L’inquinamento luminoso sta “cancellando” le stelle
L’illuminazione artificiale notturna aumenta del 7/10% annuo alimentando il fenomeno dello “skyglow”: così già oggi un terzo dell’umanità non riesce ad avvistare la Via Lattea. E per un bambino che nasce nel 2023 il cielo sarà sempre più oscuro.
Chi vive nelle grandi città lo sa bene: osservare il cielo e le stelle a occhio nudo è, ormai, praticamente impossibile, eccetto le poche costellazioni più grandi e scintillanti. La visibilità è infatti fortemente penalizzata da una mole sempre più preoccupante di inquinamento luminoso dalle fonti più diverse: l’illuminazione pubblica, quella residenziale e business, i grandi cartelloni promozionali, quella dei trasporti, dei maxi-impianti industriali o di svago e di decine di altre situazioni. Uno studio realizzato dal GFZ, il Centro di ricerca tedesco per le geoscienze, e condotto nell’arco degli ultimi 12 anni valutando 51.351 osservazioni autonome, torna ora a confermarlo: senza telescopio, gran parte della popolazione terrestre non riesce più, e riuscirà sempre di meno, ad ammirare i corpi celesti della Via Lattea, la galassia in cui siamo immersi. E nelle metropoli anche scovare l’Orsa maggiore rappresenta ormai un colpo di fortuna, forse solo in periferia.
L’inquinamento luminoso aumenta del 7/10% all’anno
La marcia dell’inquinamento luminoso è d’altronde imponente: l’incremento della luminosità, spiega l’indagine pubblicata su Science, si muove fra il 7 e il 10% circa su base annua, più rapida di quanto indicato in passato dai rilevamenti dei satelliti. A nulla sembrano servire, fra l’altro, i provvedimenti assunti in realtà a macchia di leopardo da amministrazioni locali e nazionali un po’ in tutto il mondo per cercare di arginare questa cappa luminosa. Anche su questo punto occorrerebbe un più intenso coordinamento internazionale delle politiche. Secondo l’autore principale, Christopher Kyba, un bambino nato in una zona in cui oggi riusciamo a vedere 250 stelle sarà fortunato se, da maggiorenne, nello stesso luogo riuscirà a scovarne un centinaio. “In molti posti del mondo il cielo notturno non sprofonda mai nell’oscurità – hanno spiegato i ricercatori in una nota – è invece preda di una patina artificiale causata dalla diffusione della luminosità prodotta dall’uomo nell’atmosfera”.
Che cos’è lo “skyglow”
Si chiama tecnicamente “skyglow” ed è il fenomeno responsabile dell’illuminazione del cielo notturno, esploso nel corso dell’ultimo secolo a cavallo con l’industrializzazione e dunque direttamente legato alla nostra impossibilità di osservazione del cielo a occhio nudo. Fra l’altro, non riusciamo neanche ad averne una stima precisa perché i satelliti deputati al suo studio sono dotati di attrezzature limitate in termini di risoluzione e sensibilità. Tanto per fare un esempio, non sono in grado di catturare le lunghezze d’onda della luce prodotta dalle lampade a Led, che stanno progressivamente sostituendo i punti luce di tutte le città del mondo.
Ai partecipanti, in gran parte “citizen scientist” che hanno reso possibile la raccolta di una quantità di dati altrimenti inaccessibile, i ricercatori hanno domandato di confrontare le mappe stellari secondo diversi livelli di inquinamento luminoso e segnalare poi, di volta in volta, cosa fossero in grado di vedere, registrandolo sulla piattaforma online internazionale “Globe at Night”. Un terzo dell’umanità non riesce più, già oggi, ad avvistare la Via Lattea. Fra questi, il 60% degli europei e l’80% degli statunitensi. Tutto questo senza considerare le nefaste conseguenze sulla salute per gli esseri umani e per gli altri animali: si va dai disturbi del sonno all’orientamento di mammiferi e uccelli fino, ovviamente, all’enorme mole di energia sprecata per illuminare edifici o strutture di dubbia utilità o con intensità eccessive.
Un patrimonio antropologico oscurato
“Lo skyglow crea problemi agli animali diurni così come a quelli notturni e distrugge una buona fetta del nostro patrimonio culturale” ha aggiunto, ampliando l’analisi, Constance Walker, responsabile del progetto “Globe at Night”. Ricordandoci come lo sviluppo del genere umano sia intrinsecamente legato alla consapevole osservazione del cielo, divenuto nei secoli mappa di navigazione, riferimento spirituale, fonte di ispirazione e analisi nei confronti della nostra posizione nell’universo. Un bagaglio antropologico essenziale che rischia di essere letteralmente oscurato. Fabio Falchi e Salvador Bará, esperti del settore, hanno concluso che “forse il messaggio più importante che la comunità scientifica dovrebbe cogliere dallo studio è che l’inquinamento luminoso è in crescita, nonostante le contromisure messe in campo per contrastarlo. Dobbiamo infatti capire che la luce artificiale di notte non è sempre una cosa positiva”.