Come pensiamo all’ambiente durante il Coronavirus
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Tutti abbiamo fatto esperienza, in questi ultimi mesi, delle misure restrittive che sono state messe in atto dai governi per contrastare la pandemia. Tutti abbiamo capito che queste soluzioni restrittive avevano e hanno come scopo quello di fermare la catena di contagio di questo nuovo virus che corre molto in fretta. Quello che non tutti sappiamo è cos’altro è accaduto e accade nel mondo in questo momento di sospensione in cui gli aerei sono rimasti a terra e non hanno volato, in cui le nostre auto si sono immobilizzate nei parcheggi dove una buona parte resterà ancora per qualche tempo, in cui le industrie sono rimaste chiuse. Poiché l’arresto della mobilità e della produttività ha coinvolto a livello globale circa 2,6 miliardi di persone, è accaduto che nel mondo i livelli di inquinamento sono calati e stanno calando rapidamente. Nell’Unione Europea le emissioni quotidiane si sono ridotte del 58% rispetto a prima della crisi. Negli USA, il governo stima che per il 2020 caleranno del 7,5%. Metropoli come Pechino, Los Angeles o New Delhi non hanno mai avuto nella storia recente un’aria così pulita. Alcuni dei cambiamenti più immediati in Italia sono già visibili nelle nostre quotidianità. Un esempio su tutti l’acqua dei canali a Venezia che è tornata limpida per via delle barche ferme che non smuovono il fondale. Stiamo dunque assistendo a dei veri e propri effetti collaterali benefici che tuttavia dobbiamo valutare attentamente poiché ci insegnano da un lato che un trauma come questo può alterare le emissioni, ma dobbiamo anche evitare di dover ricorrere a traumi come questo per poter raggiungere un risultato come questo che ha senza alcun dubbio un costo enorme dal punto di vista sociale e umano. Costo che certamente e giustamente occuperà la totalità del dibattito politico dei prossimi mesi e anni impegnato com’è sul fronte medico-sanitario e su quello della ripresa economica e produttiva.
Dunque, la pandemia che pur ha prodotto effetti positivi sul fronte climatico, ha certamente distolto l’attenzione dalla lotta alla crisi climatica proprio quando stava diventando una priorità globale. Sembra essere avvenuto in un passato remoto ma era solo il 26 febbraio scorso il giorno in cui la Commissione UE ha pubblicato le relazioni per Paese in cui vengono analizzate le grandi sfide socioeconomiche ritenute necessarie per realizzare la “sostenibilità competitiva” per la transizione verso la neutralità climatica e, più in generale, verso gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda ONU al 2030. «Muoviamo oggi il primo passo nel cammino che porterà la sostenibilità al centro della politica e dell’azione economica dell’UE – aveva dichiarato in quel periodo Paolo Gentiloni, Commissario per l’Economia – Le relazioni per Paese 2020 fanno il punto dei progressi compiuti nel perseguimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite e comprendono una sezione specificamente dedicata alla sostenibilità ambientale. Quest’aspetto va di pari passo con il tema centrale del semestre europeo: le questioni economiche e sociali e la correzione degli squilibri macroeconomici. Il ritmo di riduzione dei livelli di debito pubblico e privato non è omogeneo e, nonostante la correzione della maggior parte dei disavanzi delle partite correnti, restano preoccupazioni per le situazioni di avanzo ingente».
Ma in un mondo stravolto dal nuovo coronavirus che oltretutto ci porta come prospettiva una profonda recessione se non forse una depressione, il tema clima rischia di diventare distante. Sarebbe un grave errore impostare il dibattito sulle politiche future, perdendoci uno degli aspetti fondamentali. Vorrebbe dire perderci un’occasione epocale per un cambio di paradigma un modello di sviluppo che deve considerare e mantenere l’equilibrio gli impatti sociali, ambientali ed economici. Se tutti i Paesi hanno accettato misure senza precedenti come il distanziamento sociale, è auspicabile pensare che i tempi siano quelli giusti per elaborare e maturare sistemi evolutivi verso un modello competitivo e, allo stesso tempo, collaborativo, fedele ai principi di sostenibilità. Produttività, stabilità, equità e ambiente, sono i quattro pilastri su cui fondare ogni comportamento umano, che sia individuale, sociale o produttivo. La pandemia ci ha insegnato che la cooperazione è la bussola comportamentale che può guidare i nostri passi d’ora in avanti. Proteggendo l’altro proteggo me stesso e allo stesso tempo produco un impatto significativo per tutto l’insieme. Un chiaro esempio di coopetition for impact.
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