Li chiamano imprenditori, ma sono gli eroi di un mondo che cambia
Nella seconda metà del XIX° secolo, dopo che già da almeno un paio di secoli alcune delle menti più brillanti della storia avevano iniziato ad intuire qualcosa al riguardo, l’umanità iniziò gradualmente a sperimentare gli incredibili benefici della generazione e dello sfruttamento dell’elettricità. Qualcosa di paragonabile alla “scoperta” del fuoco, o meglio al raggiungimento della capacità di accenderlo e di controllarlo, che ha cambiato radicalmente il destino dell’umanità, in un periodo imprecisato di tempo che alcuni collocano all’incirca a un milione di anni fa, nel paleolitico.
È proprio a partire dall’elettricità, che è iniziata quella escalation esponenziale che ci ha portati alle soglie di un’era completamente nuova, annunciata dalla cosiddetta rivoluzione digitale, che con ogni probabilità culminerà con la fine del modello attuale e la nascita di un nuovo sistema, che sarà basato su un paradigma completamente differente.
Quello che è accaduto, a partire dalla seconda rivoluzione industriale, ci ha portati infatti ad affacciarci sul baratro di una sempre più probabile catastrofe (ambientale, bellica, sociale o sanitaria che sia) che difficilmente potrà essere evitata, se non a fronte di una completa e rapida inversione di rotta.
Chissà se i pionieri di quel nuovo mondo elettrico si resero subito conto del cambiamento incredibile che stavano mettendo in moto, ma anche stavolta i “nuovi eroi” di questo XXI° secolo non sembrano del tutto consapevoli del loro ruolo fondamentale. Gli imprenditori dei nostri giorni hanno infatti in mano le sorti dell’umanità. È a loro che spetta l’onore e l’onere di traghettarci in una nuova era, in cui le logiche del mero profitto sapranno finalmente lasciare spazio ad un modello nuovo.
Dalla seconda rivoluzione industriale in avanti l’uomo ha gradualmente lasciato alle macchine un numero sempre più elevato di lavori e di mansioni. Quello che a breve ci attende è un ulteriore balzo in avanti, che comporterà la perdita di milioni o addirittura miliardi di posti di lavoro, che saranno automatizzati e svolti da macchine, robot e intelligenze artificiali.
Il vecchio modello “lavoro – produco – guadagno – compro” non avrà più ragione di esistere, perché saranno pochissimi a lavorare ancora e il ruolo delle imprese dovrà necessariamente essere riconsiderato, se esse non saranno più in grado di far lavorare le persone e di pagare loro uno stipendio. A chi venderanno, se la gente non avrà più i soldi per comprare?
Molti si illudono che questo immane cambiamento riguarderà un numero ridotto di persone. Le macchine vanno infatti progettate, programmate, riparate, assistite durante il loro lavoro. E chi potrà mai sostituire l’ingegno, la creatività e la capacità di visione degli esseri umani?
In realtà le cose stanno andando in una direzione diversa: le macchine sapranno presto progettarsi, riprogettarsi, migliorarsi, ripararsi e darsi reciproca assistenza, partendo da una programmazione iniziale e apprendendo poi in modo autonomo. Esse faranno una gran parte delle cose che sappiamo fare noi uomini, ma il punto è che le faranno molto meglio: più rapidamente, in modo più preciso, senza altri intoppi che quelli dovuti ad eventuali avarie o carenze di materia prima, senza rischi e senza nessuna fatica fisica.
Non è affatto fantascientifico immaginare un mondo nuovo, molto meno lontano di quanto si possa ritenere, in cui le macchine sapranno portare avanti tutte quelle attività e quei lavori che oggi sono appannaggio degli uomini soltanto.
Questo nuovo scenario è affascinante e terrificante al tempo stesso. Come ci guadagneremo da vivere? A chi venderanno, gli imprenditori, i loro fantastici prodotti “made by robots”? Cosa ce ne faremo di ore e ore di tempo libero non retribuito, quando le macchine ci avranno portato via i nostri posti di lavoro?
Nel frattempo, in quello che ci ostiniamo a considerare “il nostro tempo”, ma che invece è già il futuro, la maggior parte delle aziende continua ad inquinare, a sfruttare le risorse del pianeta, spesso in primo luogo le persone, e a puntare tutto su un solo ed unico capitale. Sono ossessionate dal profitto e dalla produttività, il resto conta poco.
Chi salverà l’umanità e il mondo da questi scenari? Chi potrà evitare una delle tante possibili catastrofi che il futuro sembra riservare al mondo e al genere umano? La risposta sembra addirittura banale, per quanto a molti ancora difficile da pronosticare: gli imprenditori.
Gli imprenditori, i professionisti e tutti quelli che fanno business, hanno oggi una grandissima opportunità e un’enorme responsabilità: essere gli eroi che salveranno il mondo, con le loro scelte e con la loro vision. Se non loro chi?
A questi nuovi eroi spetta un grande compito: quello di ispirare miliardi di persone e di spingerle verso nuovi stili di vita, in cui il lavoro è qualcosa di molto diverso da quello che è stato per millenni e nei quali il consumo si trasforma in condivisione, in co-creazione, in arte.
Le imprese del futuro, quello che è già in mezzo a noi, dovranno sempre più rappresentare veri e propri punti di riferimento, come i mecenati del Rinascimento. Dei connettori, degli hub, snodi fondamentali di reti che si sovrappongono e si attraversano reciprocamente, com’è normale che accada in una società sempre più liquida e destrutturata.
A nessuno di loro dovrà più bastare il fatturato. Le vecchie metriche saranno presto rimpiazzate e gli eroi dell’imprenditoria del nuovo mondo non saranno più i Paperoni della finanza, ma i geni che avranno saputo trovare una strada nuova che probabilmente esiste già, ma che non è ancora tracciata e visibile.
Questi grandi uomini riporteranno al centro l’etica e restituiranno all’uomo la dignità che nel corso della storia gli è stata portata via per i soli ideali della ricchezza e del potere. Un potere di cui in troppi hanno abusato, esaltando le opportunità e rifuggendo ogni responsabilità. Quel tempo è finito, oggi è tempo di nuovi normalissimi eroi.