GEVI, la turbina eolica che usa l’intelligenza artificiale per produrre energia
Abbiamo intervistato Edoardo Simonelli, tra i fondatori della startup ideatrice di una nuova turbina eolica, pronta rivoluzionare il settore delle energie rinnovabili.
Gli ultimi otto anni, quelli che vanno dal 2014 al 2022, sono stati i più caldi mai registrati: ormai la crisi climatica fa parte delle nostre vite, è qui, con tutta la sua forza distruttiva. Per combatterla e invertire la rotta del riscaldamento globale non possiamo prescindere dalla transizione energetica, e quindi dall’abbandono delle fonti fossili a vantaggio delle energie rinnovabili. In questo senso, recentemente è arrivata una piccola, buona notizia: nel 2022, per la prima volta, eolico e solare hanno prodotto in Europa più elettricità rispetto al gas, contribuendo allo stesso tempo ad arginare la temuta ripresa del carbone.
Il terreno, per chi investe nella ricerca e nelle installazioni di impianti di energia rinnovabile, sta faticosamente diventando più fertile. Lo dimostra GEVI, una startup italiana fondata lo scorso anno da Soufiane Essakhi, Emanuele Luzzati ed Edoardo Simonelli, che si definiscono «tre giovani e appassionati ingegneri con un obiettivo chiaro in mente: dare il nostro contributo per accelerare il progresso verso un futuro più sostenibile». Insieme, stanno sviluppando una turbina eolica che, grazie all’intelligenza artificiale, riesce a massimizzare la produzione di energia e a minimizzare i costi. Un’innovazione dal potenziale vasto e non del tutto ancora esplorato, di cui abbiamo parlato con Edoardo, uno dei tre ideatori di GEVI (acronimo che sta per Generatore Eolico Verticale Intelligente).
Edoardo, raccontaci chi siete e come nasce la vostra idea.
«Ci siamo conosciuti all’Università di Pisa, frequentavamo tutti Ingegneria aerospaziale e abbiamo partecipato ad alcuni lavori di gruppo insieme, anche a livello internazionale. Io e Soufiane abbiamo fatto insieme una tesi sull’aviazione sostenibile, mentre Emanuele era già più focalizzato sull’eolico. Abbiamo cominciato a discutere dell’idea con calma, inizialmente solo su base teorica, poi abbiamo vinto un concorso di Eni Joule, a Bergen, nel febbraio 2022 e abbiamo deciso di fondare una startup vera e propria e di metterci al lavoro. A maggio siamo entrati nell’acceleratore Zero, da cui abbiamo avuto un bel contributo finanziario e di conoscenze. In un anno quindi siamo passati da non avere niente a costruire la prima turbina, che abbiamo inaugurato di recente (il 31 gennaio, ndr) vicino a Pisa, a scopo di test».
Come funziona la vostra turbina e in che modo si differenzia dalle altre?
«La nostra turbina ha le pale che si possono muovere indipendentemente tra di loro, con un movimento regolato dall’intelligenza artificiale. Questo permette di avere le pale orientate sempre nel modo migliore per estrarre energia dal vento: l’intelligenza artificiale lo calcola in tempo reale in base ai tipi di vento e alla direzione. Noi possiamo anche ottimizzare la fase di partenza, perché le pale partono in anticipo e possono quindi sfruttare le raffiche. Infine, quando i venti sono molto forti, possono essere scollegate e allineate al vento, diminuendo lo sforzo che fa la struttura. Questo, in futuro, ci permetterà di renderle totalmente riciclabili perché potremmo usare materiali diversi per costruirle».
Che dimensioni e potenza ha?
«La turbina che abbiamo già costruito ha un kilowatt di potenza e un diametro di due metri: in tutto la struttura è di circa tre metri, anche per nostre esigenze di accessibilità. Questa sarebbe perfetta da installare su un tetto, perché non necessita di avere un palo sotto. Nel futuro prossimo vorremmo arrivare ai 5 kilowatt, con quindi circa tre metri e mezzo di diametro, e più avanti stiamo pensando anche ai 10-20 kilowatt di potenza, ma serviranno turbine con 5-6 metri di diametro e di altezza».
Spiegaci meglio il lavoro dell’intelligenza artificiale
«Sulle turbine sono installati dei sensori di pressione che raccolgono informazioni sull’aria, sulle turbolenze, sui pattern del vento. L’intelligenza artificiale, attraverso un algoritmo sviluppato a partire da altri dati elaborati in precedenza, è attrezzata per capire come far produrre la massima energia e mettere in moto la pala più esposta alle turbolenze. Noi puntiamo molto sull’adattabilità: si deve adeguare da sola a qualsiasi condizione del vento e a qualsiasi luogo. Il funzionamento delle pale deve rimanere semplice: è meglio spostare tutta la complicazione sulla parte software».
Che risultati avete raggiunto finora e quali sono i prossimi obiettivi di GEVI?
«Il prossimo obiettivo è una campagna di test per conformare tutti i dati ottenuti finora con un dimostratore più piccolo o con delle simulazioni fatte al computer o in galleria del vento, e poi produrre altri prototipi: ne stiamo già facendo uno più grande, che vogliamo inaugurare a breve. Nel frattempo stiamo parlando con l’Università di Pisa per installare le nostre turbine presso il dipartimento di Economia e dar subito loro un’applicazione pratica».
Come vi rapportate invece con il fatto di essere stati inizialmente finanziati da Eni, una delle aziende più inquinanti del settore fossile?
«Non è una cosa a cui si penserebbe quando si parla di rinnovabili, però da qualche parte bisogna pur partire, e abbiamo apprezzato che i soldi di Eni andassero a noi e ad altre startup che si occupano di energia pulita».
Le fonti rinnovabili hanno per la prima volta superato il gas in Europa. Qualcosa sta cambiando?
«Secondo me sì: c’è più attenzione e più spinta, c’è più interesse su tutti i livelli. Le aziende e le istituzioni hanno iniziato a capire che le rinnovabili sono più convenienti economicamente, oltre che, chiaramente, più utili per l’ambiente».
L’eolico, e in generale le altre rinnovabili, fanno però ancora fatica a diffondersi su larga scala in Italia, nonostante sappiamo bene che sono una parte fondamentale della transizione ecologica. Perché?
«Per l’eolico ci sono dei problemi legati alle turbine, perché non possono essere messe in città o a volte addirittura in campagna, la gente non le vuole vicine e i costi sono alti. Noi vogliamo sopperire a questi svantaggi con una turbina più piccola, da mettere sui tetti o sulle antenne di telecomunicazione. E, in futuro, vogliamo mettere le nostre turbine in mare: adesso lo si fa con quelle molto grandi, che però fanno fatica a galleggiare e quindi sono molto costose».
Come vi relazionate con la burocrazia che spesso soffoca i progetti di impianti rinnovabili?
«Abbiamo già iniziato a scontrarci, ma il nostro tipo di turbine sta cominciando a essere agevolato. Per quanto riguarda le applicazioni più complicate, come le telecomunicazioni e il navale, c’è invece ancora molta strada da percorrere».
Prova a immaginare il futuro della vostra startup: cosa vedete tra cinque, dieci anni?
«Potendo sognare, ci piacerebbe trovare le nostre turbine più o meno ovunque. Vorremmo vederle in tutti quei posti dove sono l’unica soluzione: le città, i tetti, in ambiente navale, l’offshore. Ci piacerebbe che fossero anche grandi, perché è un’architettura scalabile».