Le organizzazioni “virtuali” dei lavoratori
Community e condivisione
Le nuove tecnologie forniscono strumenti per bypassare i sindacati così come siamo abituati a pensarli, offrendo nuove forme di organizzazioni più agili, snelle, reattive. Organise è una piattaforma on line che punta a mettere insieme, in forma anonima, lavoratori in varie parti del mondo con il medesimo datore di lavoro. L’organizzazione è stata fondata nel 2017 nel Regno Unito ed ha una community di oltre un di iscritti. Basta entrare nella piattaforma, creare una petizione con l’obiettivo che si vuole raggiungere e condividerla in forma anonima. “Abbiamo unito 50.000 lavoratori di supermarket come Asda, Aldi nella richiesta di tenere chiusa l’attività il giorno di Santo Stefano, obiettivo che è stato raggiunto” racconta Nat Whalley co founder di Organise. A volte la condivisione dell’informazione può essere fondamentale per ottenere un cambiamento. La dottoressa Whalley ricorda la volta in cui i lavoratori di una cooperativa segnalarono su Organise la necessità di una maggiore sicurezza a seguito di piccole rapine che si verificavano nei punti vendita. La direzione non era al corrente di questa problematica perché spesso, per problemi burocratici, piccoli episodi non venivano segnalati. Con Organise, il sentimento diffuso dei dipendenti di insicurezza, è arrivata alla sede centrale che ha accordato un servizio di sicurezza privato nei punti vendita.
Trasformazione dei sindacati
I sindacati tradizionali devono necessariamente adattarsi alla trasformazione digitale. HK è il secondo sindacato più grande in Danimarca con circa 225.000 membri e 1200 dipendenti che sta affrontando la sfida digitale non come un limite ma come un’opportunità. I giovani lavoratori, nati in epoca totalmente digitale, si aspettano di trovare informazioni a portata di mano ecco che HK ha sviluppato delle chatbots stile messenger di Facebook, per rispondere alle domande più frequenti. “Attualmente stiamo lavorando ad uno strumento on line per rendere più trasparente le informazioni. Si tratta di un algoritmo che calcola gli stipendi medi in base al tipo di azienda, l’esperienza, area geografica perché abbiamo notato che le aziende non specificano mai la retribuzione corrisposta per quella mansione” afferma Jonatan Porsager, CIO HK Lab.
Invisible workers
Come ben sappiamo la tecnologia ha permesso la creazione di molte nuove occupazioni e per contro, il sindacato fatica a catalizzare quel micromondo che spesso viene definito come “invisible workers” ovvero tutte quelle persone sottopagate, sfruttate che spesso mettono a rischio la propria vita, per garantire servizi o prodotti a basso costo.
Pensiamo ai lavoratori freelance che lavorano attraverso piattaforme come Fiver o Toptal dove, per pochi euro, offrono servizi di ogni tipo. Per questo motivo è nata Tech Workers Coalition nel 2014 negli Stati Uniti, per unire tutti gli operatori del web, grafici, front hand developers, sistemisti. Recentemente è stata aperta anche la sezione italiana. “Non ci poniamo in concorrenza con i sindacati tradizionali, piuttosto forniamo il supporto per raggiungere quei lavoratori che altrimenti sarebbe difficile intercettare” afferma il portavoce di Tech Worker Italia.
“Come TWC pensiamo di avere un ruolo fondamentale in questo processo, perché possiamo sia educare i sindacati e altre organizzazioni del lavoro a gestire il cambiamento tecnologico senza farsi schiacciare, sia utilizzare la tecnologia come strumento a nostro favore e non solo come un elemento negativo a cui resistere”.
Il sindacato tradizione intercetta con difficoltà i lavoratori invisibili, pensiamo agli addetti sulle navi cargo, circa 1,6 milioni di lavoratori che nel mondo assicurano il trasporto globale delle merci.
IWGB è un sindacato indipendente nato nel 2012 in America Latina unendo i lavoratori nel settore delle pulizie perché erano sottopagati ed il sindacato tradizionale non li aiutava concretamente. Decisero così di auto organizzarsi e di supportare tutti quei lavoratori che rimangono fuori dai “radar” come i game workers, insegnanti di yoga etc.
“Oggi contiamo più di 6000 membri” racconta Alex Marshall, direttore di IWGB nel Regno Unito. “Uniamo quei lavoratori che hanno difficoltà ad organizzarsi come guardie giurate, corrieri privati, operatori ecologici. La differenza rispetto ad un sindacato tradizionale è che siamo una struttura flessibile, cerchiamo di fare più rumore possibile e diamo la possibilità ai nostri iscritti di adoperarsi in prima persona, io stesso ero un fattorino fino a pochi anni fa ed ora mi occupo della gestione del sindacato”. I sindacati come siamo abituati a pensarli, hanno difficoltà a gestire i lavoratori della gig economy; anche solo organizzare un’assemblea sindacale può essere problematico. Per questo motivo nuove forme organizzative sono necessarie non solo per fare rete ma anche per creare una comunità di lavoratori in grado di supportarsi psicologicamente. “IWGB mi aiutò quando ero un padroncino freelance. Lavoravo per un’azienda senza un contratto pensando di avere la possibilità di gestire il mio tempo ma così non era” ricorda Alex. “Di fatto dovevo sottostare alle regole dei normali impiegati senza avere i benefici come le ferie pagate. Facendo rete con altri lavoratori nella mia situazione ottenemmo una parità di trattamento, fu una grande conquista”.
Il contesto storico che stiamo vivendo unito alla trasformazione tecnologica, sta provocando grandi cambiamenti nel mondo del lavoro, professioni che nascono e che scompaiono a velocità mai vista prima. Quanto è giusto pagare un Tik Toker o uno Youtuber? Ed un tester di video game ha diritto alle ferie pagate?
Qual è il futuro dei sindacati tradizionali?
Il sindacato, virtuale o reale che sia, dovrà sempre rincorrere il mercato del lavoro tentando di eliminare le ingiustizie e le discriminazioni. Sfruttare le tecnologie, creare community, fare rete, sembrano essere gli ingredienti giusti per garantire un futuro ai sindacati tradizionali.