Innovazione e Sostenibilità
Comprendere la differenza tra «realtà» e «reale» salverà noi e il nostro pianeta
Di
Gian Luca Bianco
Ho scelto di me una fotografia non posata, perché considero l’imprevedibilità della vita la sua anima fondamentale.
Mi preparo molto, amo studiare, mi piace approfondire qualunque argomento che riguarda l’essere umano, le relazioni con l’insieme e con la natura. Sono sfacciatamente curioso di ogni espressione artistica, scientifica, tecnologica, filosofica, creativa e allo stesso tempo mi piace dimenticare ogni cosa appresa per immergermi nell’esistenza e vivere in libertà lasciandomi sorprendere e cercando di cogliere le opportunità che mi raggiungono. Sono regista, un’etichetta che vuol dire tutto e nulla, mi piace pensarmi essere umano di passaggio sulla terra insieme ad altri 7 [...]
Il reale è ciò che resiste al potere dell’interpretazione. Il reale non coincide con la realtà poiché la realtà tende a essere il velo che ricopre l’ asperità scabrosa – «inemendabile» – del reale.
Jacques Lacan
Jacques Lacan
Mi sono reso conto, perché io stesso spesso ho frainteso quale sia la differenza tra realtà e reale, che sempre più spesso sento considerare come sinonimi. Voglio invece provare a definire questa differenza dopo che ne ho sperimentato e compreso il significato. La realtà è la realtà concreta della cui esistenza nessuno può dubitare. La realtà di una forchetta sul tavolo in cucina o di una forte nevicata sopra i tetti sono fatti in sé, accadono di fronte a me, non sono proiezioni della mia coscienza o del mio inconscio.
La realtà, di fatto, ha due caratteristiche, la prima: è indipendente dalla mia volontà; la seconda è che è permanente e mi coinvolge.
Se mi guardo allo specchio non mi stupisco di vedermi, anche se l’immagine che ho di me spesso non coincide con l’immagine riflessa allo specchio e nonostante ciò mi riconosco. Ugualmente se guardo la forchetta sul tavolo non dubito che sia una forchetta, che possa essere utilizzata per portare del cibo alla bocca e che possa essere utilizzata, per esempio da mia moglie, al suo ritorno. Per queste qualità di permanenza e di indipendenza dalla mia volontà possiamo definire questo stato con una parola: sonno.
Frequentiamo la nostra vita quotidiana in maniera abitudinaria, oserei dire meccanica, così come mi vedo allo specchio e vedo la forchetta sulla tavola. Abbiamo la tendenza ad addormentarci e siamo certi che la realtà risponda ad un certo ordine: io sono io. La forchetta è la forchetta. La neve è la neve. Quando camminiamo per strada non ci interroghiamo sulla possibilità che un palazzo di fronte a noi possa crollare o sprofondare nel terreno pieno d’acqua o addirittura non esistere, noi abbiamo fiducia in quel che vediamo e siamo certi che oggi c’é pertanto ci sarà anche domani.
Questa è la nostra routine della realtà.
E il reale? Allora, quando incontriamo il reale?
Ricordo di aver fatto un percorso con una psicologa e con la terapista avevamo individuato nei brutti sogni dei segnali importanti da non sottovalutare e quindi da tenere in considerazione, addirittura trascrivere su un taccuino. Vi è mai capitato di svegliarvi di soprassalto per un incubo e non riuscire a riaddormentavi?
Questa condizione ci avvicina al limite evidenziandoci la verità, per questa ragione la prendiamo in considerazione molto attentamente, ne restiamo quasi scioccati. Di fatto l’incontro con il reale è sempre un incontro con un limite, è sempre un cazzotto in faccia o nello stomaco che ci risveglia dal sonno in cui siamo piombati. L’apparizione improvvisa di un disturbo che minaccia una malattia imminente, la perdita del lavoro che mette in pericolo la nostra vita e quella della nostra famiglia, la rottura traumatica di una relazione, un incidente sono i segnali evidenti ma per fortuna non parliamo solo di accadimenti negativi, perché anche un nuovo amore o la nascita di un figlio o un’esperienza vissuta intensamente o l’incontro con un opera d’arte, con una scoperta scientifica, tutto ciò che ci risveglia dal sonno della realtà, è reale. Il reale è ciò da cui non si può fuggire, non ci si può nascondere, è il memento mori che improvviso spezza il sonno della normalità della realtà.
Istantaneamente tutto è messo in discussione: sono io allo specchio, quella forchetta è solo una forchetta, che cosa è la neve sul tetto?
Se provassimo a dare una definizione del reale come afferma Massimo Recalcati “potremmo dire che non coincide mai con la realtà ma è ciò che la scompagina”, allora spiego le ragioni di questo articolo. Mi domando da anni e mi adopero nel sensibilizzare le persone che mi circondano al tema dei cambiamenti climatici, tema che non riesce a sfondare la barriera della quotidiana routine della realtà. Secondo il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Walter Ricciardi il mondo scientifico è compatto nel sostenere che gli effetti sulla salute diretti ed indiretti attesi nel futuro saranno tra i più rilevanti problemi sanitari da affrontare nei prossimi decenni:
“La certezza che oggi abbiamo conseguito sul fatto che il degrado ambientale e i fattori climatici siano correlati all’aumento dei rischi per la salute, deve diventare per noi assunzione di responsabilità a creare una rete globale per vigilare sugli scenari futuri e promuovere una prevenzione che parta da ognuno di noi trasformandosi in uno sforzo corale. Ogni Paese deve fare la sua parte. Abbiamo due generazioni ovvero 20 anni per salvare il pianeta dai cambiamenti climatici e dagli effetti devastanti che questi avranno sulla salute dell’uomo e dei territori, poi potrebbe essere troppo tardi”.
Non è mia intenzione spaventare, non funzionerebbe, spero soltanto che siamo arrivati al momento del grande colpo di reni per provare a superare l’empasse e in condizionamenti che ormai attanagliano molti di noi e in troppi paesi del pianeta, che sono governati tra l’altro da personalità poco inclini al cambiamento e soprattutto incapaci di accettare l’evidenza dei fatti. Siccome le vere rivoluzioni nascono dal basso non aspettiamo di subire un trauma per risvegliarci e scoprire che è troppo tardi, cominciamo a prendere in considerazione la possibilità di vivere in un modo più consono al nostro pianeta e noi stessi rompendo qualche piccola abitudine, i danni sono ormai così evidenti che se oggi decidessimo di chiudere gli occhi e tornare a dormire, non è detto che avremo altre occasioni di venire a contatto con il reale e questo sarebbe la sconfitta prima di tutto dell’umanità.