Quando è l’età a fare la differenza… quanti anni hanno i veri innovatori?
Leggendo alcuni articoli di approfondimento sullo sviluppo della stampa 3d in Italia mi sono recentemente imbattuto nell’ennesimo pezzo sulla genialità di un giovane, anzi di un giovanissimo. Si chiama Cesare Cacitti e, come “strilla” un quotidiano del nord est, è “Il ragazzino prodigio di Dueville. A lezione con i laureati”.
Cesare ha 14 anni, progetta e costruisce stampanti 3d e in molti lo considerano speciale. Ma questo è solo l’ultimo caso che incontro in cui giovani (o giovanissimi) propongono idee e comportamenti innovativi: l’amico Marco De Rossi, ad esempio, nel 2004, quando aveva 14 anni, ha fondato OilProject, una scuola online che oggi (che Marco ha “già” 24 anni) conta due milioni di visitatori all’anno, o Davide Dattoli che con Talent Garden, non ancora ventiduenne, ha rivoluzionato in pochi anni il mondo dei coworking in Italia e ora sta iniziando a diffondere il suo modello in giro per il mondo.
Tutti giovani o giovanissimi, la loro età ci sorprende ma non dovrebbe essere così. Sono davvero speciali?
Quello che voglio raccontare in questo articolo è che Cesare, Marco e Davide (per quanto siano un’eccellenza e un esempio per gli altri giovani del nostro Paese) non sono “speciali”. L’innovazione è giovane: questa è una regola spesso non detta e che, specie in Italia, facciamo fatica ad assimilare.
Abbiamo l’idea di una scienza e di una tecnologia che progrediscono grazie ai contributi di innovatori maturi e autorevoli (i saggi). Se dovessimo proporre un’immagine rappresentativa di un grande scienziato o inventore che ha cambiato la Storia, molto probabilmente sceglieremmo un signore attempato, in camice da laboratorio, con capelli bianchi (magari arruffati) e con grossi occhiali. Per quanto caricaturale, questa idea dell’innovatore è molto diffusa in Italia e non regna solo nei romanzi e nei film di fantascienza ma anche nell’iconografia che correda la narrazione della storia ufficiale dell’innovazione. I libri sono pieni di volti di esperti e attempati innovatori.
Facciamo una prova, partiamo dal web: interroghiamo Google immagini, scrivendo il nome del primo grande innovatore che ci salta in mente, Albert Einstein, lo scienziato della teoria della relatività che all’inizio del Novecento sconvolse il pensiero scientifico occidentale. Ecco apparire sul nostro monitor capelli bianchi, baffi, rughe e sguardo da luminare.
Non vi basta? Provate con Isaac Newton o Galileo Galilei, gli scienziati fondatori della teoria gravitazionale, o ancora con Michael Faraday e James Clerk Maxwell, padri dell’elettromagnetismo o, infine, con Charles Darwin, il biologo e zoologo che formalizzò la teoria della selezione naturale. In tutti questi casi, barbe, capelli bianchi e parrucconi da accademici fanno capolino sul nostro monitor. Tutto questo sembra dirci: l’innovazione nella scienza è una questione di esperienza, di saggezza, di anzianità.
Adesso proviamo a pescare anche nella stupefacente scatola degli inventori. Sempre su Google scriviamo il nome di James Watt, l’inventore della prima macchina a vapore e padre della prima rivoluzione industriale o quello dei più contemporanei Antonio Meucci o Alexander Bell, inventori del telefono. Il nostro monitor si riempirà ancora una volta di stempiature, capelli bianchi, rughe e pose da luminari.
Anche il web, come i libri della mia biblioteca, sembrano sottintendere e supportare la tesi secondo cui le scoperte della scienza e le conquiste della tecnologia siano state compiute solo da innovatori maturi.
In realtà questo è un grave errore di percezione, una distorsione storiografica. La maggior parte delle più rivoluzionarie teorie scientifiche e delle più importanti conquiste tecnologiche della Storia sono state il frutto dei sogni visionari, spesso scomposti, di giovani (o giovanissimi). Menti giovani, traboccanti di energia che, spesso irriverenti, non si accontentarono di confermare le idee e le teorie in auge nella loro epoca ma, con azzardo, provarono a immaginare nuove soluzioni a vecchi problemi.
Solo per fare alcuni esempi, il già citato Albert Einstein (1879 -1955) concepì e scrisse la sua teoria della relatività all’età di 25 anni, mentre Charles Darwin (1809-1882) formulò la sua celebre teoria della selezione naturale addirittura a 21 anni, anche se la pubblicò trent’anni dopo, nel 1859, ben conscio delle conseguenze della sua teoria sul pensiero creazionista dell’epoca.
La stessa considerazione si può fare per i fisici Michael Faraday, James Clerk Maxwell, Heinrich R. Hertz e per molti altri grandissimi scienziati. Nelle loro biografie troviamo la nascita delle idee più rivoluzionarie delle loro opere mentre ancora erano studenti.
Tra i tecnici e gli inventori, la media sembra addirittura abbassarsi. L’italiano Guglielmo Marconi, ad esempio, inventò la radio nel 1894 prima di compiere 20 anni, mentre lo statunitense Philo Farnsworth, considerato l’inventore della televisione elettronica, immaginò questa tecnologia mentre frequentava le superiori, costruendo il suo primo prototipo funzionante all’età di 20 anni.
La stessa cosa si può dire per i due pilastri della prima e della seconda rivoluzione industriale, citati in precedenza, rispettivamente James Watt e Thomas Alva Edison, che ottennero le loro prime importanti conquiste nel mondo del vapore e dell’elettricità mentre erano giovani ventenni.
Anche le innovazioni più recenti, legate alla rivoluzione informatica che velocemente sta ridisegnando il nostro mondo, sembrano non sfuggire a questa “regola della giovinezza”: Steve Jos fondò la Apple a 20 anni, Bill Gates la Microsoft a 19, Larry Page e Sergey Brin Google a 23 anni, mentre Mark Zuckerberg non aveva ancora vent’anni quando pensò alla sua Facebook.
Insomma, Cesare, Marco e Davide sono in ottima compagnia e confermano la regola d’oro dell’innovazione: l’età fa la differenza, i giovani sono il vero motore dell’innovazione.