Sostenibilità spaziale: l’eccellenza italiana a Expo Dubai
C’è qualcosa che tiene insieme il ruggito ad alta precisione di una supercar, un’alga commestibile che divora anidride carbonica e il “taglia e cuci” su un modello sartoriale: è lo spazio.
Per quanto sembri un azzardo o un gioco di immaginazione, la conferma arriverà nei prossimi giorni a Dubai, dove sarà possibile vedere cosa succederà da qui al 2030 e oltre. La settimana spaziale che si aprirà alla Esposizione Universale il 17 ottobre sarà la finestra spalancata sul futuro anche di un pezzo di Italia. Lì si incontreranno università e industria, ricerca teorica e manifattura di precisione.
A torreggiare tra gli stand del Padiglione Italia ci sarà il modello in scala di un Vega C, il razzo made in Italy della Avio. Una replica alta come tre piani, dieci metri, sarà lì a simboleggiare il futuro e le ambizioni imminenti dello spazio italiano a Expo, che sarà inaugurata il primo ottobre. Lo scorso 14 luglio, Avio ha firmato l’accordo con cui è diventata Gold Sponsor del Padiglione Italia. In termini pratici, significa supportare il progetto con finanziamenti cash o value in kind e servizi pari ad almeno 500mila euro. In termini di immagine, è una scommessa in linea con i valori e gli obiettivi di sviluppo sostenibile espressi dal Padiglione Italia a Expo Dubai 2020.
Quella tra la capacità di lancio e lo sviluppo di architetture e tecnologie spaziali è una sinergia strategica, ribadita anche dalle altre due relazioni eccellenti del Padiglione Italia: quella con Leonardo – a Dubai con la trivella robotica di ExoMars2022 e con un orologio atomico realizzato per applicazioni spaziali ad altissima precisione – e quella con l’Agenzia spaziale italiana (Asi), sintetizzata dallo slogan: “Lo spazio unisce le persone”.
È anche attraverso il ruolo dell’Asi che al Padiglione Italia si incontreranno aziende, università e scuole di alta formazione: in un hub di condivisione e “diplomazia” spaziale per far crescere rapporti e idee. L’Asi ha firmato un protocollo di intesa a maggio, con Padiglione Italia, per farsi “infrastruttura”, creatrice di legami ponte tra due “mondi” come la ricerca e l’industria.
Andrebbe premesso che, insieme con Stati Uniti, Russia, Cina, India, Francia e Giappone, l’Italia è fra i pochi Paesi ad avere un accesso autonomo allo spazio con lanciatori propri. L’eccellenza tricolore delle aziende leader dei payload orbitali (così come nell’esplorazione e nella realizzazione di moduli abitativi extraterrestri) completa questo sistema complesso che, nei prossimi anni, si farà sempre più articolato e coinvolgerà imprese nate per scopi molto più terrestri, ma il cui know-how sarà un tesoro da spendere e un volano economico.
Per averne conferma, basterebbe un’occhiata al programma (ancora provvisorio) dell’evento organizzato dalla stessa Avio con il Politecnico di Milano, durante la “space week” di Expo, la settimana tematica programmata dal 17 al 23 ottobre: oltre ad alcuni dei principali attori (Asi, Esa, Arianespace, Telespazio) la visione sarà lasciata a Michèle Lavagna, professoressa ordinaria al Dipartimento di Scienze e Tecnologie Aerospaziali del Polimi – dove ha recentemente coordinato un progetto con Ohb Italia capace di ricavare acqua dalla “polvere lunare”, la regolite -, per una lecture sui detriti spaziali. Cruciale, però, sarà parlare di economia terrestre guardandola da lassù.
“Il tema dello spazio è trasversale e caratterizzerà tutto il semestre di Expo Dubai, coinvolgendo anche scienze della vita, agricoltura, alimentazione, difesa, sicurezza, connettività” ha dichiarato il commissario italiano a Expo, Paolo Glisenti. “Per questo la space economy sarà un tema cruciale e un’escursione costante nella cultura dell’innovazione. Oggi lo spazio sfoggia una valenza economica, diplomatica e tecnologica senza pari in altri settori”.
Il futuro delle attività extra-atmosferiche procede in due direzioni: verso l’alto, per sviluppare tecnologie adatte a volare e vivere oltre l’atmosfera, e verso il basso, quando queste innovazioni trovano applicazione nei materiali, nelle tecniche e nei processi capaci di cambiare la nostra vita.
