Il nuovo mantra per le PMI? Investire in formazione e istruzione digitale
Abbiamo parlato tempo fa della ancora poca presenza delle PMI online, provando a capire i motivi. È ancora un problema culturale, ma vorrei qui descrivere alcuni benefici che è possibile trarne dai social, non solo per chi ha un prodotto da vendere alla massa:
- I social sono utili come customer care: ci iscriviamo ai social per farci i fatti altrui, per dire la nostra opinione, per essere coinvolti e ascoltati. Spesso ci ritroviamo a scrivere sugli account dei brand quando abbiamo un problema e non riusciamo ad avere risposte con i canali tradizionali, perché un nostro disagio o soddisfazione con un’azienda può essere utile anche agli altri e “costringe” un po’ le aziende, anche quelle grandi, a interessarsi a noi persone comuni.
- Con un approccio più inclusivo in rete, le PMI possono far conoscere la filosofia aziendale, dare consigli e suggerimenti prima che posizionare e vendere il prodotto, questa è la strada per avere successo online. Dare ai clienti altri canali per poter comunicare con noi e fare in modo che scelgano quello più comodo per loro. Che sia il telefono, la mail, whatsApp, Messenger o Telegram, giusto per citare alcuni servizi di messaggistica istantanea.
- I social offrono statistiche – insights della pagina Facebook, di Twitter, Google Plus, i sistemi di analytic per il sito web – che ci dicono chi sono le persone che seguono il brand, quale comportamento online adottano, cosa leggono, se fanno le cose che suggeriamo, le cosiddette call to action: acquisti online, iscrizioni a newsletter, scarico di coupon, ecc..
- Attraverso le statistiche quindi possiamo valutare l’obiettivo raggiunto a fronte dell’investimento (economico e risorse umane) fatto, se l’investimento è compatibile rispetto all’obiettivo posto. Se qualcosa non va secondo le previsioni è possibile capire perché e qual è stato il problema, fino ad arrivare a modificare alcune strategie aziendali offline in funzione di quello che il mercato vuole.
- Tutti noi sappiamo benissimo, perché ognuno di noi lo fa, che prima di ogni acquisto navighiamo in rete per avere informazioni, per capire cosa dicono gli altri utenti, poi magari terminiamo l’acquisto nel modo tradizionale, ovvero andando nel negozio. Una ricerca del Global web Index certifica che un utente Internet su due utilizza Messenger di Facebook, del resto sono 28 milioni solo gli italiani che sono presenti sul social Network di Zuckerberg. Risulta però ancora difficile comprendere che se la nostra azienda non è online, non è possibile intercettarla.
L’84% delle imprese fallite nel 2015 non aveva un sito web, dato presentato nel Forum dell’economia digitale (FED) a Milano, e l’Italia ha un ritardo digitale pari a circa 2 punti di PIL. Per aiutare le imprese a capire ciò, è necessario che gli esperti informino i loro clienti e potenziali prima di vendere la consulenza, spendere parte del tempo a raccontare qualitativamente come dovrebbe porsi un’azienda sul web e capire insieme gli obiettivi, i competitor, quali clienti vuole raggiungere e non limitarsi a farsi firmare il contratto per x mesi.
Investire in formazione e istruzione digitale deve diventare un mantra a tutti i livelli. Se si vuole investire bene i soldi e non spenderli, tanti o pochi che siano, quindi ottenere dei risultati in un tempo determinato, occorre conoscere e scegliere con coscienza i consulenti, che abbiano voglia di impegnarsi, di capire e studiare una strategia efficace.