Israele è la startup nation per eccellenza. Ecco le 7 lezioni che tutti dovremmo imparare
«Tutti gli esperti sono esperti di qualcosa che è stato. Non esistono esperti di qualcosa che sarà». Sono parole profetiche quelle di David Ben Gurion, colui che ha fondato Israele. Profetiche perché oggi il Paese è considerato la patria dell’innovazione e delle startup, primo tra sessanta Paesi per capacità d’innovazione, investimenti in ricerca e sviluppo, cyber security, imprenditoria, ricerca scientifica, spesa per l’educazione, qualità delle istituzioni scientifiche e competenze in information technology (dati IMD World Competitiveness Ranking 2014). Lo Stato ebraico vanta attualmente il più alto numero di aziende high tech per abitante: quasi cinquemila per otto milioni di persone.
Secondo l’ultimo report IVC Research Center e Meitar Liquornik Geva Leshem Tal, nell’ultimo anno è stata registrata una crescita del 5% del numero delle exit tra le startup israeliane, tra acquisizioni e ingresso in borsa, per un totale di 6,94 miliardi di dollari, e il numero di IPO – le offerte pubbliche di acquisto – delle startup israeliane è stato il più elevato degli ultimi dieci anni. E gli investimenti in tech companies hanno raggiunto nel 2014 la cifra di 3,4 miliardi di dollari.
Considerando invece solo le fintech startup, i round di investimento sono stati 59 per un controvalore di 369 milioni di dollari e gli investimenti in Israele sulla cyber security, su cui le banche dovranno misurarsi sempre di più, hanno rappresentato il 10% degli investimenti mondiali nel settore.
Quali sono i motivi di questo successo? Nel viaggio che ho fatto alla scoperta di Tech-Aviv, ho imparato 7 lezioni che è bene mettere nero su bianco e, col tempo, tornare a ripassare con regolarità.
- Far parte di un ecosistema
Per poter nutrire sia l’innovazione incrementale (tecnologica, prodotti e servizi, processi) sia quella radicale (business model) è necessario entrare a far parte di qualche ecosistema. E, oltre alla Silicon Valley, oggi il più importante ecosistema dell’innovazione a livello globale è quello israeliano. - Cultura dell’innovazione
La cultura dell’innovazione è centrale e deve esserlo sia per le istituzioni, sia per le aziende. Il ricco ecosistema dell’innovazione israeliano ha attirato oltre il 25% delle multinazionali globali che hanno insediato qui i loro R&D lab. Citigroup, per esempio, qui occupa 109 persone nel proprio Innovation Lab, un luogo dove si risolvono i problemi aziendali e in cui si incubano startup in ambito fintech, la tecnologia applicata alla finanza. - Unicità
L’ecosistema israeliano è particolarmente unico, con alcune peculiarità che favoriscono lo sviluppo delle startup: con un mercato interno limitato, ogni startup nasce internazionale e con business model esportabili e scalabili, il Paese è giovane e ospita persone provenienti da 70 Paesi, chi fa impresa si impegna per dare un futuro non solo a se stesso ma a tutto il Paese, l’integrazione tra Governo, aziende e istituzioni è fortissima. Mentre in Silicon Valley c’è un forte legame tra università e impresa e il mercato di riferimento è, in primis, quello statunitense, qui si assiste al perfetto allineamento di interessi tra startup, multinazionali, Governo e università: ogni partecipante mette qualcosa e ottiene di più. Il Governo fa crescere l’economia e attira capitali, le multinazionali risolvono in modo disruptive molti dei loro problemi ed entrano in contatto con un ecosistema che può farle crescere più velocemente, l’università usa l’ecosistema per fare ricerca e dare sbocchi commerciali alla propria attività, le startup trovano clienti (le multinazionali), fornitori di idee e talenti (le università e il Governo) e capitali. -
Banche come società tecnologiche
La tecnologia è un abilitatore di business, ma scegliere la tecnologia giusta è sempre più difficile e sbagliare può significare rallentare il business. Per questo Leumi Bank, seconda banca del Paese, ha deciso di creare un sotto brand puramente digitale, indipendente, separato da quello della casa madre. Citibank ha all’interno del suo Innovation Lab una forza lavoro composta per il 60% da sviluppatori, addetti a interagire con le startup per creare prototipi veloci da testare in produzione. Cosa significa tutto questo? Che le banche si stanno evolvendo, verso un modello in cui si trasformano in società con know how e competenze tecnologiche: «BBVA sarà – sostiene il CEO F. Gonzales – una software company e competerà nel nuovo ecosistema digitale». - Tutti i grandi gruppi ripensano il modello di business
Deutsche Telecom ci ha spiegato che vogliono ripensare il proprio modello di business considerando che i competitor possono arrivare da ogni parte, tra cui i più pericolosi sono Google e Facebook, aziende che hanno costruito il proprio business e il proprio successo sulle infrastrutture create da altri (le telco). - Big data e IOT
I big data sono uno dei pillar strategici su cui le società innovative stanno concentrando le attività attuali e future, così come l’Internet of Things, cioè l’Internet delle cose, pensato per migliorare le nostre vite connettendo tra loro gli oggetti e permettendoci di guidarli e controllarli attraverso smartphone, tablet e oggi anche orologi tecnologici. - Cyber
Il concetto di cyber è stato uno dei minimi comuni denominatori degli incontri che abbiamo fatto. Qui sta nascendo un sito cyber, denominato CyberSpark, che sarà popolato da strutture governative, multinazionali e università e che ha l’ambizione di diventare il sito di punta del cyber mondiale, in un Paese che si fa notare per la cybersecurity.
Israele è questo, un Paese da ammirare, da studiare, anche da copiare. Perché è un esempio del cambiamento attuabile, dell’innovazione alla portata di tutti, della connessione tra istituzioni e privati, della voglia di fare, anzi di correre. Ecco, forse esiste un’ottava regola non scritta, che è il “qui e ora” che sta permettendo allo Stato ebraico di viaggiare in continua propensione verso il futuro e che lo consacra startup nation per eccellenza.