Imparare dai migliori: l’innovazione secondo Google.
“L’innovazione consiste nel vedere ciò che hanno visto tutti, pensando ciò che non ha pensato nessuno”.
Albert Szent-Gyorgyi
L’innovazione è uno degli elementi chiave del successo aziendale, ma non è facile implementarla e gestirla nel tempo.
Quali sono le strategie delle aziende più brillanti per mantenere uno “spirito innovativo” anno dopo anno?
Marissa Mayer nel 2008, quando era vice-presidente di Google, aveva “svelato” i 9 principi che guidavano l’innovazione nell’azienda di Mountain View; Gopi Kallayil, Chief Social Evangelist, ne ha proposto, di recente, una versione aggiornata: diamole un’occhiata.
1. Innovation comes from everywhere
La gestione delle idee non riguarda più un singolo settore, ma coinvolge tutti i lavoratori. Le aziende più brillanti sono quelle che sfruttano le abilità creative di tutti i dipendenti (a prescindere dall’ambito in cui operano o dal ruolo che ricoprono).
L’innovazione è una responsabilità di tutti. I dipendenti di Google sono incoraggiati a cercare soluzioni innovative ai problemi che incontrano quotidianamente.
Dal motto dell’era industriale: “Non siete pagati per pensare” stiamo passando, per fortuna, ad una diversa consapevolezza: “C’è una grande risorsa inutilizzata” – esortava Edward De Bono – “è il pensiero dei collaboratori … ed è persino gratuita!”
Ciò che caratterizza le aziende eccellenti è proprio l’opportunità di avere, in ogni “angolo”, persone curiose, attente a notare gli elementi critici e pronte ad elaborare, e proporre, delle soluzioni innovative.
Rifletti:
– Cosa potresti organizzare (aperitivo creativo, pitch-time, ecc.) per ascoltare le idee e le proposte creative delle persone che lavorano con te?
– Come potresti stimolare la partecipazione creativa dei tuoi colleghi e collaboratori?
2. Focus on the user
Può sembrare scontato, ma ciò che decreta il successo di un prodotto o di un servizio è proprio la sua capacità di risolvere, in modo eccellente, dei problemi reali e quotidiani.
Page suggerisce di fare quello che lui chiama il “toothbrush test” (test dello spazzolino): il nuovo prodotto deve avere un appeal tale da indurre un gran numero di persone a sentire il bisogno di utilizzarlo almeno un paio di volte al giorno (come Google search, Gmail, YouTube, ecc.).
Le aziende, quando progettano un nuovo prodotto, possono avere la tentazione di focalizzarsi principalmente sul profitto, ma questa non si rivela mai una scelta vincente.
Centrare l’attenzione sul cliente (esigenze, user-experience, feedback, ecc.) è la strategia migliore: “Create a great user experience” ricorda Kallayil “and the revenue will take care of itself”. Se ascolti i bisogni dei tuoi clienti e lavori bene, i guadagni arriveranno. (Ho analizzato alcuni di questi aspetti anche nel post “L’innovazione volante: il successo di Angry Birds”)
Rifletti:
– In che modo potresti conoscere ed esplorare le esigenze meno “evidenti” dei clienti?
– Come potresti migliorare l’“esperienza” che i clienti hanno con il tuo prodotto o servizio?
3. Think 10x, not 10%
Questo principio (uno dei nuovi introdotti) mi sembra un’esortazione davvero coraggiosa e stimolante: trova una soluzione 10 volte, e non solo il 10%, migliore di ciò che già esiste.
Quando un’azienda predilige una strategia di innovazione incrementale, tende ad introdurre dei miglioramenti (spesso “moderati”) nelle performance o nelle funzionalità dei propri prodotti. Questo garantisce, nel breve periodo, un ritorno economico piuttosto sicuro, anche se contenuto.
Le innovazioni radicali, invece, presentano un carattere di novità assoluta e rendono il “prodotto” completamente diverso da quelli preesistenti. Rappresentano una discontinuità rispetto ai miglioramenti incrementali e originano scenari inediti: nuovi prodotti, nuovi mercati e, a volte, nuovi settori industriali.
Se l’azienda opta per l’innovazione radicale, deve realizzare dei cambiamenti significativi in diversi ambiti (prodotto, modalità di utilizzo, catena di fornitura, clientela target, strategie di comunicazione, ecc.) contemporaneamente.
L’esortazione a pensare 10 volte più creativamente, che tradisce la propensione di Larry Page verso l’innovazione radicale, è proprio un invito ad uscire fuori dagli schemi, a generare soluzioni “divergenti” che aprano nuovi spazi di mercato.
