Innovazione e Sostenibilità
Neuralink, 5 cose da sapere sul chip cerebrale di Elon Musk
Di
Simone Cosimi
Simone Cosimi è giornalista professionista, collabora con numerose testate nazionali fra cui Italian Tech, La Repubblica, D, DLui, Wired, VanityFair.it, Esquire, StartupItalia, Oggi e Radiotelevisione Svizzera. Segue diversi ambiti fra cui tecnologia, innovazione, cultura, politica, esteri e territori di confine, spingendo verso un approccio multidisciplinare.
Già redattore del mensile culturale Inside Art, per cui ha curato cataloghi d’arte e pubblicazioni come il trimestrale Sofà, ha lavorato in passato, fra gli altri, per Rockstar, DNews, Excite, Style.it e molte altre testate.
Speaker, moderatore e saggista, è autore con Alberto Rossetti di “Nasci, cresci e posta. I social network sono pieni di bambini: [...]
Dagli ambiziosi obiettivi ai ritardi nello sviluppo, fino alle polemiche per i sanguinosi esperimenti sugli animali: cos’è e come funziona la piattaforma su cui sta lavorando la società finanziata del fondatore di Tesla e SpaceX
L’obiettivo è realizzare un collegamento wireless fra il cervello umano e i dispositivi digitali esterni, dispositivi che possano potenziarne le capacità o sistemarne i difetti. Per usare le parole di Elon Musk, Neuralink – l’azienda californiana di cui è investitore e della quale ha da poco comunicato una serie di aggiornamenti – deve sfornare una “piattaforma generale I/O per il cervello”. Da anni sta svolgendo controversi esperimenti sugli animali e nel giro dei prossimi sei mesi dovrebbe essere impiantato il primo chip in un essere umano. Ma cos’ha annunciato il patron di Tesla e cos’è esattamente Neuralink?
Ecco cinque cose da sapere sull’impresa:
- Il progetto è chiaro: impiantare un chip particolarmente sofisticato e dotato di una serie di sinapsi artificiali per consentire la comunicazione fra uomo e device tecnologici. Ad esempio chi è paralizzato o non è in grado di comunicare verbalmente potrebbe tornare a farlo, almeno in una certa misura, con la forza del pensiero. Il dispositivo, grande come una monetina e battezzato The Link, funzionerebbe insomma da intermediario fra i bisogni e le volontà delle persone e uno o più strumenti che possano leggerli e implementarli. Come, in parte e non senza difficoltà, riescono a fare i macachi rhesus coinvolti nei (sanguinosi) esperimenti e mostrati con soddisfazione nel corso degli eventi Neuralink.
- “Mi aspetto che entro sei mesi il primo device di Neuralink sia sperimentato su un essere umano” ha spiegato il fondatore di SpaceX e neoproprietario di Twitter nel corso dell’evento “Show & Tell” dello scorso 30 novembre, tenuto in realtà con un certo ritardo rispetto a quando era stato programmato. Neuralink ha accusato molti slittamenti negli ultimi anni, e su un fronte sembra essere stata persino superata da un’altra azienda, Synchron, che alla sperimentazione umana ci è già arrivata in un caso negli Stati Uniti e addirittura quattro in Australia. A quanto si è capito la FDA, la Food and Drug Administration statunitense, dispone di tutta la documentazione necessaria per procedere all’autorizzazione. Anche se diversi rapporti e denunce dei mesi scorsi, incentrati sulle sofferenze inflitte alle cavie, lasciano pensare a un certo grado di improvvisazione ed eccessiva velocizzazione dei test.
- È infatti dell’inizio di dicembre 2022 la notizia che l’azienda è finita sotto indagine federale statunitense per possibili violazioni delle condizioni di salute degli animali. A dare il via all’inchiesta è stato, con ogni probabilità, un rapporto presentato dalla no profit Physicians Committee for Responsible Medicine al dipartimento statunitense per l’agricoltura nel febbraio dello stesso anno. Gli esperimenti sarebbero stati compiuti in modo frettoloso, causando inutili sofferenze e decessi evitabili fra le migliaia di animali acquistati dalla società per gli esperimenti, in gran parte macachi rhesus e maiali. Nel documento si spiega come, in certi casi, per rispondere alla sola smania di efficienza e produttività e dunque alle continue pressioni di Musk, gli esperti dell’università della California-Davis e quelli di Neuralink abbiano compiuto errori davvero marchiani. Nel complesso, dal 2018 i test sono costati circa 1.500 esemplari fra pecore, suini e appunto scimmie.
- Dispositivi in grado di leggere l’attività cerebrale in dati e informazioni esistono da anni e la letteratura scientifica è ricca di test anche di un discreto successo. Neuralink punta però oltre: gli elettrodi scendono in profondità nella materia grigia, partendo dal nucleo principale del dispositivo alloggiato nella scatola cranica, e sono (e sarebbero) così in grado di analizzare le onde cerebrali ben oltre la corteccia cerebrale. A “cucirli” nel cervello ci pensa un robot-chirurgo appositamente progettato nel corso degli anni.
- Cosa quindi si potrà fare con Neuralink? Le applicazioni, almeno in linea teorica, sono molto ampie. Dal recupero di abilità motorie al miglioramento della qualità della vita delle persone colpite da paralisi fino – spera Musk – al ripristino della vista: “Probabilmente riusciremo a far (tornare a) vedere anche a chi è cieco dalla nascita” ha spiegato l’uomo più ricco del mondo. La strada è lunga: con ogni probabilità il 2023 sarà l’anno del primo impianto umano, ma le vicende nel settore – che incrocia medicina e tecnologia – accadute negli ultimi dieci anni (vedi alla voce Theranos, di cui avevamo parlato un anno fa) suggeriscono prudenza.