L’importanza dello smartphone nelle relazioni durante una pandemia
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C’è stato un tempo neanche troppo antico, praticamente stiamo parlando di quasi due mesi fa, in cui il nostro smartphone era considerato un potenziale pericolo, se non addirittura il nemico numero uno, per le nostre relazioni. Per tutte le nostre relazioni, in proporzionalità diretta rispetto alla quantità di tempo che potevamo passare insieme alle persone che amiamo: nella vita quotidiana con il nostro partner, per esempio, «l’uso cronico ed eccessivo del cellulare contribuisce ad alimentare la tensione, abbassa l’autostima di chi vive accanto a te, come e più che se una terza persona fosse d’intralcio nel rapporto di coppia» secondo uno studio pubblicato dalla rivista sanitaria BMC Health nel 2019. Il discorso, ovviamente, risultava attenuato per i rapporti a distanza, non solo con il partner ma anche con i propri genitori, fratelli, parenti più stretti, e allora il telefono cellulare era il modo migliore per rimanere in qualche modo legati, per parlarsi, per vedersi, per mostrare un piatto preparato bene oppure completamente sbagliato, per svelare il nuovo mobile del salotto, per commentare l’ultima partita di campionato o Champions League.
Anche in casi del genere, però, l’iperconnessione poteva portare a effetti negativi, per esempio l’eccessiva quantità di telefonate o messaggi, l’eccesso di controllo tramite la mappatura a distanza dei movimenti tramite i rilevatori gps, o altre esasperazioni che tutti noi, più o meno, abbiamo vissuto in prima persona.
Per molto tempo, dunque, abbiamo pensato e scritto male dello smartphone – o meglio del suo utilizzo in termini eccessivi. Lo abbiamo fatto anche noi da soli, oltre le indagini accademiche, perché ci siamo resi conto che il tempo passato davanti allo schermo è stato davvero troppo, abbiamo finito per alienarci o sentirci alienati, la nostra socialità è cambiata in maniera quasi irreparabile. Così abbiamo provato a rispondere, per esempio raccontando l’importanza e l’imprescindibilità delle relazioni offline, siamo stati invitati a farlo e abbiamo cercato di convincere gli altri a farlo insieme a noi.
Ora che le distanze tra tutti noi sono forzatamente maggiori, siamo di fronte a un inevitabile cambio di prospettiva: in pratica non ci restano altro che le chiamate, le videochiamate, i messaggi, le foto da inviare. Proprio quel canale comunicativo di cui volevamo fare un po’ a meno all’interno delle nostre giornate. In questo momento, restare connessi è l’unico modo per raccontare la nostra vita con chi ci ama ma non può essere con noi, e il punto è che sono davvero poche le persone che possono essere con noi. Allora è come se fossimo tornati indietro nel tempo, quando il telefono era uno strumento di confronto ma soprattutto di conforto, di sostegno a distanza, un mezzo per veicolare le nostre attenzioni. Anche per insegnare e imparare qualcosa, perché no?
L’emergenza Coronavirus potrebbe rieducarci all’utilizzo del telefono, quantomeno ci ha già spinto a individuare delle priorità: molti studenti fuori sede, così come giovani lavoratori trasferitisi in città diverse da quelle in cui sono cresciuti, hanno potuto spiegare ai loro nonni o ai loro genitori cosa stava succedendo, perché sarebbero dovuti rimanere a casa, perché era giusto che anche loro, soprattutto loro, rispettassero le disposizioni delle istituzioni. Allo stesso modo hanno imparato quanto può essere difficile rinunciare a un viaggio verso casa, e soprattutto quanto possa essere doloroso comunicarlo, perché il bene di tutti viene prima di tutto, e si rispetta rimanendo nello stesso luogo, limitando il contatto con gli altri e così la diffusione del virus. È qui che lo smartphone è tornato fondamentale, a un livello quasi primordiale, e forse è proprio questa una delle chiavi attraverso cui i Millennials o gli appartenenti alla Generazione Z possono vedere davvero la bellezza, le possibilità enormi della contemporaneità: se alcune cause di forza maggiore hanno rimandato un abbraccio, un pranzo in famiglia, una festa da vivere con persone lontane, ora una telefonata, una videochiamata, un messaggio anche breve, tutte cose che prima sembravano tenerci a distanza, permettono di avvicinarsi, di affrontare con un po’ più di forza questa emergenza sanitaria e sociale. Non è esagerato dire che gli smartphone, oggi, possono salvare una vita, di certo ci stanno aiutando ad andare avanti, a crescere come persone, pure in un momento così difficile, così inatteso e sconosciuto.
Alfonso Fasano
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