Musei, monumenti e teatri: il salto tech fra archivi digitali, droni e QR-Code
Un rapporto dell’Osservatorio dedicato della School of Management del Politecnico di Milano fa il punto sulla digitalizzazione delle istituzioni culturali ma anche su sostenibilità e accessibilità. E i conti sono quasi ai livelli del 2019. Ne abbiamo parlato con la direttrice Eleonora Lorenzini
Nel 2022 la partecipazione culturale degli italiani in presenza è tornata ad avvicinarsi sensibilmente ai livelli pre-pandemici. Musei, monumenti e aree archeologiche del nostro territorio hanno registrato, in media, solo il 7% dei visitatori e il 4% delle entrate in meno rispetto al 2019. Stessa situazione per i teatri, i cui ricavi da botteghino si rivelano in calo appena del 6% rispetto al pre-pandemia. Il recupero dal trauma di lockdown e investimenti in picchiata appare insomma quasi definitivo.
Bilancio a parte, il triennio pandemico lascia in eredità a musei e istituzioni culturali una forte accelerazione in chiave digitale: si è infatti consolidata l’offerta di strumenti per arricchire l’esperienza di visita in presenza e, oggi, il 72% di queste organizzazioni offre almeno uno strumento a questo scopo, con prevalenza di QR-code e beacon, seguiti da audioguide e touch screen. L’ambito di investimento considerato prioritario, invece, si conferma anche per il 2023 la catalogazione e digitalizzazione delle collezioni, anche grazie al sostegno dei fondi legati al Pnrr. Un servizio su cui si registra un ulteriore passo avanti dei musei è la biglietteria online, oggi offerta dal 46% delle strutture (+8 punti rispetto al 2022). Per i teatri, gli ambiti prioritari di investimento restano invece marketing, comunicazione e customer care, seguiti da ticketing e gestione delle prenotazioni.
Sono numeri diffusi di recente dall’Osservatorio innovazione digitale nei beni e attività culturali della School of Management del Politecnico di Milano. Cifre che raccontano anche come la trasformazione digitale del comparto si traduca in aumento dei musei che producono podcast, con un’incidenza che passa dal 9% al 16%, mentre circa uno su quattro stia acquisendo informazioni riguardo a metaverso e blockchain, con un piccolo cluster di sperimentatori che sta già realizzando dei progetti legati soprattutto alla creazione di NFT, cioè token digitali univoci, su opere digitali o digitalizzate. E c’è perfino chi usa i droni per video, mappature e altri obiettivi promozionali o scientifici.
Di questo aspetto, e anche dell’attenzione all’accessibilità e alla sostenibilità – storicamente due talloni d’Achille di musei e altre istituzioni culturali – Centodieci ha parlato con Eleonora Lorenzini, direttrice dell’Osservatorio milanese.
Come escono i musei e le istituzioni culturali italiane dal triennio pandemico: hanno sfruttato questo periodo per fare un salto in termini di digitalizzazione?
“Il primo grande cambiamento che riscontriamo è una generale maggior propensione all’innovazione e oggi vediamo le istituzioni culturali molto attente anche a tecnologie e soluzioni tecnologiche particolarmente innovative”.
Entrando nel concreto, cosa hanno fatto per migliorare offerta, servizi e fruizione?
“Durante il periodo pandemico abbiamo visto nascere e crescere una nuova modalità di offerta di contenuti culturali erogati in digitale come visite guidate, attività educative, spettacoli teatrali in streaming. Abbiamo anche provato a capire se questi potessero rappresentare una nuova fonte di revenue, ma dai nostri approfondimenti emerge che, sebbene in alcuni casi i contenuti vengano diffusi anche a pagamento, i benefici riguardano principalmente la possibilità di raggiungere utenti geograficamente distanti e di estendere la relazione con i pubblici anche in momenti diversi dalla visita fisica. È ancora da trovare la chiave di volta perché i contenuti offerti online impattano significativamente sulla sostenibilità economica, anche nei grandi musei all’estero.
Un altro ambito di grande investimento, grazie anche al Piano nazionale di ripresa e resilienza, è quello della digitalizzazione, visto che l’82% dei musei ha digitalizzato almeno in parte la propria collezione. Questo è utile sia per la valorizzazione del patrimonio attraverso il digitale che per il monitoraggio e la conservazione delle opere”.
Cosa l’ha stupita di più del vostro rapporto?
“Da alcuni casi che abbiamo studiato è emerso come la predisposizione alla spesa durante la visita al museo in termini di audioguide, bookshop o donazioni sia notevolmente maggiore quando il biglietto è acquistato online con anticipo rispetto alla visita. Nel caso del Museo della Cappella Sansevero di Napoli, ad esempio, l’obbligo di prenotazione e acquisto del biglietto online non solo ha portato a un’ottimizzazione dei flussi, ma ha fatto in modo che aumentassero anche gli acquisti di audioguide e al bookshop. È come se il visitatore, avendo già sostenuto la spesa del biglietto precedentemente, fosse più propenso a spendere per arricchire l’esperienza. È un tema da approfondire, ma sicuramente di grande interesse”.
I musei e le istituzioni culturali italiane sono considerati ricchissimi ma generalmente arretrati per servizi, gestione, allestimenti, ticketing e così via: è ancora così?
“Il panorama italiano è molto composito e questo implica anche l’esistenza di istituzioni culturali più arretrate dal punto di vista dell’offerta di servizi e del management. Non si può però generalizzare. Nei sette anni di questo Osservatorio abbiamo visto tante istituzioni crescere e dotarsi di strumenti manageriali e tecnologici per affrontare il cambiamento. Sul fronte dei servizi di base la pandemia ha inciso fortemente, ad esempio sull’online ticketing: oggi il 46%% dei musei offre questo servizio. Ma c’è anche un’avanguardia di musei che sperimenta soluzioni più evolute come la blockchain o il metaverso”.
Fuori dal digitale, l’accessibilità rimane invece un aspetto complesso: parliamo tanto di metaverso ma poi un gran numero di musei non dispone neanche di rampe d’accesso e men che meno di altri strumenti per il superamento delle barriere cognitive e senso-percettive.
“Penso che si debba lavorare contemporaneamente su entrambi i fronti. C’è da considerare che talvolta sussistono vincoli dovuti a limitazioni di intervento per il valore storico degli edifici, ma è certamente un ambito su cui è fondamentale lavorare. Oggi il 49% delle istituzioni dichiara di essere al lavoro per l’abbattimento delle barriere cognitive e senso-percettive ed è già un dato positivo, ma un punto di attenzione che vorrei sottolineare è l’importanza di considerare l’inclusività anche a livello più ampio. Alcuni progetti presentati per il Premio Gianluca Spina nella categoria ‘Accessibilità’ ci hanno colpito proprio per l’attenzione a coinvolgere nella creazione stessa dell’offerta culturale persone solitamente escluse come i disabili”.
Quanto alla sostenibilità ambientale, mi pare che ci si limiti a un approccio di efficientamento senza grandi progetti di proiezione del museo fuori di esso?
“Questo è un ambito su cui certamente serve un approfondimento di consapevolezza, anche al di fuori del contesto culturale. Ma anche sulla sostenibilità non mancano esempi interessanti, come il progetto ‘La marmellata delle Regine’ della Reggia di Caserta che ha vinto il Premio Gianluca Spina nella categoria ‘Sostenibilità’ che riesce a coniugare la sostenibilità ambientale, quella sociale e anche quella economica”.