Un tempo scrivevamo sulle banconote: scambiarsi messaggi è un bisogno che la tecnologia ha interpretato
Alla fine del secolo scorso, quando il web iniziava a imporsi come vero nuovo paradigma sociale e anche in un museo della scienza e della tecnologia, dove allora lavoravo, iniziavamo a chiederci come trattarlo, storicizzarlo ed eventualmente esporlo, iniziai una serie di ricerche che mi fecero incappare in uno stupendo documento sepolto nei ricchi archivi della Telecom.
Il documento in questione era un video del 1942 per la regia di Mario Damicelli, prodotto dall’Istituto Luce. Se avete 2 minuti guardatelo qui, è davvero incredibile.
Come avete intuito se avete visto il video, il servizio proposto dall’allora monopolista della telefonia italiana era una sorta di web ante litteram: davvero sorprendente se pensiamo che era il 1942 e che un servizio simile esisteva già dal 1927. All’epoca si chiamavano servizi telefonici speciali e permettevano di chiamare i Taxi, sapere l’ora esatta, le notizie sportive, avere informazioni di cultura generale e informazioni varie su cinema e teatri. Nel filmato e in questo servizio analogico è facile scorgere i semi di servizi digitali che oggi chiamiamo MyMovie, Booking, Wikipedia, MyTaxi, ecc.
All’epoca, dal mio ufficio nel museo, colpito da questo filmato, iniziai a riflettere su cosa nascesse prima nel processo dell’innovazione: la tecnologia o il bisogno umano e sociale che questa avrebbe soddisfatto? Non mi diedi una risposta e decisi di restare a osservare, tenendo aperta questa domanda nella mia mente.
Qualche anno più tardi, mentre assistevo alla nascita dei social network e all’emergere prepotente del fenomeno del posting, memore del filmato dei servizi telefonici speciali e con la mia domanda sempre aperta, iniziai a riflettere e a domandarmi se anche in questo caso, prima della piattaforme digitali come Facebook o Twitter, ci fosse qualcosa, una piattaforma social ante litteram che avesse soddisfatto questo nostro bisogno di mandare brevi messaggi al mondo, messaggi liberi di viaggiare ed essere condivisi.
Un giorno, intorno al 2009, con in mano una banconota, fui come illuminato e scrissi quanto trovate di seguito, utile a riflettere ancora una volta sul rapporto tra tecnologia e società:
“Perché non scriviamo più sulle banconote? O forse sarebbe più giusto chiedersi: perché scrivevamo sulle banconote?
Forse i più giovani non se lo ricorderanno ma prima dell’arrivo dell’Euro (2002), vi era l’abitudine, piuttosto diffusa, di lasciare messaggi (a penna!) sulla cartamoneta. Le banconote più scarabocchiate erano le mille lire. Stracciatissime mille lire.
Prestazioni sessuali a basso prezzo e relativi numeri di telefono.
Battute stupide (Scemo chi legge).
Ma anche calcoli e liste della spesa.
Nomi. Nomi di amori.
Elenco di nomi (come per un calcetto).
Poesie.
Urla di protesta.
Spot elettorali.
Ricette.
Sogni o semplici Segni.”
Insomma, scorgevo in questa bizzarra abitudine sociale un antenato degli attuali social network. La necessità di comunicare e diffondere brevi messaggi esisteva già prima dei Social Network e in mancanza di una piattaforma tecnologica adeguata, le persone si erano inventate un modo per farlo ugualmente. Pur essendo analogiche, le mille lire infatti giravano di mano in mano e si diffondevano in tutto il Paese e, dunque, i messaggi, di qualunque natura fossero, potevano così essere spammati ovunque.
Spesso è così nella storia dell’innovazione: sorge prima l’esigenza sociale e poi il mezzo adeguato per soddisfarla. Il lavoro del buon progettista sta nell’intercettare quell’esigenza e proporre la tecnologia migliore per soddisfarla.