Salvare la memoria dei ghiacciai: il progetto Ice Memory
In Antartide, si sa, la vita è durissima. Sul continente i raggi del Sole arrivano con una fortissima inclinazione e un minor potere calorifico. Quando pensiamo a questa parte del mondo immaginiamo una landa piatta, bianca e desolata. Invece, l’Antartide si presenta con molti rilievi montuosi che superano anche i 4.000 metri. Le temperature sono già molto basse in estate, fra gli 0° C della fascia costiera ai -32° C delle zone più interne. In inverno, la forbice si allarga ancor di più fino a -20°C e -70°C dell’interno. Le temperature percepite arrivano anche a meno cento gradi, con rischio di immediata ipotermia in caso di incidenti.
In tali condizioni, si studia e si osserva ciò che accade oggi analizzando anche le tracce del passato che raccontano meglio di altri luoghi l’evoluzione del clima planetario. È il caso del progetto “Icememory” che ha come obiettivo quello di tramandare alle future generazioni le tracce ambientali risalenti alle epoche trascorse. Un progetto di ricerca internazionale riconosciuto dall’UNESCO, coordinato dall’ENEA (l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) e dal CNR e che vede impegnati scienziati italiani, svizzeri, francesi nonché la partecipazione di prestigiose università europee.
Scopo del progetto è istituire un archivio climatico mondiale capace di raccontare la storia del clima proteggendo la testimonianza dei ghiacciai minacciati dal riscaldamento globale. Con le attuali condizioni climatiche, infatti, si stima che gran parte dei ghiacciai delle Alpi al di sotto dei 3600 m di altitudine sparirà entro il 2100. Già un danno enorme in termini di perdita di risorse idriche, senza soffermarsi sulle catastrofiche conseguenze ambientali.
Mantenere queste informazioni in una sorta di “biblioteca del tempo” per le generazioni future significa avere accesso a informazioni altrimenti non più disponibili. E inoltre, poter analizzare la composizione delle carote di ghiaccio raccolte con tecniche più all’avanguardia oggi ancora sconosciute.
In questo gigantesco freezer naturale stanno convogliando reperti già raccolti in ghiacciai selezionati: dal Col du Dome sul Monte Bianco, ad esempio, al Nevajo Illimani in Bolivia.
Le carote di ghiaccio conservano particelle cristallizzate di aria che permettono lo studio del clima fino ad un’età di 1.5 milioni di anni fa e la concentrazione dell’anidride carbonica che certifica il riscaldamento del pianeta indotto dall’uomo. Fino alla rivoluzione industriale, le variazioni climatiche richiedevano migliaia di anni per manifestarsi. Ora, negli ultimi 250 anni, tutto è accaduto molto velocemente. In poco più di due secoli le emissioni provocate dall’uso del carbone e del petrolio hanno causato una progressiva salita della concentrazione di anidride carbonica che ha superato per la prima volta quest’anno nella storia dell’umanità 420 parti per milione. Un record negativo che dovrebbe allarmarci tutti
Sotto particolare osservazione in quest’ultimo periodo è il ghiacciaio Thwaites in Antartide, una calotta galleggiante delle dimensioni della Florida e già responsabile di circa il 4% dell’innalzamento annuale globale del livello del mare. Questa piattaforma, particolarmente vulnerabile e lacerata da fessure rilevate sulla sua superficie simili a quelle che si formerebbero su un comune parabrezza, secondo alcuni scienziati potrebbe rompersi e innescare un meccanismo inesorabile di frantumazione del ghiaccio nei prossimi 5 anni.
Se ciò dovesse accadere, si calcola che il progressivo scioglimento getterebbe in mare una quantità di acqua tale da provocare l’innalzamento del livello degli oceani in tutto il mondo di 65 cm sommergendo isole, atolli o interi tratti di costa.
Gli oceani stanno diventando troppo caldi per queste formazioni glaciali marine che si sono formate in condizioni molto più fresche rispetto ad oggi. Monitorare il presente per interpretare il futuro continua ad essere una priorità. Da anni in tutto il mondo si susseguono allarmi lanciati sulle conseguenze che il cambiamento climatico potrà avere sulle nostre vite e sulle vite delle generazioni future.
Bisogna seriamente ripensare alle nostre economie e incidere individualmente con comportamenti concreti per non vivere con il rammarico di non averci almeno provato.