“Disruptive innovation” – ricorda Richard Branson – “is not a tactic: it’s a mindset”
Rifletti:
– Quale prodotto o servizio innovativo e “scardinante” potrebbe realizzare la tua azienda?
– In che modo potresti stimolare colleghi (e collaboratori) a pensare 10 volte più creativamente?
4. Bet on technical insights
Ogni azienda ha delle intuizioni e delle peculiarità uniche: se sceglie di scommettere su di esse, può ottenere dei grandi risultati. La caratteristica principale di Google, ovviamente, è la disponibilità di un’enorme quantità di “dati”.
Non è un caso che siano stati proprio gli ingegneri di Google, e le non aziende automobilistiche, ad avere l’idea di auto senza conducente.
“Tutto è iniziato con la notizia, riportata dall’Economist, che più di un milione di persone muore, ogni anno, per incidenti stradali causati da un errore umano” racconta Kallayil; “l’idea “scardinante” è stata: se rimuoviamo gli esseri umani, viaggiare in auto sarebbe molto più sicuro.”
Google ha sfruttato le conoscenze e gli strumenti in suo possesso (Google Maps, Google Earth, Street view, ecc.), ha avviato una collaborazione con l’Università di Stanford, per perfezionare le tecnologie di intelligenza artificiale, e ha dato vita ad un progetto di “self-driving car” rivoluzionario.
Rifletti:
– Quali sono le peculiarità principali della tua azienda?
– Quali nuovi modelli di business potresti avviare impiegando queste peculiarità?
5. Ship and iterate
L’innovazione, come ammoniva anche la Mayer, non significa mai perfezione immediata. Google sceglie di lanciare, velocemente, un nuovo prodotto e di raccogliere il feedback degli utenti per migliorarlo.
Gmail, che in dieci anni ha superato i 500 milioni di utenti, è rimasto in versione beta per quasi tre anni. Nel 2008 Google ha distribuito il browser Chrome e, per circa un anno, lo ha aggiornato ogni sei settimane con i suggerimenti degli utilizzatori. “Oggi, grazie a questo approccio, Chrome è il browser più diffuso in molti paesi“, dice Kallayil.
Certo, non in tutti gli ambiti è così agevole lanciare un prodotto e poi aggiornarlo; è molto importante, però, non cedere alla “tentazione della perfezione”.
Trovo molto stimolante l’esortazione di Napoleon Hill: “Inizia ovunque ti trovi, con qualsiasi mezzo hai a disposizione: mezzi migliori li troverai lungo il cammino”.
Rifletti:
– Quali prodotti o servizi innovativi potresti mettere, velocemente, sul mercato?
– Come potresti sfruttare i suggerimenti dei tuoi “clienti” per migliorare i tuoi prodotti?
6. 20% time
Concedi ai tuoi dipendenti il 20% del tempo lavorativo (quindi un giorno alla settimana) per sviluppare idee e progetti personali che ritengono utili ed appassionanti?
Questo approccio è molto interessante e, per la verità, Google lo ha mutuato da William McKnight, presidente della 3M che, negli anni ‘40, fu il primo ad intuirne le potenzialità.
“Incoraggiamo i nostri dipendenti, oltre ai loro progetti regolari, a dedicare il 20% del loro tempo a ciò che pensano possa avvantaggiare Google” – hanno scritto Larry Page e Sergey Brin nel 2004 – “Questo consente loro di essere più creativi e innovativi. Molti dei nostri progressi significativi sono avvenuti in questo modo“.
Per avviare un “20% project”, bisogna coinvolgere altri colleghi, disposti ad investire il loro 20% in quel progetto. Questo ha un duplice effetto: favorire la “contaminazione” di idee all’interno dell’azienda e stimolare la collaborazione con colleghi di gruppi differenti (con cui, normalmente, non sarebbe possibile interagire).
Concedere questo tempo favorisce un proliferare di “start-up” interne all’azienda, che possono produrre risultati eclatanti (basti pensare ai Post-It della 3M o a Gmail, Google Maps, Ad Sense, GTalk, Google News di Google), e stimola la motivazione e la creatività dei dipendenti.
Come bilanciare gli investimenti nei vari progetti innovativi?
Sergey Brin propone la “regola del 70-20-10”:
– il 70% del budget viene investito nei progetti “core business” che generano gran parte dei ricavi;
– il 20% in quelli emergenti, che hanno già conseguito qualche successo;
– il 10% ai progetti nuovi e originali che hanno un’elevata probabilità di fallimento ma un notevole potenziale (“moonshots”).
Questo approccio consente di destinare gran parte delle risorse ai progetti che assicurano una buona redditività, ma fa in modo che anche idee “visionarie” ricevano un finanziamento adeguato.
