Parla il CEO di Heura: “Eliminiamo gli animali dall’equazione proteica”
Intervista al co-fondatore e Ceo di Heura, la startup food-tech che sta guidando la transizione alimentare in Europa con una profonda ricerca scientifica applicata ai prodotti e una missione più da attivismo che da business tradizionale.
Per alcuni chiamarla carne è un controsenso. Per altri è invece il necessario “nudging” psicologico per avvicinare anche i meno propensi a provare prodotti a base vegetale che però, in virtù di una ricerca scientifica che ne replica consistenza e sapore, somigliano molto (e in certi casi moltissimo) appunto ai prodotti animali. Con la differenza di non aver ucciso neanche un essere vivente e appunto di non produrre danni agli ecosistemi come l’industria degli allevamenti intensivi e dei macelli. Quella che, come abbiamo visto nell’intervista a Francesca Grazioli, pesa in modo fatale sulle sorti ambientali e socio-economiche del pianeta.
Il caso della spagnola Heura, che sta invadendo l’Europa, è particolarmente interessante: la strategia non è più quella di isolare le proteine vegetali (tipicamente dalle leguminose) come alcune famose startup statunitensi fanno da anni – vedi alla voce Beyond Meat – ma impiegare per la produzione le strutture naturali delle piante tagliando i passaggi ed eliminando i processi chimici. Intanto, la società ha chiuso il 2022 con un fatturato superiore ai 31 milioni di euro, in crescita dell’80% rispetto ai 17,7 del 2021. Con un’impennata delle vendite all’estero delle sue proteine alternative arrivata a contare per il 23% dei ricavi, contro il 6% del 2020.
Questo, ma anche la missione di fondo, sta facendo di Heura la startup foodtech candidata a guidare quella che i co-fondatori amano chiamare, con una certa ragione, la “transizione proteica”. Perché l’obiettivo del gruppo, fondato nel 2017 da due attivisti nel campo dell’alimentazione – Marc Coloma e Bernat Añaños – è “eliminare gli animali dall’equazione proteica”. Centodieci ne ha parlato proprio con Coloma, Ceo del gruppo che ha convinto anche diverse celebrità a partecipare all’ultimo round di finanziamento da 20 milioni di euro dello scorso autunno. Degli azionisti fanno ora parte anche la star dell’NBA Ricky Rubio, i calciatori Sergio Busquets e Sergi Roberto e il comico David Broncano.
Quali sono i vostri prodotti principali e quali sono le loro caratteristiche essenziali?
“In qualità di startup food-tech, Heura produce prodotti di carne, pollo, maiale e pesce a base vegetale, deliziosi nel gusto, ma anche ricchi di sostanze nutritive, e progettati per accelerare la transizione proteica e aprire la strada a un’industria alimentare net-positive. Dalle prime fasi di sviluppo di un nuovo prodotto fino al suo lancio, selezioniamo solo ingredienti di origine vegetale e seguiamo un rigoroso criterio di sostenibilità per la scelta delle fonti proteiche che utilizziamo per i nostri prodotti. Decidiamo quindi consapevolmente di utilizzare materie prime con una minore impronta di CO2. Per fare un esempio, utilizziamo il grasso di karité al posto della noce di cocco, riducendo significativamente l’impatto ambientale. Oggi, sul mercato italiano sono disponibili i nostri straccetti originali, gli straccetti mediterranei, i nuggets e la cotoletta impanata per la nostra gamma di pollo a base vegetale, la salsiccia per quella di maiale e i burgers per quella di manzo. Inoltre, abbiamo appena lanciato due prodotti per la nostra nuovissima gamma di pesce: filetti di merluzzo e bastoncini panati”.
In cosa consiste, nel dettaglio, l’approccio che avete battezzato Good Rebel Tech?
“Good Rebel Tech (G.R.T.) è un nuovo approccio alla tecnologia alimentare che produrrà in modo sostenibile alimenti densi di macro e micronutrienti, andando oltre quanto tecnologicamente possibile fino a oggi. Si tratta quindi di una nuova frontiera alimentare più sostenibile, che utilizza fonti vegetali inutilizzate nelle loro strutture naturali. Questa nuova piattaforma tecnologica sfrutta le proprietà intrinseche delle piante per ottenere opzioni alimentari più sane utilizzando processi semplici e a basso consumo energetico. Invece di concentrarsi sull’estrazione e sull’isolamento delle proteine dai semi di legumi, Heura sta cercando di sfruttare le funzionalità delle piante intere nelle loro strutture naturali. In questo modo, durante la produzione del prodotto sono necessari processi minimi e solo fisici e si evitano tutti i processi chimici. Heura è impegnata in ricerche all’avanguardia in collaborazione con esperti scientifici di fama mondiale per affrontare le maggiori sfide tecnologiche che l’industria vegetale si trova ad affrontare oggi e la G.R.T ne è una testimonianza”.
