Spotify, come cambia la piattaforma che ci fa ascoltare il mondo
Spotify è la piattaforma attraverso la quale il mondo ascolta la musica. E non solo. Stacca tutte le soluzioni concorrenti, da Apple Music a Tidal, in termini di utenti complessivi (345 milioni) e abbonati (155 milioni). Al netto, ovviamente, di YouTube e delle piattaforme video. Il gruppo anglosvedese ha appena annunciato una grande quantità di novità che toccano praticamente ogni aspetto della propria offerta: i mercati di attività, la qualità del suono, il business dei podcast che è esploso negli ultimi anni (con una spinta notevole nel corso dei lunghi periodi di lockdown e isolamento legati alla pandemia) e a cui vengono assegnati nuovi strumenti per monetizzare. E ancora funzionalità, grandi nomi, pubblicità. Andiamo con ordine.
La prima novità riguarda la diffusione: sono 85 i nuovi mercati in cui la piattaforma guidata da Daniel Ek sarà disponibile. C’è mezzo mondo, soprattutto quella parte di pianeta prima dimenticato, dalla Nigeria alle Isole Fiji, dallo Sri Lanka al Bangladesh passando per gran parte di Africa e Asia. Le nuove lingue supportate sono invece 36. Il mercato potenziale è di circa un miliardo di nuovi utenti.
I podcast sono il fronte col maggior numero di novità. Basti pensare che, secondo una ricerca di Nielsen per la concorrente (per podcast e audiolibri) Audible presentata agli ultimi United States of Podcast, sono quasi 14 milioni gli italiani che hanno ascoltato almeno un podcast nel corso del 2020, un dato in crescita del 15% rispetto ai circa 12 milioni del 2019. Anche Spotify, dunque, passa all’attacco ingaggiando nomi giganteschi: su tutti l’ex presidente Usa Barack Obama e l’icona del rock Bruce Springsteen per la serie in otto puntate “Renegades: Bord in the Usa”. Oppure la regista e autrice statunitense Ava DuVernay (Selma, Queen Sugar, When they see us sul caso dei cosiddetti “Central Park Five”) che lancerà, come primo pezzo della sua collaborazione, un podcast investigativo su abusi e omicidi impuniti compiuti da agenzi di polizia. Spazio anche a “Batman Unburied” nell’ambito di un accordo pluriennale con Warner Bros e DC, “Tell Them, I am” di Higher Ground, condotto da Misha Euceph.
In termini strettamente musicali, arriva anche l’aggiornamento all’alta fedeltà con Spotify Hi-Fi – un fronte su cui Spotify, rispetto ad Apple Music o Tidal, era un po’ indietro – per gli abbonati, ma solo in certi mercati e a partire dai prossimi mesi. Gli artisti potranno anche coinvolgere i fan in modi sempre più multimediali: fra questi Clips, per pubblicare brevi video, Canvas o tentando di raggiungere più persone con le playlist Radar, che mette in evidenza artisti e band meno conosciute.
Oltre che per i podcaster, anche per gli artisti arriva inoltre una serie di strumenti o un aggiornamento di quelli esistenti per mobilitare e gratificare la propria fanbase, monetizzare in modo più puntuale (per esempio con gli abbonamenti per i podcast), una sfiziosa partnership con WordPress, la piattaforma di content management system, per trasformare il post di un blog in una puntata di un podcast pronta da pubblicare, attraverso la controllata Anchor. E ancora nuove formule di gamification come sondaggio e sessioni di domande e risposte. Tutti meccanismi che servono a Spotify per andare ben oltre le decine di milioni di brani e trasformarsi in un punto di riferimento per tutto ciò che è contenuto sonoro: brani, podcast professionali o amatoriali. E per fare in modo che si trasformi in una fonte redditizia per tutti.
In effetti alcune delle novità più interessanti ruotano proprio intorno ai tool per la pubblicità. Si tratta di Spotify Audience Network, Streaming Ad Insertion e Spotify Ad Studio e sono, a partire dal primo, un marketplace pubblicitario, un set di strumenti per modulare le inserzioni nel modo più efficace e una piattaforma per crearle con semplicità, anche senza avere particolari conoscenze tecniche (eliminando così l’ostacolo che tiene lontane realtà anche molto piccole).
A proposito di soldi: ma quanto ha redistribuito Spotify a etichette e artisti? La piattaforma spiega di aver pagato oltre 5 miliardi di dollari ai detentori dei diritti nel corso del 2020. Sono circa 57mila gli artisti che raccolgono il 90% degli ascolti mensili sulla piattaforma e, nel corso dell’ultimo quadriennio, il numero di band e cantanti il cui catalogo genera oltre un milione di dollari all’anno è salito dell’82%. Al momento sono oltre 800 nomi. Sono invece 7.500 quelli che riescono a trarre dagli ascolti più di 100mila dollari all’anno, sempre in salita del 79% nel corso degli ultimi quattro anni. La library di Spotify conta infine al momento oltre 70 milioni di tracce, 4,5 miliardi di playlist e oltre due milioni di podcast realizzati, nel complesso, da otto milioni di autori, cantanti, musicisti e speaker.