Saremo davvero capaci di costruire e programmare parti del corpo umano?
Tutti gli organismi viventi, dai più semplici ai più complessi, sono definiti tali per alcune funzioni di base: crescono, si replicano, presentano un cosiddetto metabolismo con cui producono energia, sono formati, nella maggior parte dei casi, da un mattoncino di base chiamato cellula dove avviene il miracolo della vita. Qui la materia viene modellata e modificata per riparare eventuali danni, per adattarsi al mondo esterno, per cambiare di generazione in generazione e accumulare varianti vantaggiose alla sopravvivenza. Evoluzione. La cellula è quella che chiameremmo, in ambito informatico, hardware, regolata da un software, il DNA, un lungo doppio filamento a elica formato dalla successione di 4 tipi di nucleotidi, 4 lettere che combinandosi danno vita a milioni di parole tramite cui la cellula cresce, si organizza, si ripara, interagisce: codice genetico.
La scienza che si occupa di tutto questo è la Biologia, nata dai primi studiosi che si limitavano a osservare la natura e oggi a strettissimo contatto con la rivoluzione digitale, grazie alla quale poter elaborare una quantità sempre crescente di dati nel modo più efficiente. Ma non solo.
Oltre che nelle università, nei centri di ricerca e nelle aziende, l’unione con il mondo digitale fa sì che molti contributi vengano da aule di scuole o dai famosi garage, dove non solo hobbisti ma dottorandi, ricercatori e persino professori ripropongono esperimenti biologici con strumenti economici e altamente personalizzabili, hackerabili. Biohacking, questo è il nome del movimento, e Biohackers, questi gli hacker della biologia che cercano di portare l’accessibilità e la consapevolezza del mondo bio agli esperti ma anche ai cittadini, affinché la loro creatività, curiosità e capacità critica possano contribuire alla ricerca e all’innovazione, esattamente come quando negli anni settanta Jobs e Wozniak iniziarono a lavorare ai personal computer.
Il Biohacking si è sviluppato grazie ai grandi cambiamenti avvenuti in ambito tecnologico: miniaturizzazione dell’elettronica, software e robotica sempre più diffusi e facili da usare, Internet. Tutto questo ha permesso da un lato di sviluppare alternative a basso costo e user friendly di apparecchiature da laboratorio classiche e quindi di riproporre in ambito maker gli esperimenti accademici, dall’altro di intervenire in maniera più accessibile sui processi capaci di ridisegnare la biologia, in una parola: biologia sintetica.
Ma cosa si intende esattamente? Pensiamo di accendere il nostro computer e aprire un documento word: testo, formato da lettere, organizzate in parole a creare frasi con un significato ben preciso. Nello scriverlo possiamo modificarne il senso, ma anche la forma. L’editing, un processo da cui dipende l’efficacia con cui un’informazione viene comunicata. L’informazione diventa funzione e ha infine un impatto nella vita reale. Trasliamo questo concetto nella biologia. La cellula, da milioni di anni, è capace di editare il proprio testo, il codice genetico, e così sviluppare un messaggio più complesso e comunicarlo ai propri simili. Passo dopo passo, gli scienziati hanno imparato ad indurre una cellula a scrivere o leggere per noi: un esempio è Crispr che permette di modificare a nostro piacimento il codice genetico.
Possiamo inserire frasi intere, stravolgere il messaggio cellulare, far dire e far fare alla cellula quello che desideriamo. Il tutto con costi bassissimi e con una tecnologia open, non ancora brevettata. Biohackers che possono impegnarsi a creare i primi veri kit di manipolazione genetica esattamente come è successo con Arduino per la programmazione, l’elettronica e la Stampa 3D.
Proprio sulla Stampa 3D e la Biomedica ho scritto qui un articolo: personalizzazione, sperimentazione di materiali e prototipazione rapida, oltre alla totale delocalizzazione della produzione, uno strumento perfetto per la ricerca digitale moderna. Oggi, tale ricerca non riguarda più solo oggetti inanimati, ma è entrata appieno anche nel mondo biologico.
La Biostampa è una traslazione della stampa 3D che agisce non su polimeri termoplastici ma depositando vere e proprie cellule viventi immerse in una matrice gelatinosa (idrogel). Le tecnologie di imaging moderne ci permettono di avere una visione 3D di organi e tessuti, visione che può essere opportunamente convertita in un file stampabile e quindi riproducibile tramite una biostampante: Organovo negli USA ha recentemente stretto accordi con l’azienda di cosmesi l’Orèal per la produzione di pelle artificiale da usare per testare farmaci e prodotti cosmetici. La russa 3D Bioprinting Solutions da pochissimo ha realizzato la prima tiroide pienamente funzionale e adatta al trapianto senza donatori, in cui gli organi possono essere prodotti per tutte le persone in pericolo di vita, senza più file e attese infinite, spesso mortali. Due esempi semplici ed esemplificativi di ciò che possiamo fare.
Ancora dei passi da compiere, scoperte e tecniche da migliorare, ma possiamo già affermare che molto presto realizzeremo interi organi in 3D, vivi e con funzioni che potremo programmare noi.
E se ancora non avete risposto alla mia domanda Stampa 4D, siete pronti per gli oggetti che cambiano da soli? non è un problema: questa esiste già da milioni di anni e si chiama cellula. La biostampa 4D è già presente, dobbiamo solo capire bene il libretto di istruzioni, e riscriverlo.
La tecnologia ci affascina di giorno in giorno, ma la natura rimane ancora la più stupefacente meraviglia a cui possiamo assistere.