L’emiliana Dallara è una delle aziende di un settore molto terrestre, le supercar, che negli ultimi anni è salita su questo ascensore. Sono le prospettive delle piccole e medie imprese. Un’esperienza da raccontare, quella della Dallara, che è partita dal trapano della sonda europea Rosetta, quello che ha perforato la superficie di una cometa nel 2014, fino a ottenere una “carta d’imbarco” sul razzo di Elon Musk.
L’habitat spaziale è l’ambiente che, per definizione, deve essere “su misura”, preciso ed efficiente. È un paradigma che interessa molti ambiti: dagli impianti di produzione di energia e risorse fino al tessile. I vestiti, per esempio: trascorrere mesi (oppure, se pensiamo a missioni verso Marte, anni) in capsule pressurizzate significa rinunciare a una comfort zone. Soluzioni per rendere lo spazio sempre più terrestre passano anche da qui. Annalisa Dominoni e Benedetto Quaquaro della School of Design del Politecnico saranno al Padiglione Italia per raccontare il design spaziale e come si progetta anche l’abbigliamento per gli astronauti.
Tolo Green, invece, è un’azienda che coltiva alghe per attività sostenibili. Come l’assorbimento dell’anidride carbonica. Il loro impianto a Expo trasformerà il respiro dei visitatori in ossigeno e nutrimento per le microalghe. La spirulina, in particolare, è tra le soluzioni più interessanti per questa sua capacità. Si pensi alla necessità di sistemi di trasformazione di anidride carbonica (in ambienti dove ce n’è in abbondanza) in aria respirabile dove in assoluto non ce n’è: il riferimento esplicito è Marte. E in quanto a capacità nutrizionali, per i pasti in orbita. Soluzioni che sono già diventate una risorsa contro la malnutrizione per alcuni Paesi in via di sviluppo.
“Essere presenti al Padiglione Italia a Expo 2020 Dubai è per noi motivo di grande orgoglio. Rappresenterà infatti le eccellenze italiane e Avio è fiera di farne parte” ha detto l’amministratore delegato dell’azienda, Giulio Ranzo, in occasione della firma. Proprio negli stessi giorni di chiusura di Expo, a marzo 2022, è previsto il maiden flight, il battesimo del volo, del nuovo vettore Avio. Il razzo “leggero” (a differenza della replica di Dubai, quello vero è alto una trentina di metri) che però aumenterà la capacità di carico verso l’orbita bassa terrestre dai 1.500 chilogrammi di Vega ai 2.300 di Vega C. Mentre all’orizzonte già si staglia la sagoma del suo successore, il Vega E, “Evolution”, come il motore del suo terzo stadio, l’M10 alimentato a metano. Dopo il successo dei lanci con dispenser Ssms, che consente di piazzare sulle giuste orbite anche decine di satelliti per volta, Avio è proiettata a “occupare” questo segmento di business in orbita bassa.
E per dare un’idea di quanto sia espanso ormai il confine di quello che si tenta di fare, basti citare accanto ai “colossi” realtà più piccole che fanno sognare. Come Argotec, che ragiona su una rete satellitare lunare con piccoli satelliti per portare internet non dove serve, ma dove servirà tra non molto.
Tra i protagonisti della “space week” non poteva mancare Josef Aschbacher, da primo marzo 2021 nuovo direttore dell’Agenzia spaziale europea, con davanti le sfide più affascinanti che si possano immaginare: la Luna e Marte. Fino a poco prima della nomina, aveva guidato i programmi di Osservazione della Terra e l’Esrin, il centro Esa per la Earth observation vicino a Roma. Chi conosce bene la space economy sa che quasi tutto ancora gira attorno al nostro Pianeta: informazione, servizi a valore aggiunto, molti dei quali ancora da inventare. Restando nel nostro Paese, basti citare la capacità di monitoraggio nazionale grazie alla costellazione satellitare Cosmo-SkyMed di prima e seconda generazione e al satellite nazionale iperspettrale Prisma. Fiori all’occhiello che hanno già dato prova del proprio valore.
Non a caso si parlerà anche di Space Rider: il minishuttle europeo finanziato dall’Esa e con l’Italia come primo contributore decollerà nel 2023 proprio in testa a un Vega C. Non avrà astronauti a bordo, ma tanta tecnologia da mettere alla prova in ambiente di microgravità, una condizione impossibile da riprodurre per lunghi periodi sulla Terra. Gli esperimenti che porterà in orbita per due mesi, completamente automatizzati, testeranno la produzione di nuovi materiali, medicinali e sistemi per aziende che altrimenti non avrebbero accesso allo spazio. Una possibilità garantita da un veicolo riutilizzabile, come un taxi spaziale, che una volta rientrato a Terra potrà essere in meno di sei mesi rimesso sulla rampa di lancio.
E ripartire, come lo spazio, per dare contributi molto, molto terrestri.