Intelligenza artificiale: cosa ci aspetta nei prossimi mesi. Intervista a Gianluigi Greco
Abbiamo chiesto al presidente dell’Associazione italiana per l’intelligenza artificiale di aiutarci a capire cosa ci riserva il futuro ora che l’IA è di pubblico dominio. Si perderanno posti di lavoro? E che ne sarà del giornalismo?
Cosa ci attende nel campo dell’intelligenza artificiale nei prossimi 5 anni? Quali opportunità avrà chi desidera lavorare nell’IA e, davvero, le nuove tecnologie generative rischiano di rubarci il lavoro? A pochi giorni dall’introduzione di GPT-4, il nuovo un modello linguistico multimodale di OpenAI, l’entusiasmo si mescola al su cosa sarà il nostro futuro filtrato dalle lenti dell’intelligenza artificiale. Per saperne di più abbiamo chiesto lumi a Gianluigi Greco, direttore del Dipartimento di Matematica e Informatica presso Università degli Studi della Calabria e presidente di AIxIA, l’Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale.
Professor Greco, di cosa si occupa esattamente AIxIA?
L’Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale è stata fondata nel 1988 e rappresenta un punto di riferimento in Italia per ricercatori e docenti universitari, sia nelle università che nei centri di ricerca (pubblici e privati) che si occupano di intelligenza artificiale. Le nostre attività principali sono di natura scientifica e mirano a riunire la comunità di ricerca, promuovere la divulgazione e collaborare con le scuole in progetti legati all’intelligenza artificiale. Negli ultimi 5-6 anni abbiamo ampliato la nostra rete coinvolgendo anche le aziende, che mostrano un crescente interesse nel trovare sinergie con il mondo accademico e della ricerca per sviluppare progetti e approfondire la comprensione di questo campo. Realizziamo pubblicazioni scientifiche e divulgative, partecipiamo a eventi e fiere, con l’obiettivo principale di promuovere lo sviluppo e la diffusione delle tematiche legate all’intelligenza artificiale a tutti i livelli.
Cosa possiamo aspettarci dall’Intelligenza artificiale nei prossimi 5 anni?
Ci saranno sviluppi significativi, in particolare grazie alle innovazioni provenienti dal mondo dei sistemi conversazionali, come i modelli GPT. Questi sistemi sono ormai molto maturi e riescono a riprodurre le capacità umane in una discussione. Un’altra tecnologia matura è quella della visione artificiale, cioè il riconoscimento di immagini.
Con questi due elementi sensoriali – il riconoscimento del linguaggio e delle immagini – possiamo prevedere un cambiamento di paradigma in vari contesti in cui queste tecnologie vengono utilizzate. L’intelligenza artificiale ha già avuto un impatto significativo sull’industria e sul commercio e nei prossimi anni sempre più attività faranno ricorso a tecnologie di IA. Di conseguenza, il focus del business cambierà e sarà importante comprendere come sfruttare al meglio queste tecnologie per spostarsi verso nuovi obiettivi. Ci sarà bisogno di maggiore creatività per identificare il prossimo focus e offrire maggiori opportunità in vari settori.
Cosa consiglia a chi vorrebbe lavorare nel settore dell’intelligenza artificiale, sia giovani che meno giovani?
Anzitutto dovrebbe capire se si vuole essere uno sviluppatore di tecnologie o un utilizzatore consapevole. Se si ambisce a diventare uno sviluppatore, è fondamentale seguire corsi di laurea in informatica o ingegneria informatica, poiché consentono di acquisire una formazione completa e di essere sempre al passo con le future tecnologie. È importante imparare a essere pronti ad apprendere nuove soluzioni, dato che l’IA evolve rapidamente.
