Ai tempi della rivoluzione delle competenze, punta a una formazione che superi la prova del tempo
La rivoluzione digitale cancella molte delle competenze professionali che acquisiamo e impone un aggiornamento continuo per apprenderne di nuove. Ma non è tutto. Bisogna capire quali siano anche quelle che dureranno più a lungo e saranno la spina dorsale di un profilo professionale solido, senza troppe correzioni e improvvisazioni lungo la strada.
Skills revolution
In modo quasi bipolare, l’evoluzione digitale ci bombarda di due tipi di stimoli, uno negativo ed uno positivo, entrambi basati su presupposti reali, corretti e fondati.
- Con il messaggio positivo, ci vengono presentate ogni giorno le nuove opportunità date dal web, dai sensori, gli algoritmi, gli smartphone, i codici, i droni, le app, i social network. Strumenti e innovazioni che ci offrono un ventaglio infinito di nuove possibilità di trovare lavoro o fare impresa.
- Il messaggio negativo fa altrettanto, ma va nella direzione opposta: l’industria 4.0, l’Intelligenza Artificiale, l’automazione, la robotica, le piattaforme digitali, la disintermediazione, i sistemi predittivi, sono elementi che in un futuro quasi già presente elimineranno una lunga serie di figure professionali, e con esse una grande fetta di competenze professionali.
Che si scelga di ricevere l’uno o l’altro dei due messaggi, decidiamo generalmente di affrontare questa rivoluzione delle competenze dal lato positivo: prendendo la strada nuova. Come?
I professionisti hanno cercato e cercano di inseguire le competenze nuove. Oggi sono quelle digitali, ma è accaduto lo stesso con Internet e Inglese; e spesso lo fanno con errori di valutazione, dispendio di tempo e percorsi disordinati. Ma la direzione è giusta.
Anche le aziende – non sempre ma ci provano – hanno scelto di fare formazione nella direzione altrettanto giusta di queste competenze nuove.
Idem fanno le istituzioni, anche se con lentezza, ed hanno scelto di investire denaro per condurre il lavoro verso queste nuove attività.
Caccia alle nuove competenze
Per tutti, il modo in cui oggi si aggredisce la skills revolution è più o meno lo stesso. Chi studia, lavora o dà lavoro:
– si prepara sulla programmazione software (ci sono corsi di coding anche per i più giovani);
– si iscrive a corsi sull’Intelligenza Artificiale;
– propone aggiornamenti sul digitale ed i suoi relativi linguaggi;
– fa formazione diretta all’utilizzo dei social network;
– arricchisce il proprio curriculum con l’apprendimento all’uso dei Big data;
– segue piccoli corsi sulla creazione di app;
– prende il patentino per usare un drone.
In generale, nel momento dell’iscrizione a scuola, pensando al primo lavoro, ad una svolta professionale, ad un salto di carriera, o ad un aggiornamento in piena corsa, l’approccio è: sono in arrivo nuove competenze e devo farle mie per non restare fuori dal mercato.
Competenze durevoli
Vero e giusto. Tutto questo è utile ed efficace, e ci proietta verso il futuro in modo aggressivo e fortemente positivo. È una direzione coraggiosa, che interpreta così i due messaggi iniziali: il digitale spazzerà via tante delle cose che sappiamo fare, forse più del 50%, ma ci darà anche grandi opportunità. Per questo andiamo a caccia delle nuove forme di sapere, pratico o teorico.
Infatti, durante il lungo viaggio del nostro lavoro, dal grande sacco delle cose che sappiamo fare ne toglieremo una grossa parte, e via via ne metteremo un’altra.
Questa continua corsa per la sostituzione è però solo uno dei due modi con cui affrontare il processo obbligato imposto dall’evoluzione del digitale e da tutto ciò che si presenta come nuovo ed innovativo.
L’approccio ideale, quello completo, si orienta verso le cose estremamente nuove, quelle di frontiera, ma anche verso quelle durevoli.
Di fronte alla prospettiva che molto del nostro sapere professionale sia sempre più precario, è infatti saggio scegliere di apprendere anche le competenze che hanno una data di scadenza molto più distante nel tempo; quelle che resisteranno di più al cambiamento ed hanno i minor tasso di obsolescenza.
In ogni settore, ed in particolare nella sanità, nella distribuzione, nel food, nei media, nelle costruzioni, nel credito, ci sarà qualcosa da cancellare e rinnovare, che impone ad aziende, professionisti e istituzioni una buona dose di adattamento e resilienza.
E ci sarà anche una buona dose di conoscenze e abilità durevoli, che non andrà perduto nel tempo, ma anzi conserverà valore e si incastrerà via via con le parti nuove del lavoro e del prodotto. La scommessa è scoprire quale sia, e investire tempo e denaro anche lì.