Riscuotere le fatture grazie alle emoticon? Sembra folle ma può funzionare
La bolletta dell’elettricità? Spesso è un “grande boh”: una serie di informazioni, tante, distribuite su pagine e pagine. Scritte in piccolo, difficili da decifrare e che, di conseguenza, non riescono a catturare sufficientemente l’attenzione di chi le riceve. Ma un rimedio c’è: si chiama Smart billing, consente di migliorare il design di una fattura modificando il modo in cui le informazioni vengono presentate, rendendola così più intuitiva e comprensibile.
Pionier, in questa direzione la società Opower, la prima a introdurre negli Stati Uniti nuova rendicontazione elaborata da un team di esperti in scienze comportamentali. Opower lavora in partnership con le municipalizzate che distribuiscono energia alle famiglie americane e ha prodotto una bolletta semplificata, un documento davvero intuitivo nel quale la mole di informazioni è ridotta all’osso.
Oltre al consumo in Kwh e prezzo da pagare il testo sintetico segnala il periodo considerato e mostra un indicatore percentuale di efficienza, anticipando un grafico molto incisivo a barre, dal quale il cliente vede i propri consumi in relazione a quelli dei vicini di casa che hanno una pari capacità elettrica. Le barre hanno lo scopo puntuale di attivare un meccanismo di confronto per cui si ha una percezione immediata del fatto di essere più o meno efficienti dell’amato/odiato vicino.
Un sistema di smiles correda poi il dato con un’informazione emotiva. Un esperimento scientifico condotto da Allcott negli USA ha mostrato che, nel corso di un anno, le famiglie che ricevono questo tipo di informazione riducono sensibilmente il consumo di energia elettrica, diventando più efficienti in modo continuo nel tempo.
Ora, perché non pensare a un design simile anche per il pagamento delle fatture? Sappiamo tutti che è infatti uno dei momenti topici del business, specie in Italia, paese famoso per il ritardo cronico dei debitori nel saldare i conto. I dati CGIA del 2014 sono un’ecatombe della tristezza: 3,4 milioni di imprese, che rappresentano il 76% del totale, hanno problemi di liquidità che sono riconducibili a ritardi nei pagamenti.
È un problema che ne genera altri a cascata: il 40% delle imprese italiane, a causa della mancata riscossione, non riesce ad assumere altro personale. Il 20%, per contro, è costretto a licenziare e un altro 15% è sull’orlo del fallimento. Le perdite totali derivate dai ritardi nei pagamenti ammontano a 35 miliardi di euro: non esattamente noccioline.
In attesa di un forte intervento governativo e di politiche più attive potremmo sperimentare il metodo Opower. Utilizzare i dati storici dei propri clienti può servire a identificare, tra essi, chi è più virtuoso e chi, invece, salda un conto con ritardo. A quel punto, poi, è possibile inviare una fattura che, accanto all’importo, mandi al cliente proprio questo segnale: «Guarda che rispetto agli altri miei clienti sei mediamente in ritardo di “tot giorni” sul pagamento delle fatture».
Sulla base dei dati si possono individuare più fasce in corrispondenza di livelli diversi di ritardo: lieve, medio o cronico. Si possono aggiungere delle semplici emoticon che dicano a un cliente se è regolare nei pagamenti o se, viceversa, c’è qualche problema. E si possono disegnare tutta una serie di incentivi, sotto forma di sconti o di premi, per chi diventa più virtuoso.
La proposta è sicuramente da testare, ma i risultati – forse individualmente limitati – potrebbero evidenziare l’attivazione di un confronto in grado effettivamente di indurre una diminuzione dei ritardi nel saldo delle fatture. I nostri comportamenti, anche quelli che consideriamo più deliberativi, sono spesso il frutto di automatismi e meccanismi inerziali: riuscire a fare lo switch non è semplice, certo, ma è il motivo per cui le scienze comportamentali sono così importanti.