Cosa significa sostenibilità?
Poche parole hanno oggi la magia di sostenibilità. Basti pensare che solo nel nostro paese “sostenibilità” significa oltre 200 miliardi di euro, ovvero gli investimenti previsti nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per sostenere e trasformare la nostra economia, cioè il nostro modo di vivere e lavorare. Le parole hanno qualcosa di magico: per svelarle a volte basta il gioco dello specchio che riflette al contrario. Se dobbiamo perseguire la sostenibilità ciò significa una cosa sola: stiamo vivendo in modo insostenibile.
Economia lineare? No grazie
Grande. Più grande. Ancora di più. La quantità – acciaio, carbone, petrolio, legno, cemento e ogni altro bene – è il criterio fondamentale delle economie lineari. Nate alla fine del XVIII secolo agli albori della civiltà industriale, portate a perfezione dai processi fordisti-tayloristi, le economie lineari creano sistemi produttivi basati sul paradigma di risorse infine trasformate infinitamente da una produttività infinita. A Ovest come a Est, nelle economie di mercato come in quelle sovietizzate, è il numero, la quantità, di ciò che si estrae, si taglia, si fonde, si trasforma e si produce, il metro che determina la forza di un’impresa e di un paese senza limiti né confini. Sarà il “Rapporto Meadows” del Club di Roma sullo stato del pianeta e la crisi petrolifera degli annni ’70 a far riflettere sulla insostenibilità dell’economia lineare.
Sostenibilità, come nasce una parola
Il concetto di sostenibilità è stato introdotto per la prima volta nel 1972. Tuttavia soltanto nel 1987 (con la pubblicazione del rapporto Brundtland) viene definito l’obiettivo dello sviluppo sostenibile; dopo la conferenza ONU su ambiente e sviluppo del 1992, ha assunto dignità di paradigma. La necessità di perseguire la sostenibilità nasce in primo luogo dallo studio dei sistemi ecologici e dei fattori che influiscono sulla stabilità dell’ecosistema; le ricerche successive hanno poi dimostrato in modo inequivocabile sia il cambiamento climatico sia il rischio di alterazioni irreversibili. Si è così diffusa la tendenza a valutare la sostenibilità in termini di aree geografiche e di programmi di sviluppo. Si parla così di sostenibilità urbana, dell’agricoltura, di turismo sostenibile eccetera. In tutti i casi i criteri di valutazione considerano come unico insieme la sostenibilità ambientale e quella economica e sociale.
Dall’ambiente alle persone
Da allora il concetto di sostenibilità ha compiuto una profonda evoluzione. Partendo da una visione centrata sugli aspetti ecologici ha assunto una valenza più generale che tiene insieme oltre alla dimensione ambientale anche quella economica e sociale. I tre aspetti sono quindi considerati parti sinergiche di un tutto integrato e sistemico che ha portato a una definizione di progresso e benessere che supera i confini tradizionalmente misurati dal PIL. Una rivoluzione a tutti gli effetti: per la prima volta si abbandona il concetto di ricchezza fine a sé stessa perseguita in ogni modo e con ogni mezzo. Si inizia a concepire la creazione di benessere e ricchezza considerando la prospettiva temporale: la crescita non deve essere prodotta a discapito delle generazioni future alle quali va garantita una qualità della vita non inferiore a quella attuale.
L’impegno di tutti i paesi
Nel settembre 2015 tutti i paesi hanno firmato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile sottoscrivendo 17 SDG (Sustainable Development Goals) e concordando un elenco di cose da fare per le persone e il pianeta. In concreto, i leader mondiali si sono impegnati a porre fine alla povertà, a proteggere il pianeta e a garantire che tutte le persone possano godere di pace e prosperità. I 17 SDG, insieme all’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, rappresentano il quadro di riferimento internazionale in materia di sviluppo sostenibile da un punto di vista economico, sociale, ambientale.
Circolarità, rinnovabilità, sostenibilità
Il nuovo paradigma si basa su tre fattori chiave: l’uso di risorse rinnovabili; il riutilizzo dei materiali in successivi cicli produttivi per ridurre al massimo gli sprechi; la sostenibilità ambientale quale stella polare di ogni scelta economica e produttiva. Un approccio che tiene conto anche del benessere sociale, ossia la relazione che corre tra le variabili economiche che concorrono a definire la qualità di vita delle persone. I 17 obiettivi dell’Agenda 2030 nascono dalla consapevolezza che negli ultimi 70 anni la crescita economica non ha portato benessere per tutti come si era pensato sarebbe accaduto. Anche se milioni di persone nel mondo sono uscite dalla povertà estrema ed hanno avuto accesso all’educazione e ai servizi sanitari, sono tuttavia risultati evidenti anche i limiti alla crescita: non può essere infinita in un mondo con risorse finite. E’ ormai indiscutibile che la crescita di alcune aree del mondo sta andando ad erodere le opportunità di sviluppo delle altre.
Conseguenze per le imprese
Le aziende che vogliono agire in modo sostenibile devono prendere in considerazione tre dimensioni: quella sociale, quella ecologica e quella economica. Inutile sottolineare come la sostenibilità economica rappresenta il requisito fondamentale. Senza una base finanziaria solida non è possibile svolgere nessuna attività imprenditoriale a lungo termine. Tuttavia un’azienda può crescere in modo sostenibile solo se insieme agli obiettivi economici persegue obiettivi ecologici e sociali. Un esempio semplice ma di impatto potenzialmente enorme è lo home-working: se le persone sono messe in condizione di lavorare anche da casa, non solo si riduce l’inquinamento da pendolarismo ma è diventa possibile impegnarsi anche a livello sociale grazie agli orari di lavoro flessibili. Le persone motivate, libere di definire in modo più flessibile le proprie attività, di norma aumentano la propria produttività e la qualità del loro lavoro.
Misurare la sostenibilità
Fermo restando che in un’economia sostenibile la misura del successo non si riduce al calcolo del ritorno sul capitale investito ma anche in termini di vantaggi per l’insieme della società, sono stati messi a punto report di sostenibilità – obbligatori per le aziende più grandi – e bilanci del bene comune. Questi ultimi sono strumenti che “mettono a bilancio” iniziative come, ad esempio, la realizzazione di un asilo aziendale, il sostegno a un’associazione a finalità etico-sociale, o la promozione del capitale intellettuale dell’azienda.
Un libro dei sogni?
“Può darsi che non siate responsabili per la situazione in cui vi trovate, ma lo diventerete se non fate nulla per cambiarla.”
(Martin Luther King)
Gli impegni sottoscritti da tutte le nazioni possono sembrare l’ennesima solenne dichiarazione di principio, una delle tante di cui le tragiche esperienze del secolo scorso hanno rivelato la vacuità. Il cambiamento è per definizione la cosa più difficile. Lo è per gli esseri umani come per le organizzazioni e le istituzioni. Diventare sostenibili significa in buona sostanza smettere di essere un peso (insostenibile) per il pianeta. Un obiettivo incredibilmente complesso che tuttavia non lascia adito a scelta: i 7 miliardi di persone che vivono, lavorano e sognano un presente dignitoso e un futuro migliore per la loro progenie non hanno un pianeta di riserva su cui trasferirsi in caso di insuccesso.