I sostituti, che voi amate chiamare “successori”, delle proteine animali possono davvero salvare il mondo? E quali sono i loro lati negativi in termini di colture intensive o di ingredienti addizionali resi necessari per raggiungere consistenze e sapori simili a quelli della carne?
“È stato dimostrato che se il mondo passasse a un’alimentazione a base vegetale, potremmo ridurre le emissioni di CO2 del 68% in soli 15 anni. Il bestiame occupa già quasi l’80% della superficie agricola globale, ma produce meno del 20% delle calorie mondiali (Our World in Data). Abbiamo quindi un sistema alimentare molto inefficace ed è necessario trasformare il nostro modo di vivere e di fare business, in modo da proteggere le nostre risorse. Ogni azione di Heura è pensata per raggiungere un obiettivo di sviluppo sostenibile, ovvero diventare net-positive. Con questo obiettivo in mente, stiamo lavorando per espandere rapidamente la categoria dei prodotti a base vegetale nei mercati in cui già operiamo, come Francia, Italia e Regno Unito, e in nuove regioni, come Austria, Germania, Polonia, Svizzera, Paesi Bassi. C’è ancora grande margine di miglioramento e dobbiamo produrre alimenti familiari e nutrienti che facciano venire voglia di mangiarli ogni giorno. Come leader di mercato in Spagna, dopo aver fatto crescere la categoria in tutto il Paese dell’80% nell’ultimo anno, Heura si trova ora in una posizione unica per passare da un’azienda spagnola sostenibile e di successo a una startup food-tech positiva che guidi la transizione proteica in tutta Europa”.
Perché, se si sviluppa un prodotto del tutto nuovo, chiamarlo “pollo” o “pesce” a base vegetale? Non serve un cambio di passo anche per le denominazioni?
“Poiché l’obiettivo è quello di creare alimenti familiari a cui le persone possano fare riferimento, pur offrendo caratteristiche più nutrienti e sostenibili, l’attribuzione del nome è una parte fondamentale. Non ci limitiamo a usare la carne animale come punto di riferimento, ma alimenti complessivamente superiori. Tuttavia, siamo consapevoli che l’etichettatura svolge un ruolo importante nella comprensione del prodotto da parte dei consumatori e che la familiarità dei termini li aiuta a capire cosa stanno mangiando. Dal momento in cui i consumatori diventano sempre più consapevoli, il nostro obiettivo è quello di fornire loro informazioni che li aiutino a capire cosa stanno mangiando e come il pollo di origine vegetale possa essere considerato complessivamente migliore del suo analogo animale”.
Heura sta diventando più di un brand, quasi una piattaforma di attivismo: come si conciliano i valori con i profitti?
“Quando diciamo che Heura è una missione trasformata in impresa, ci sforziamo di tradurre questo concetto in tutte le nostre azioni. Bernat e io proveniamo da ambienti attivisti e abbiamo deciso di creare questa azienda per eliminare gli animali dall’equazione delle proteine. Ci siamo resi conto che l’attuale sistema alimentare è obsoleto e dovevamo creare una soluzione che avesse un impatto tangibile. Dando ai consumatori la possibilità di votare con la forchetta e di scegliere un sistema più sostenibile, non stiamo solo segnalando il problema, ma portando soluzioni durature. Siamo consapevoli che per spingere la transizione proteica dobbiamo creare più alimenti che inducano le persone ad adottare abitudini di consumo più sostenibili. Per farlo è necessario investire molto nei processi di ricerca e sviluppo, ed è qui che stiamo destinando il nostro capitale. Profitti e valori non sono in conflitto quando vengono destinati a portare avanti la missione dell’azienda: diventare campioni europei di food tech net-positive entro il 2028. Siamo anticonformisti nel cuore e come tali continueremo a spingere per un sistema in continua evoluzione volto a migliorarsi sempre”.
Quali sono le vostre partnership e le strategie in Italia?
“Se si considera l’obiettivo di Heura, ovvero quello di diventare leader europeo entro il 2028, è immediato comprendere quanto sia importante essere un marchio di riferimento anche in Italia, che oggi rappresenta il quarto mercato in termini di potenziale in Europa. Per raggiungere questo obiettivo, retail e food service rappresentano due canali di fondamentale importanza, su cui vogliamo continuare a puntare. La nostra strategia è infatti sia incentrata sul far conoscere il prodotto e la sua versatilità in cucina, “parlando” direttamente ai clienti del canale ‘horeca’ [dunque la ristorazione professionale e alberghiera, nda] sia sul renderlo disponibile presso i rivenditori, per poter stimolare il consumo domestico e il riacquisto. Per fare qualche esempio, Heura ha già stretto importanti partnership con Carrefour e Poke House, ma i prodotti Heura si possono trovare anche nei menù di più di 500 ristoranti nel canale “horeca”, su tutte le piattaforme online specializzate e in 500 punti vendita nel canale retail”.