Rifletti:
– Come potresti applicare il “metodo del 20%” nel tuo team o nella tua azienda?
– In quali altri modi potresti favorire la creatività dei tuoi dipendenti?
7. Default to open
Malissa Mayer esortava a condividere, nella intranet di Google, il maggior numero possibile di informazioni per favorire la collaborazione.
Gopi Kallayil ha ampliato ulteriormente questo approccio: “Ci sono sette miliardi di persone nel mondo … le persone più intelligenti saranno sempre al di fuori di Google”. Diventa necessario, allora, imparare ad attingere idee innovative anche all’esterno.
Il sistema operativo Android, che conta oltre 1,4 milioni di nuove attivazioni al giorno, è un classico esempio di come Google, attraverso l’open source, integri risorse e conoscenze interne ed esterne.
Uno dei segreti dei team particolarmente creativi è proprio quello di favorire una comunicazione autentica ed estemporanea, di condividere, anche con i colleghi di altri reparti, intuizioni e idee, in modo informale.
Walt Disney fu uno dei primi che, nel 1939, inserì nella nuova sede di Burbank (California) una sala “ricreativa”, accogliente e colorata, proprio per favorire la condivisione di idee e la “cross-fertilization”. Google, non a caso, è nota anche per essere una delle aziende più attente a creare spazi di lavoro inusuali, colorati e divertenti.
Rifletti:
– Come potresti creare, nella tua azienda, uno spazio “unconventional” in cui le persone possano scambiarsi intuizioni e idee, magari davanti ad una tazza di caffè o di tè?
– In quali modi potresti favorire la collaborazione tra dipendenti e partner esterni all’azienda?
8. Fail well
“Nella nostra azienda abbiamo un motto” – confida Kallayil – “if you don’t fail often enough, you’re not trying hard enough”, se non fallisci spesso, vuol dire che non stai tentando qualcosa di sfidante.
Il fallimento a Google non viene stigmatizzato, ma rappresenta un “badge of honour”, un distintivo d’onore di cui andare fieri.
Anche Google, sia chiaro, ha collezionato diversi insuccessi: basti ricordare Buzz, Google Wave, Google Dictionary, OpenSocial, Google+, ecc; ciò che è interessante, però, è il modo in cui ha scelto di gestirli.
“Quando ci accorgiamo che un progetto non funziona, lo abbandoniamo”, afferma Kallayil, “ma prendiamo le idee migliori e le riconvertiamo in un altro progetto”.
Sono convinto, anche per esperienze personali, che gli insuccessi rappresentino delle preziose occasioni di verifica, di scoperta e di cambiamento. (Ho proposto alcuni suggerimenti per imparare a trarre il meglio dai nostri insuccessi nel post “Come trasformare gli insuccessi in opportunità creative”).
Rifletti:
– Che cosa puoi intravedere, in questa situazione negativa, di promettente per te o per il tuo team?”,
– Quali tentativi di “fast e low cost failure” puoi sperimentare nel tuo ambito lavorativo?”,
9. Have a mission that matters
Questo principio non c’era nella lista della Mayer ma, secondo Kallayil, è uno dei più importanti: “Ognuno in Google ha un forte senso della missione … siamo profondamente convinti che il lavoro che facciamo abbia un grande impatto positivo su milioni di persone.”
In occasione del terremoto (e del conseguente tsunami) che ha colpito il Giappone nel marzo del 2011, Google ha lanciato “Google Person Finder”, una web application per aiutare le vittime a trovare familiari ed amici.
Le persone che scelgono di lavorare in Google, secondo Kallayil, non lo fanno per i benefits o per le aree comuni o per i tavoli da ping pong, ma perché sentono di contribuire ad un progetto innovativo che mira a migliorare il mondo.
Per la verità, ogni imprenditore che fonda un’azienda, ma anche ogni gruppo di ragazzi che decide di avviare una start-up, ha una passione, ha il desiderio di risolvere, in modo efficiente e creativo, un problema, piccolo o grande, che “preoccupa” molte persone.
Rifletti:
– Qual è la missione del tuo team o della tua azienda?
– In che modo il tuo lavoro può avere un impatto positivo sulle persone dentro e fuori l’azienda?
“Google non è un’azienda convenzionale, e non intendiamo diventarlo”, hanno scritto Page e Brin nella Founder’s IPO Letter nel 2004; certo, anche all’interno di Google ci saranno frustrazioni e delusioni, ma questi principi rappresentano, comunque, un’interessante indicazione per costruire, in ogni azienda, una cultura organizzativa dinamica e aperta all’innovazione.