La tecnologia dell'Internet of Things ci renderà ancora più umani
Cinquanta miliardi di macchine che si parlano fra loro: possiamo naturalmente vederle – alcuni con ammirazione, altri con sgomento – come l’irresistibile avanzata della tecnologia e dell’intelligenza artificiale. Ineccepibile, no?
Sì, ineccepibile ma anche limitato: perché nella Internet of Things – il più eclatante fenomeno degli ultimi e dei prossimi anni – c’è molto di più della Internet of Things. Come c’era molto di più nel fuoco che non soltanto il fuoco, e poi nella ruota, nella stampa, nell’elettricità, e in tutte le altre scoperte e invenzioni che hanno espanso la nostra esistenza.
Perché nell’intera storia umana il mutamento tecnologico è sempre stato il rivelatorio dito che ci ha mostrato la luminosa luna di un mutamento umano, antropologico, vitale. Ecco, con questi miliardi di macchine che si parlano, comunicano, si scambiano informazioni, oggi la IoT sta ottimizzando e facilitando ogni aspetto della nostra esistenza, dalle nostre case ai trasporti, dal risparmio energetico alle nostre scelte quotidiane. Ma c’e’ di più, perché non si tratta semplicemente di macchine sempre più intelligenti, si tratta di noi. I cinquanta miliardi di macchine connesse e “parlanti” ci stanno offrendo il più invitante degli assist per ripensare la nostra identità, le nostre scelte e priorità, i nostri stessi modi di pensare. Perché come é già accaduto con il web, gli smartphone, i social e tutto il resto, la IoT favorirà nuovi gesti, nuove azioni, nuove forme di percezione e di conoscenza.
Questo ultrapotente network di apparati tecnologici é in questo senso la migliore occasione per definire come si evolveranno – come vogliamo rimodellare, espandere, potenziare – i network umani nella loro infinita rete di possibili combinazioni. Oggi che la comunicazione si configura sempre più come relazione, la natura delle nostre relazioni – nelle coppie e nel lavoro, nelle situazioni sociali e in quelle social – va ripensata ed espansa. Oggi che le macchine possono alleggerirci da tante incombenze o quantomeno facilitarle, noi abbiamo l’occasione – direi anzi il dovere – di chiederci cosa vogliamo essere, come vogliamo migliorare le nostre esistenze, e con chi vogliamo farlo.
Quello che tanto chi scodinzola davanti alle nuove tecnologie quanto chi le denigra e le teme non capisce è proprio che tecnologico e biologico non soltanto non sono affatto in opposizione ma sono fatti l’uno per l’altro, per accrescersi l’un l’altro.
No, niente cyborg, niente corpi mutanti, niente contaminazioni uomo-macchina: questi sono artifici mentali buoni per la fantascienza. Le tecnologie, in particolare quelle che vanno a toccare la nostra personalità e il nostro corpo, non ci disumanizzano affatto ma anzi semmai ci rendono ancora più pienamente umani perché sollecitano, risvegliano e attivano risorse fisiche, neurologiche, biochimiche, psicologiche, che fin lì erano largamente inesplorate. Come si diceva, ed è il caso di ribadirlo: è successo con il web, con i social, con gli smartphone; succederà anche con la Internet of Things.
In una sua recente, famosa canzone, un signore con cui ho fatto un libro qualche anno fa – il suo nome e’ Lorenzo Cherubini in arte Jovanotti – ripete “e non hai visto ancora niente”: ecco, certamente sta parlando dell’evoluzione in generale, e delle scoperte e invenzioni tecnologiche, ma innanzitutto sta parlando di noi.