Ma si può anche fare un altro percorso e avvicinarsi a queste tecnologie in qualità di utilizzatore consapevole. Suggerisco di includere nel proprio percorso di studi corsi e discipline che affrontano queste tematiche. Oggi, molti corsi di laurea, dalla giurisprudenza alla medicina, si stanno aprendo all’utilizzo dell’intelligenza artificiale. Ma è importante anche che giovani e meno giovani che già lavorano intraprendano percorsi di formazione continua e aggiornamento. In questo contesto, la pubblica amministrazione e la governance delle aziende svolgono un ruolo cruciale nel garantire la possibilità di tenere il passo con l’evoluzione del settore.
C’è la paura che l’Intelligenza artificiale possa cancellare molti posti di lavoro. Quanto è reale il rischio che ciò accada?
In realtà, al momento non ritengo ci siano particolari posti di lavoro a rischio a causa dell’intelligenza artificiale. Certamente, l’impatto di alcune tecnologie dimostra come, ad esempio, i call center potrebbero presto essere sostituiti da sistemi automatici. Tuttavia, l’intelligenza artificiale sta attualmente creando posti di lavoro, con una domanda in continua crescita nel settore. Basta guardare i dati occupazionali: ad esempio, nella “mia” Calabria, tutti gli studenti di informatica trovano lavoro, con un tasso di occupazione del 100% e a pochi mesi dalla laurea. Quindi, è evidente che il settore sta espandendosi rapidamente.
Vale anche per il settore umanistico?
Ci sarà sicuramente un fenomeno di riconversione in futuro e i giovani dovrebbero comprenderlo e valutare le proprie inclinazioni. Tuttavia, ci sono ampie possibilità anche per chi proviene da studi umanistici, con progetti di AI applicati ai beni culturali, contesti archeologici complessi e biblioteche. In prospettiva, le professioni che richiedono meno creatività e autonomia potrebbero essere soggette a scomparire nel tempo, ma questo non solo è naturale, ma dà anche maggiore valore all’iniziativa, all’intraprendenza e alla creatività delle persone. In questo momento, non ci sono professioni realmente in sofferenza a causa dell’intelligenza artificiale. È più un mito da sfatare.
Nel giornalismo però qualche rischio c’è: alcuni importanti quotidiani si stanno già affidando all’IA per alcuni articoli.
Non sono d’accordo. Il giornalismo come mestiere non è detto sia a rischio: è vero che alcune parti di un articolo potrebbero essere scritte in modalità automatica, rivoluzionando il settore. Tuttavia, l’intelligenza artificiale può aiutare ad analizzare i dati e facilitare il cosiddetto “data journalism”. Ma, per ora, questi sistemi non hanno la capacità di creare connessioni o analisi approfondite di un certo contesto.
Se per giornalismo si intende la capacità di sintetizzare qualcosa di già scritto o elaborato, allora questi strumenti sono utili, ma il giornalismo va oltre. L’automazione è presente, ma è ancora lontana la possibilità di sostituire completamente il giornalista. Il ruolo principale delle IA, al momento, è quello di sintetizzare e mettere insieme informazioni provenienti da varie fonti. Potremmo considerarli motori di ricerca evoluti.
Ma una volta che si diffonderà l’IA generativa, non c’è il rischio che tutti gli articoli comincino ad assomigliarsi?
Non credo che ci sia il rischio che tutti i testi diventino uniformati a causa dell’uso di sistemi come GPT-4. Inizialmente, potrebbe esserci una fase in cui queste tecnologie verranno sperimentate e utilizzate, ma alla lunga, la capacità di differenziarsi e mantenere un approccio personale nella scrittura di testi giornalistici sarà un vantaggio. È possibile che vedremo articoli scritti in modo completamente automatico, ma si tratterà principalmente di sintesi di altri articoli o di newsletter automatizzate, prendendo spunto da articoli scritti da persone reali.
Esattamente 25 anni fa, nel 1998 Andy Clark e David Chalmers introdussero il concetto di “Mente estesa” nell’articolo The Extended Mind, pubblicato dalla Oxford University Press. Possiamo considerare l’IA generativa come un esempio di mente estesa?
