Se anche la Crypto Art esce dal Metaverso
Lo scorso ottobre Artprice pubblicava per l’anno 2020-21 il suo report sul mercato dell’arte e annoverava una voce nuova tra le tipologie dei beni di scambio: in pieno lockdown, gli NFT avevano debuttato nel comparto del contemporaneo con una percentuale pari al 5% delle transazioni totali. L’11 marzo 2021, infatti, Christie’s aveva battuto all’asta, per oltre 69 milioni di dollari, “Everydays: the First 5.000 Days”, opera digitale di Beeple (al secolo Mike Winkelmann, americano classe 1981, già autore di animazioni per star della musica). Da quel momento gli NFT si sono imposti come hot-topic all’attenzione mediatica (per chi volesse approfondire cosa siano, rimandiamo ad un altro articolo di questa rivista), il loro avvento è stato da molti visto come una rivoluzione in grado di scardinare l’establishment del sistema dell’arte.
Ma sta andando davvero così?
La Cryptoarte invade gli spazi fisici
Il 23 novembre ha inaugurato a Milano DART “2021”, la prima esposizione fisica di Crypto Art all’interno di uno spazio museale in Italia, voluta da Dynamic art Museum e curata in collaborazione con Wrong Theory. Con circa 100 opere di oltre 60 tra gli artisti più rappresentativi della ribalta NFT, la mostra ha restituito un’idea abbastanza compiuta di quale sia l’impatto estetico del fenomeno. Celebrità internazionali come Beeple, Pak, Cryptopunks, Trevor Jones e italiani noti come Hackatao, Fabio Giampietro e Alessio De Vecchi, si sono radunati grazie anche all’autorevole contributo di Serena Tabacchi, già co-fondatrice e direttrice del museo virtuale MocDa.
Solo per restare in Italia, la fiera d’arte contemporanea Artissima di Torino inseriva per la sua 28° edizione il progetto “Surfing NFT”: cinque artisti selezionati da un board curatoriale hanno ricevuto un budget di 8000€ ciascuno per la realizzazione di un’opera in NFT. Una di queste è stata poi acquisita dalla collezione della fondazione CRT per 20.000€. L’allora direttrice Ilaria Bonacossa – ora passata al nascente museo MAD di Milano dedicato all’arte digitale – ha più volte dichiarato che non è tanto il fenomeno NFT a intimidire i collezionisti tradizionali quanto piuttosto l’utilizzo delle cryptovalute per il loro acquisto, poiché queste rimangono al momento un investimento estremamente fluttuante e con poche garanzie. La sua idea è stata quindi quella di utilizzare strumenti tradizionali sia per la selezione degli artisti che per l’acquisizione di un’opera in NFT da parte di una collezione autorevole.
Il prossimo aprile, invece, la nuova galleria “virtuale” Art Innovation Gallery – registrata a Milano, ma senza una sede fisica – ha annunciato l’evento “Art Innovation”: in occasione dell’Art Week milanese saranno posizionati, nel cuore della città, dei led walls che riprodurranno opere di crypto artisti acquistabili tramite un QR code.
Questo stesso format era già stato presentato in città come New York (25-27 luglio 2021) e Miami (1-5 dicembre 2021) dalla Cube Art Fair. Sempre a Miami, lo scorso dicembre, Art Basel includeva alcune gallerie che presentavano opere in NFT e proponeva eventi collaterali di approfondimento come il congresso NFT BZL alla FTX Arena o l’esposizione “Humans + Machines: NFTs and the Ever-Evolving World of Art”. Nel frattempo, Christie’s organizzava la mostra “The Gateway”.
Arte fisica o arte digitale?
«Chiunque può vendere cose su Rarible e OpenSea, basta semplicemente andare lì e iniziare creando un account», dice Beeple su The Art Newspaper del 5 Marzo 2021. La dichiarazione può avere il tono di un moto di rivoluzionaria libertà, ma la verità è che lo stesso Beeple ha capito di aver bisogno dell’establishment per emergere in un ambiente in cui i parametri, per stabilire cosa è arte e cosa non lo è, non sono ancora chiari. «Direi che sì, in un certo qual modo, ho bisogno di una convalida. Non so molto del mondo dell’arte tradizionale, ma trovo affascinante il modo in cui funziona». Il 9 novembre scorso l’artista tornava in asta da Christie’s questa volta con un’opera ibrida: “Human One” è una scultura digitale in 3D, una teca a dimensione umana composta da 4 schermi alimentati da computer integrati; al suo interno un astronauta continua a camminare in uno spazio che cambia in base ad alcuni elementi ambientali. La vendita ha raggiunto la quota di 28,9 milioni di dollari. «Il design di Human One», spiega Beeple, «permette al video di essere modificato da remoto sia nell’oggetto fisico che nel suo NFT, consentendo al messaggio e al significato di questo pezzo di evolversi nel corso della mia vita. Mentre un’opera d’arte tradizionale è più simile a un’affermazione finita, congelata nel tempo nel momento in cui è completata, l’esclusiva capacità di aggiornamento di quest’opera d’arte la rende più simile a una conversazione in corso» (intervista su Exibart del 30 ottobre 2021).
Al di là della valenza artistica dell’opera, le cui disquisizioni rimandiamo ad altre sedi, ciò che è interessante in questo ragionamento è che l’artista ha sentito la necessità di rassicurare il pubblico con un’opera anche fisica. “Human One” include sì la tecnologia della blockchain, ma diviene anche un oggetto tridimensionale, in grado di occupare uno spazio e di interagire con esso. E, a quanto pare, l’opera continuerà ad essere aggiornata dall’autore stesso fintanto che quest’ultimo lo riterrà opportuno, in un insolito dialogo tra artista e fruitore.
Arte e Mercato: l’eterna alchimia
Tanti sono stati i tentativi dell’arte digitale di uscire dalla ristretta nicchia di appassionati relegati tra festival ed eventi online. Questa volta – forse complice l’accelerazione tecnologica a cui il lockdown ci ha abituati o, piuttosto, a causa di un mercato annoiato in cerca di nuove bolle speculative – sta di fatto che la Cryproarte è uscita dal Metaverso e l’estabishment del settore dell’arte convenzionale è stato costretto a tenerne conto. Tutto l’ambiente ha cominciato a chiedersi quali potrebbero essere le direzioni, estetiche ma anche economiche, che convoglieranno gli interessi della generazione Alpha.
La Crypto Art, attraverso un impatto che ha stravolto il mercato, è riuscita ad imporre all’attenzione, se non la qualità intrinseca dell’arte digitale, quantomeno il suo fenomeno. Non è forse ancora maturo il tempo in cui la distanza ci consente una lettura storico-artistica e qualitativa delle opere in NFT, ma sicuramente quanto accaduto è sufficiente a palesarci alcune domande. Una moda, nata in un illusoriamente lontano 2018, vedeva scambi amatoriali di file in 2D o 3D attraverso l’uso di cryptovalute sui marketpalce on line ed era circoscritta agli ambienti di programmatori, designer e grafici. Una tendenza, che si proponeva come alternativa, è emersa e si è imposta proprio grazie a quel sistema che apparentemente stava contestando: il mercato.
Forse, oltre che riflettere sulla natura e la qualità di ciò che è e resta una tecnica artistica – e come tale segue gli umori dei tempi – la domanda che dovremmo porci, considerando anche quanto già accaduto con il successo dell’opera di Jeff Koons e, prima ancora, dell’influenza che Andy Warhol ha avuto, è proprio quanto peso abbia il fattore economico come elemento discriminante del valore di un prodotto artistico.