Lo shopping extraterrestre di Jeff (Bezos)
Quando Jeff Bezos decide di fare shopping, fa leva sulla quantità per ottenere le migliori condizioni possibili avendo cura di mettere in concorrenza diversi fornitori anche allo scopo di minimizzare il rischio e ottimizzare la logistica. È l’approccio alla base del successo di Amazon e Jeff Bezos lo applica in tutti i settori nei quali si trova a operare. Grazie alla sua “potenza di fuoco” finanziaria e a un indiscutibile fiuto commerciale sembra sempre in grado di sparigliare le carte.
Voglioso di inserirsi nel ristretto club dei provider del servizio internet orbitale a banda larga e bassa latenza, Jeff Bezos pianifica di costruire la costellazione Kuiper formata da 3236 satelliti. Farà concorrenza alla costellazione Starlink di SpaceX, il fiore all’occhiello della società spaziale di Elon Musk, l’uomo più ricco del mondo che ha sottratto il primato proprio a Bezos. Tutti e due gli space billionaires credono nelle potenzialità del business extra-atmosferico e hanno investito in modo significativo nel settore fondando due compagnie delle quali si sente parlare sempre più di frequente: Musk è a capo di SpaceX, mentre Jeff Bezos ha lasciato Amazon per dedicarsi alla sua Blue Origin con l’intento – dichiarato in una celebre presentazione del 2019 – di posizionare la prima pietra di una futura infrastruttura spaziale, in grado, una volta sviluppata, di dislocare l’Umanità nelle orbite vicine alla Terra. Un disegno, a onor del vero, il cui compimento Bezos è consapevole potrebbe solo iniziare, per poi lasciarlo agli imprenditori del futuro.
Costruire una costellazione con migliaia di satelliti è il primo passo lungo la direzione di uno sviluppo umano e industriali extra-atmosferico. Non è un compito banale: da un lato occorre organizzare vere e proprie catene di montaggio per l’assemblaggio e il test dei satelliti, dall’altro bisogna preoccuparsi della messa in orbita e, visti i numeri, di lanci serve farne tanti.
Aspetto, quest’ultimo, che non sembra impensierire Musk, che con SpaceX oggi vanta una posizione dominante nel mercato dei lanciatori. Il suo Falcon 9 è un mezzo straordinario, certificato sia per il cargo sia per il (ben più difficile) trasporto umano. Il riutilizzo del primo stadio del lanciatore, con i suoi impeccabili ritorni a terra – spettacoli che dal 2017 sono diventati consuetudinari -, consente di mantenere un ritmo di lancio elevato, impensabile fino a pochi anni fa: Musk e SpaceX riescono ormai a lanciare due volte al mese un carico di una sessantina di Starlink per popolarne la costellazione. Al contempo possono portare in orbita i payload – i cosiddetti “carichi paganti” – altrui, come è successo a inizio marzo con i satelliti di OneWeb, lasciati sulla rampa a Baikonur, in Kazakistan, a causa delle “ripercussioni spaziali” dell’invasione in Ucraina. Una situazione spinosa, risolta proprio da SpaceX, che anche per la tesa situazione internazionale quest’anno supererà il suo record di lanci.
La Blue Origin di Bezos non ha ancora la stessa capacità di lancio. Il razzo New Shepard viene usato per i viaggi suborbitali dei turisti spaziali, mentre il più potente New Glenn è tuttora in fase di sviluppo. Conscio del ritardo sul concorrente diretto, Bezos ha studiato il mercato dei lanciatori e ha comprato tutto quello che poteva fare al caso suo senza badare a spese. Visto che nessuna compagnia poteva fornire ogni vettore spaziale necessario, Bezos ha diversificato le sorgenti mettendo ognuno in concorrenza con gli altri, sì da ottenere le condizioni migliori ed evitare il rischio di dipendere da un solo fornitore.
Alla fine, Amazon ha siglato contratti miliardari con la statunitense United Launch Alliance (Ula), con la “sorella” Blue Origin e con la francese ArianeSpace prenotando 83 lanci con veicoli che ancora non hanno iniziato a operare, ma che lo faranno presto.
Non ci sono dettagli sulla massa e le dimensioni dei satelliti, così come non è ufficiale l’entità economica della commessa, che pure si stima essere fra le più ingenti del settore, con trasporti dal costo compreso fra i 68 a 110 milioni di dollari ciascuno. È però evidente si stia parlando di lanci multipli, ognuno dei quali dovrà portare in orbita una quarantina di oggetti alloggiati in dispenser a basso costo e adattabili ai diversi lanciatori, fabbricati in Svezia dalla società Beyond Gravity che ha sede in Svizzera.
Di particolare interesse è l’accordo per l’acquisto di 38 lanci con il Vulcan della Ula, che ha dichiarato dovrà raddoppiare la sua capacità di lancio per soddisfare la richiesta. Tanto che Amazon investirà anche nel potenziamento delle infrastrutture di terra per permettere la preparazione di due lanci in parallelo. Le aziende responsabili dei vari sottosistemi del lanciatore Vulcan sono in effervescenza, perché a tutte è stato chiesto di raddoppiare la produzione. Sono Aerojet Rocketdyne, responsabile dei motori del secondo stadio, e Northrop Grumman per i booster a stato solido. Ogni Vulcan porterà in orbita 45 satelliti della costellazione Kuiper.
Un carico simile verrà messo in orbita dal nuovo lanciatore europeo Ariane 6 – al cui sistema collabora anche l’italiana Avio -, che è stato prenotato per 18 lanci nell’ambito di quello che gli estasiati manager di ArianeSpace hanno già definito il maggior contratto da loro mai negoziato. Nel caso di Ariane, non sembra sarà necessario potenziare le infrastrutture, visto che lo spazioporto europeo della Guyana Francese può arrivare a 20 lanci all’anno.
Di suo, il New Glenn di Blue Origin dovrebbe essere in grado di lanciare una sessantina di satelliti alla volta. Dei tre lanciatori è quello sul quale si hanno meno informazioni, ma in questo caso Amazon “gioca in casa” e il contratto prevede 12 lanci con prenotazione di ulteriori 15.
Amazon non ha mancato di far notare che lo shopping darà lavoro a 49 degli stati Usa e a 13 di quelli europei. Certo, l’industria dei lanciatori non ha mai avuto una richiesta così alta e ciò che è molto ricercato vede automaticamente aumentare il suo valore. Quello che invece diminuisce è lo spazio disponibile nelle orbite basse, che presto vedranno un incremento di traffico mai registrato in precedenza. Questo, però, è un tutto un altro problema.