Sì, possiamo assolutamente considerare l’intelligenza artificiale come un’estensione della nostra mente e lavorare e pensare in tal senso. L’IA sta già influenzando il modo in cui pensiamo e ci sviluppiamo. L’esempio della sfida di scacchi tra Kasparov e Deep Blue è significativo: da allora, i computer sono diventati molto più efficaci negli scacchi, ma anche gli scacchisti umani sono diventati più bravi, giocando col computer. Questo dimostra come l’intelligenza artificiale possa fungere da stimolo per il nostro miglioramento, alzando l’asticella e spingendoci a sviluppare nuove competenze e strategie. In un futuro prossimo, è possibile immaginare una simbiosi ancora più stretta tra l’intelligenza umana e l’intelligenza artificiale, con l’IA che potenzia ulteriormente le nostre capacità cognitive e percettive.
Inoltre, adottare questa prospettiva potrebbe anche favorire una maggiore comprensione e accettazione dell’intelligenza artificiale nella società.
È appena uscito GPT-4, che rende obsoleto il già sorprendente GPT-3. Che potrebbe succedere da qui a un anno?
Da qui a un anno, possiamo aspettarci ulteriori progressi e raffinamenti nei modelli di intelligenza artificiale come GPT-5. Tuttavia, le sfide principali che la comunità di ricerca sta affrontando riguardano l’integrazione delle capacità simboliche e sub-simboliche nei sistemi di IA e il passaggio da un semplice riconoscimento a un vero ragionamento e comprensione del contesto. Ha presente la teoria di Kanheman dei pensieri veloci e pensieri lenti? In futuro, ci aspettiamo che l’IA sia in grado di combinare il “pensiero veloce” basato su reti neurali con il “pensiero lento” basato sulla logica e il ragionamento simbolico. Questa integrazione potrebbe portare a un punto di svolta nella ricerca sull’intelligenza artificiale e consentire alle macchine di risolvere problemi più complessi e comprendere il contesto delle situazioni.
Nel campo della visione artificiale, l’obiettivo per esempio è passare dal semplice riconoscimento di un’immagine al ragionamento su di essa e alle interazioni con il contesto circostante. Queste sfide rappresentano le principali aree di ricerca e sviluppo nel campo dell’IA, e benché si prevedano progressi nel corso del prossimo anno, la soluzione potrebbe richiedere ancora tempo.
Arriveremo a dare ragione a Ray Kurzweil quando scrive che “La singolarità è vicina”?
La singolarità, ovvero il momento in cui l’intelligenza artificiale supererà l’intelligenza umana in ogni aspetto, è un argomento di grande dibattito e speculazione nel campo dell’IA. Ma è difficile dire con certezza se e quando ciò accadrà. Attualmente, ci sono due mondi separati nell’IA: la capacità percettiva basata su reti neurali e il ragionamento logico. Entrambi sono molto maturi, ma il punto cruciale è capire come collegarli per creare un’intelligenza artificiale generale (AGI) che combini queste caratteristiche. Se riusciamo a unire queste due aree e creare un’AGI, potremmo avvicinarci alla singolarità.
Kurzweil afferma che la singolarità si verificherà nella prima metà del secolo…
Ripeto, è ancora difficile prevedere con precisione quando ciò accadrà. La velocità dei progressi negli ultimi anni suggerisce che potremmo essere più vicini di quanto pensavamo in passato, ma è importante considerare che ci sono ancora molti ostacoli da superare. In sintesi, la singolarità potrebbe essere vicina, ma rimane un’incognita se e quando raggiungeremo effettivamente questo punto di svolta. Nel frattempo, continueranno gli sforzi per avanzare nel campo dell’IA e per cercare di unire le capacità percettive e di ragionamento logico in sistemi sempre più sofisticati. E questo davvero potrebbe cambiare tutto.