London calling. Dall’Inghilterra la capacità di cogliere le potenzialità imprenditoriali delle nostre città
Il secolo delle città è ormai iniziato.
Sempre di più gli agglomerati urbani rivestono un ruolo cruciale nella crescita economica e nella capacità delle nazioni di attrarre talenti e investimenti.
Sono tre le principali ragioni che spiegano questo fenomeno: la densità di relazioni che si attivano, l’innovazione che guarda al contesto e non al singolo progetto, l’ambizione dei singoli che si moltiplica virtuosamente nel territorio e nelle comunità.
Anche l’Italia può distinguersi e cogliere l’occasione di questo trend mondiale, ispirandosi ai più fortunati casi internazionali per calarli nelle proprie metropoli (e penso a Milano, Torino, Roma, Napoli in primis, anche in vista delle prossime tornate elettorali amministrative).
Il primo caso dei tre che analizzeremo in questi prossimi mesi su Centodieci per trarre ispirazione e pensare a come migliorare il nostro tessuto economico e territoriale viene dal Regno Unito, e in particolare è il caso dello sviluppo recente della cosiddetta Flat White Economy (FWE) a Londra.
Il testo di riferimento appena pubblicato è il saggio dell’economista Douglas McWilliams, Come l’economia digitale sta trasformando Londra e le altre città del futuro.
L’epicentro della FWE è il cosiddetto Silicon Roundabout, che corrisponde al distretto postale EC1V della capitale inglese; nei due ultimi anni (marzo 2014-marzo 2016) nessun codice postale del Regno Unito ha creato più nuove imprese che questo, in particolare nei settori che si definiscono come economia Flat White: media (pubblicità, editoria digitale, ricerche di mercato, produzione e post-produzione televisiva) e tecnologie dell’informazione e della comunicazione (software, big data, programmazione e consulenza informatica).
Sono quattro, spiega McWilliams, i fattori che hanno portato a Londra questa capacità e vitalità imprenditoriale, taluni specifici ed endogeni di quel territorio ed ecosistema imprenditoriale urbano, altri relativi a contingenze storiche generali; e sono questi i fattori che dobbiamo studiare attentamente e portare anche nelle nostre metropoli per garantire quella crescita sociale ed economica che è necessaria per dare sviluppo anche al nostro paese.
- Il primo è la rapida crescita delle tecnologie ICT sempre più potenti e sempre più disponibili sia ai singoli utilizzatori finali che agli sviluppatori e alle aziende.
- Il secondo è la velocità con cui il Regno Unito è stato capace di far crescere l’e-commerce e l’advertising digitale.
- Il terzo è la disponibilità di una forza lavoro altamente qualificata e con un altro livello di classe creativa, la stessa che oltre un decennio fa Richard Florida identificava già come elemento fondamentale della crescita urbana.
- Il quarto è la presenza di flussi migratori con un ruolo crescente e stabile nella società civile.
Il combinato disposto di questi elementi sta portando alla città inglese un contributo di posti di lavoro e di sviluppo quattro volte più grande di quanto la City finanziaria abbia perso negli anni della crisi. Come risultato la capitale sta crescendo più velocemente di Hong Kong.
Non solo Non solo esempio economico ma anche generatore di nuovi stili di vita
La Flat White Economy, chiamata così dal nome del cappuccino preferito dalla classe creativa d’Albione, può essere dunque fonte d’ispirazione non solo come propulsore economico per le nostre città, ma anche come generatore di nuovi stili di vita prototipali, meno champagne e supercar, e più bicicletta e loft. Pronti per far diventare la nostra Milano o Roma il prossimo Hub globale.
Prossimamente una nuova puntata di questo viaggio tra le eccellenze metropolitane mondiali, utili a rendere le nostre imprese e le nostre realtà urbane più capaci di affrontare le sfide del futuro con ottimismo e capacità di cogliere le potenzialità del prossimo secolo urbano.