La fotosintesi artificiale che potrebbe cambiare il futuro dell’umanità
Elizabeth Hann è una delle tre ricercatrici dell’Università della California di Riverside che ha condotto una ricerca sulla fotosintesi artificiale ibrida che potrebbe rivoluzionare il futuro dell’umanità. Non è un’esagerazione, tanto che la sperimentazione è finita su Nature ed ha riscosso interesse internazionale.
“Mi sono laureata all’Università della California presso il dipartimento di Botanica e Scienze vegetali e come obiettivo ho sempre voluto contribuire nel fornire un impatto positivo sull’ambiente” racconta Elizabeth Hann.
In cosa consiste la fotosintesi artificiale ibrida
Il team di ricercatori è partito da una constatazione molto semplice. La fotosintesi biologica è molto inefficiente perché converte l’energia solare e la Co2 con un’efficienza dell’1%, c’è molto “spreco naturale” per raccontarla semplicemente.
La sperimentazione condotta da Elizabeth Hann ha dimostrato che la fotosintesi artificiale ha un’efficienza diciotto volte maggiore rispetto a quella naturale. Il nuovo sistema di fotosintesi non utilizza direttamente il sole bensì l’elettricità generata tramite pannelli fotovoltaici per convertire acqua e CO2 in ossigeno e acetato.
“Il nostro sistema di fotosintesi artificiale ha migliorato l’efficienza energetica da solare a biomassa, perché tutti i passaggi all’interno del sistema sono ottimizzati per l’efficienza energetica. I pannelli solari disponibili in commercio sono in grado di convertire l’energia solare in elettricità con un’efficienza di circa il 22%. Il processo di elettrolisi che abbiamo sviluppato crea acetato dall’ elettricità, anidride carbonica e acqua con un’efficienza di circa il 35%. L’efficienza di conversione energetica dell’acetato in alghe è di circa il 40%” racconta la dottoressa Hann.
Le implicazioni future della ricerca
Poter produrre cibo senza avvalersi della fotosintesi biologica vuol dire non dipendere dagli elementi della natura, ad esempio, si possono produrre alimenti al buio oppure sfruttando le fattorie verticali e quindi non utilizzare nuovi terreni.
L’efficienza potrà essere ulteriormente incrementata quando aumenteranno le performance dei pannelli solari, siamo solo all’inizio.
I ricercatori, guidati da Elizabeth Hann, Marcus Harland-Dunaway dell’Università della California, e da Sean Overa dell’Università del Delaware, hanno preso in esame tre organismi: l’alga fotosintetica Chlamydomonas, il lievito Saccharomyces cerevisiae, ampiamente utilizzato per la produzione di alimenti e bevande fermentate, funghi, concludendo che tutte e tre le colture erano in grado di saper sfruttare l’acetato come fonte di energia aggirando di fatto il meccanismo della fotosintesi biologica.
“Al momento siamo riusciti a far crescere alghe, lieviti e funghi usando l’acetato dell’elettrolisi. Nella ricerca pubblicata mostriamo che le piante coltivate come lattuga, riso, piselli, pomodori, sono in grado di metabolizzare l’acetato, il che suggerisce che esiste il potenziale per integrarle in questa tecnologia. Stiamo lavorando per ingegnerizzare geneticamente le piante vascolari per farle crescere al buio su acetato”.
Questo tipo d’innovazione potrebbe risolvere il problema della produzione agricola dovuta alle siccità ricorrenti. C’è anche da aggiungere che l’acetato non produce alcun tipo di composto dannoso a differenza di altre molecole come il metanolo, ipotizzate in passato come fonti di carbonio alternative. Insomma, una soluzione agronomica che non presenta effetti collaterali che potrebbe risolvere non pochi problemi all’umanità intera.