Il calcestruzzo del futuro
Il calcestruzzo usato dagli antichi romani era forte, resistente e durevole perché era in grado di autoripararsi. Paolo Sabatini e Admir Masic hanno fondato la startup DMAT che apprende dai romani per creare calcestruzzo in grado di salvare il pianeta. Ne abbiamo parlato con Paolo Sabatini, Co-founder e CEO di DMAT
Gli antichi romani erano abili costruttori edili, non è necessario provarlo perché la storia parla da sola. Il Pantheon, il Colosseo, gli acquedotti, hanno resistito per millenni ed è sempre rimasto un mistero come i loro edifici riuscissero a resistere alle intemperie del tempo. Anche se sono stati rinvenuti documenti come il trattato “de architectura” di Marco Vitruvio Pollione, un ingegnere del I sec. A.c. che dava consigli su come costruire edifici, abbiamo dovuto aspettare fino a quest’anno per carpire i segreti del calcestruzzo romano. Lo si deve ad un italiano, Paolo Sabatini imprenditore, e Admir Masic, professore associato di ingegneria ambientale al MIT. “Era il 2018”, racconta Sabatini, “mi trovavo negli Stati Uniti e venni a conoscenza che Masic aveva appena avviato una ricerca per capire il segreto alla base della durabilità del calcestruzzo usato dai romani”. I due si conobbero e nacque l’idea di fare qualcosa insieme, creando un prodotto sostenibile, durevole, in grado di aiutare il pianeta. “Abbiamo così fondato DMAT. Siamo partiti dalla ricerca scientifica, i cui risultati sono stati pubblicati su Science Advances, e, tramite un percorso di sviluppo presso i migliori laboratori internazionali, oggi siamo in grado di fornire risposte tecnologiche per l’industria moderna”.
Anche se migliaia di scienziati hanno avuto sotto gli occhi gli edifici romani per millenni, nessuno era riuscito a capire il segreto della longevità delle loro costruzioni. L’indagine sul cemento romano ha visto l’utilizzo di pratiche tradizionali, tipiche degli studi archeologici, combinate con l’impiego di tecnologie all’avanguardia, come ad esempio recenti sviluppi di tecniche di mapping chimico basate su microscopia elettronica a scansione e spettroscopia Raman.
Il risultato di questi studi ha poi dato vita ad un’altra sfida tecnologica, quella di DMAT, ovvero traslare questa scoperta in un prodotto adatto all’industria moderna delle costruzioni.
Il segreto del calcestruzzo romano
Il calcestruzzo utilizzato dai romani era in grado di autoripararsi. Questa capacità viene attivata dall’acqua che, invece di danneggiare il materiale, richiude le fessurazioni e autoripara eventuali crepe con un processo simile a quello della cicatrizzazione dei tessuti biologici. Quando il calcestruzzo moderno si fessura invece, entrano acqua o umidità e la crepa si allarga e si propaga nella struttura. “Con la nostra tecnologia, invece, la fessura si autoripara”. Non solo il calcestruzzo DMAT è in grado di autoripararsi ma consente di abbattere le emissioni di CO2 del 20% e di abbattere i costi di produzione fino al 50%. In un momento storico in cui la lotta ai cambiamenti climatici è cruciale, l’introduzione di DMAT potrebbe fornire un contributo importante considerando che la filiera mondiale del calcestruzzo è responsabile dell’8% delle emissioni globali di CO2.
Il modello di Business di DMAT
La startup del calcestruzzo non avvierà nessuna nuova linea produttiva e non andrà a competere con gli attuali player del settore. “La nostra idea è quella di operare un trasferimento tecnologico su scala globale. In sostanza, ai nostri clienti venderemo formulazioni realizzate con materiali e tecnologie semplici, che permetteranno di realizzare il calcestruzzo D-Lime affidando direttamente ai produttori che, tramite un piano di partnership produttive e di licenze destinato agli stessi produttori, alle aziende di costruzione e agli sviluppatori immobiliari, potranno applicare direttamente la nuova formula senza modifiche agli impianti produttivi”
I volumi di richiesta di calcestruzzo del mercato globale e le finalità per cui viene utilizzato, dall’edificazione di infrastrutture strategiche alla costruzione di alloggi e luoghi di lavoro realizzati in ogni angolo del pianeta con costi contenuti, spiegano da soli quanto esso sia realmente uno dei prodotti più democratici della nostra epoca. La cattiva reputazione che talvolta ancora oggi accompagna questo materiale è soprattutto legata ai problemi di durabilità nel tempo e all’impatto ambientale della sua filiera produttiva, in particolare all’utilizzo di uno dei suoi ingredienti principali, il cemento. Anche il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo definisce la sostenibilità come un driver di progresso che deve poggiare su tre pilastri: la sostenibilità economica, sociale e ambientale. “Oggi il calcestruzzo integra i primi due di questi bisogni. DMAT si concentra sul terzo, sviluppando tecnologie che rendono più green e longevo uno dei prodotti più indispensabili alla società contemporanea. La sua competitività economica e accessibilità globale sono già un dato di fatto. Noi lavoriamo ogni giorno per farne un materiale sostenibile al 100%” conclude Paolo Sabatini.