prevedere. Tanto più quando la velocità normativa è più alta di quella operativa.
L’agosto dei vaccini si preannuncia come quello dei certificati, dei pass e delle regole, per evitare che in autunno i numeri tornino a salire, ma se c’è un argomento su cui il turismo dovrebbe evitare di fare marketing è proprio quello della sicurezza e del Covid-free. Il rispetto delle norme e l’attenzione al loro rispetto non è infatti un plus di cui vantarsi, né una leva di business, ma il presupposto minimo per l’apertura e l’esercizio di qualsiasi attività.
Mai come in questo momento, al contrario, la gente non ha bisogno di altre rassicurazioni che non siano quelle di potersi garantire un’esperienza che ripaghi 15 mesi di attesa, di rinunce e di aspettative deluse.
All’alba dell’agosto del 2021, infatti, siamo tutti come l’adolescente che cercava una bella avventura ad Alghero, lasciando a casa la paura e portando con sé un bel casco per fare “corse sfrenate su moto cromate” e poco importa quanto assolate potranno essere le spiagge di questa estate, perché ciò che ci interessa realmente è che si possa davvero fare ciò che sarà consentito, gustandoci quella grande e indimenticabile esperienza che le strutture e gli enti turistici hanno anticipato sui social media, in tv e sui media in generale.