Per crescere, le PMI hanno bisogno di sviluppare innovazione. Come? Chiedendo aiuto al mondo della ricerca
Che le piccole e medie imprese (PMI) rappresentino la spina dorsale dell’economia europea è un dato di fatto, la grande impresa rappresenta infatti solo lo 0,2% del totale degli operatori (dati della Commissione Europea). Generalmente siamo portati a ritenere che l’industria e la produzione di massa siano legate ai più grandi colossi, ma non è così, detto che occorre ricordare che nelle categoria delle PMI rientrano imprese con dimensioni ragguardevoli, vicine anche ai 250 dipendenti e ai 50 milioni di euro di fatturato. Per questo motivo l’Unione Europea ha sviluppato da tempo una serie di principi specifici (Small Business Act) finalizzati a sostenere la crescita delle PMI e ha identificato i problemi chiave da aggredire.
In particolare, nelle recenti indagini SAFE (Survey on Access to Finance of SMEs) e Innobarometer, accanto al ruolo cruciale della domanda di beni e servizi e alla necessità di un più agevole accesso agli strumenti finanziari, lo sviluppo di innovazione è visto come un driver fondamentale di crescita.
Sebbene a livello europeo la sensibilità delle imprese verso i comportamenti innovativi, finalizzati cioè a introdurre una specifica innovazione di prodotto o servizio, stia crescendo, tale attitudine appare sganciata dall’utilizzo degli strumenti di tutela dell’innovazione: i brevetti.
E ciò non è un bene, se si vuole realmente crescere nel tempo.
A una delle ultime survey sui diversi Paesi dell’Unione (Flash Eurobarometer 394), solo il 14% delle imprese tedesche risponde di aver depositato brevetti di recente: mentre in Italia si scende addirittura al 5%.
Un trend migliore sembrerebbe avere l’indicatore relativo alla realizzazione di R&D activities: dalla punta della Finlandia (40% dei rispondenti afferma di averle realizzate) al 27% dell’Italia (un risultato sicuramente sorprendente per il nostro Paese). Peccato tuttavia che in media si registri la netta preponderanza della grande industria.
In soldoni, le PMI continuano a non fare ricerca e a non fare brevetti. O meglio: non fanno brevetti poiché non fanno ricerca.
La relazione tra i due concetti spiega anche perché le azioni di diffusione della cultura dei brevetti e più in generale degli strumenti di proprietà intellettuale non hanno mai veramente attecchito tra le PMI. Infatti, le imprese che accedono a seminari e corsi sul tema apprendono cos’è il brevetto, ma non riescono a individuare soluzioni concrete alle quali applicarlo.
Da ciò deriva l’idea che siano le Università e le altre istituzioni di ricerca a rappresentare un punto di aggancio importante nella generazione dei processi di innovazione delle PMI: possono fungere da primo soggetto veicolatore di servizi finalizzati alla definizione di obiettivi di innovazione, all’identificazione preliminare di invenzioni brevettabili e know-how utili all’impresa, ad alcune azioni formative e informative in grado di favorire l’affermarsi dell’esigenza stessa di utilizzo della proprietà intellettuale da parte dell’impresa.
Parlare alle PMI di brevettazione senza dar loro la prospettiva di accesso a una funzione di ricerca sviluppo e di servizi idonei a supportare la generazione di proprietà intellettuale rischia di vanificare ogni azione. Ribaltando lo schema e partendo dal contesto della ricerca e dalle sue interazioni col mondo delle imprese, si assicura invece una base concreta su cui innestare efficacemente la cultura dell’innovazione.
Proprio perché le PMI dispongono raramente di funzioni interne di R&D con finalità di sviluppo strategico, è opportuno che esse si rivolgano alle istituzioni pubbliche di ricerca, secondo lo schema della ricerca commissionata, laddove ci sono risorse economiche, o del partenariato, quando si vuole accedere ai finanziamenti pubblici alla ricerca.
La sfida delle Università, per evitare che la ricerca italiana faccia flop come discusso in questo articolo, è quella di saper predisporre un’organizzazione efficiente in grado di erogare servizi e programmi, quali:
- Check up dell’innovazione: individuazione del fabbisogno di innovazione dell’impresa e definizione dei programmi di ricerca e sviluppo idonei
- Ricerca collaborativa: esecuzione di programmi di ricerca su commessa dell’impresa ovvero in partenariato nell’ambito di bandi pubblici di finanziamento (regionali, nazionali o europei)
- Analisi preliminare sullo stato dell’arte in relazione alle soluzioni innovative individuate da o con l’impresa, al fine di orientare lo sviluppo e verificare i presupposti di tutela della proprietà intellettuale
- Seminari sui temi del design finalizzati all’interazione tra creatività della ricerca e della didattica con il mondo dell’impresa
- Accesso privilegiato al portafoglio brevetti dell’Ateneo dei diversi settori della ricerca con agevoli meccanismi di licenza
- Moduli dedicati ai temi della proprietà intellettuale con assegnazione di specifici crediti nell’ambito delle attività di formazione continua destinati ai vari ordini professionali
- Corsi di formazione intensivi per le imprese
Tutto quanto sopra va unito alla creazione di una dimensione di comunità degli innovatori, nella quale ricercatori e imprenditori possano incontrarsi e scambiarsi esperienze, conoscere i trend tecnologici del momento e ricevere esempi concreti. Perché un imprenditore quando capisce come si fa e vede che altri lo hanno fatto, sceglie sempre di fare.