Il selfie è un gesto di narcisismo o un modo straordinario per comunicare le proprie emozioni?
Gli adulti non hanno mai capito i giovani: nessuna novità. Il web sta cambiando la nostra società: nessuna novità. Eppure, mettendo insieme queste due ovvietà si può fare crash, liberando – se si vuole aprire la mente – una riflessione importante, stimolante e utile.
I giovani sono il nostro futuro, lo sappiamo, capirli è cruciale per poter stabilire con loro una relazione, siano essi colleghi, figli o possibili eredi (in senso lato). Rappresentano un territorio di osservazione fondamentale per comprendere i nostri tempi, perché portano avanti nuove modalità di comportamento e ragionamento che anche noi adulti potremo poi decidere di adottare. Guardare, ma soprattutto capire, i giovani è come avere la possibilità di poter leggere nel futuro.
Esiste una nuova semantica che dobbiamo utilizzare per dare un senso a parole già conosciute, vale la pena di parlare quindi del concetto di amicizia all’era di Facebook, del significato del termine condivisione, delle motivazioni del mostrarsi in rete.
Sono molte le associazioni negative tra giovani e web, in particolare in riferimento ad alcune tematiche che ci sembrano contrastare con i ricordi della nostra adolescenza. «Ai miei tempi, di amici ne avevo quattro o cinque, fidati al massimo; non si può condividere tutto online; che narciso che sei figlio mio!» e potrei continuare per molte altre righe. I media stessi, non solo i discorsi di strada, contribuiscono in misura spropositata a diffondere l’idea che nei social network si stia perdendo il senso vero delle cose e che i valori con cui siamo cresciuti siano violentati, banalizzati, disprezzati dai giovani. Ma facciamo attenzione, alziamo le antenne proprio dietro alle cose che ci sembrano più banali. Il significato che oggi i giovani attribuiscono al termine amicizia nei social network non è per nulla comparabile al nostro (ma anche loro) concetto di amicizia in senso stretto. Così potremmo dire per il tasto “condividi” che non ha nulla a che fare con la condivisione con la C maiuscola e via dicendo.
Se Zuckerberg (il fondatore di Facebook) ha usato, intelligentemente, una semantica emotiva per descrivere i tasti del proprio social network, questo non deve porci nelle condizioni di rivedere il concetto di amicizia dei ragazzi. Se avesse chiamato i membri del network compagni, relazioni, fidanzati?
Per questo motivo occorre prestare attenzione a giudicare i giovani rispetto a comportamenti che non comprendiamo: se passano ore su Facebook non sono asociali, anzi. Se guardano in continuazione il telefonino non ne sono dipendenti, ma praticano il loro naturale essere always on, sempre connessi, in quanto i loro amici, le loro informazioni, il loro mondo si trova in un fluire costante, da guardare in continuazione per non perdere nulla. Se fanno like senza pensare, non sono dei superficiali: il web è una rete globale di opinioni, espressioni, di “esserci” che proprio in questo modo genera un comune ragionamento, una vera comunità (senza dubbio la più grande della storia). Come le comunità delle formiche, altro che individualisti! Più nello specifico: molti denunciano i ragazzi di essere dei narcisisti che parlano solo e sempre di sé, a tutti, con tutti e in ogni istante. Postano ogni pensiero, si localizzano, si fotografano, come nei selfie, autoritratti fotografici tanto in voga.
I giovani che sono cresciuti con e nel web hanno diverse caratteristiche peculiari. Per loro non ha molta importanza l’informazione, ma vale molto di più l’opinione: sono cresciuti sperimentando la propria identità sulle piattaforme collaborative e hanno imparato a comprare grazie ai forum. Per loro non ha molta importanza il prodotto, ma come riescono a personalizzarlo, a volte lo creano proprio insieme all’azienda. Per loro, insomma, non conta il cosa ma il come, non conta ciò che si acquista ma come lo si usa, non conta l’oggetto ma l’esperienza che consente. A proposito di selfie, quindi: si tratta di un gesto di narcisismo, secondo voi, o di un modo straordinario per comunicare agli altri le proprie emozioni, il proprio essere nel contesto, la propria esperienza? Durante il vostro prossimo viaggio pensateci: comprate una cartolina, vi fate fotografare in piedi davanti a un monumento o scattate un selfie?
Proviamo a guardare al contesto con occhi diversi, per giudicare le nostre stesse azioni, come uomini di azienda, formatori, genitori, politici, responsabili di team o anche come semplici interessati ai cambiamenti della nostra società, per agirvi nel concreto ogni giorno.