Le aziende non cercano più gli esperti, ma gli appassionati
Di tutti i contesti tecnologici nuovi, i social network sono quelli in cui il sapere è messo più a repentaglio. Come? La nuova logica dei “pari” che li regola, rende possibile a chiunque di intervenire in ogni dibattito, senza credenziali.
Questo nuovo regno senza gerarchia mette l’esperto a dialogare “pari a pari” di fianco al dilettante che si immerge in un argomento senza averne la dotazione scientifica o culturale. Un libro lungimirante di Tom Nichols, esperto di strategie militari, mette bene in evidenza il fenomeno, e lo definisce “la morte dell’expertise” (The Death of Expertise, Oxford University Press).
Come si orientano le aziende
Come si comportano le aziende in un perimetro così indefinito, che ora non tocca solo Facebook, ma anche contesti in cui la professionalità e l’esperienza dovrebbero essere il biglietto da visita di chi entra, come LinkedIn?
Com’è possibile, per chi assume dei professionisti, circoscrivere proprio la professionalità, una volta marchiata dall’esperienza e dallo studio? Come è possibile per loro orientarsi, e cercare con lucidità i migliori talenti da mettere in azienda, in un mondo in cui tutti sono esperti – quindi nessuno è davvero esperto?
Chi sono gli esperti?
Va subito detto che gli esperti ci sono ancora, e sono proprio quelli che hanno formato la loro expertise – dice Nichols – o con l’esperienza o con lo studio. E chi ce li ha tutti e due è il più titolato a esprimere giudizi e valutazioni, e quindi a trovare spazio nel mondo del lavoro.
In un mondo in cui anche l’expertise è uberizzata e disintermediata, bisogna ammettere la difficoltà delle imprese a qualificare e certificare l’esperienza, soprattutto perché le tecnologie stanno diffondendo involontariamente un nuovo culto giovanilistico, in cui l’inesperienza è un valore, gli startupper insegnano strategie e raccontano le loro storie di successo a chi magari fa impresa da anni.
Il chirurgo, il chimico, il biologo, il designer sono sempre ben protetti, perché hanno campi d’applicazione e conoscenze specialistiche molto marcate e giustamente difese. Ma sono sempre di più i mestieri in cui un curriculum vario può comunque sommare esperienze “laterali” che a un certo punto della vita professionale sono convergenti.
Passioni e ossessioni
Non si sa ancora se tutto questo sia un bene. In ogni caso le imprese si stanno districando in un modo piuttosto nuovo e originale per ovviare a una sempre maggiore liquefazione dell’expertise: cercano gli appassionati.
In che senso? Passione è una delle parole più usate nel CV (passioni e hobby: pesca, tennis, calcio, lettura…) e si trova nell’ultima pagina; ma non si intende questa accezione. O meglio, il significato è sempre lo stesso, ma le aziende cominciano ad andare subito in fondo, per capire se la passione del candidato coincida con la professione che stanno cercando.
Un esempio? Una grande azienda di prodotti sportivi sta cercando un direttore della comunicazione: esperienza, capacità, risultati e precedenti esperienze. Sì, ma non l’ha ancora trovato, perché? Lo vuole alpino, appassionato di montagna, magari con “gli scarponi ai piedi e corde e moschettone in spalla”.
Esperto = appassionato
Ecco la nuova frontiera dell’HR. Non si sa se tutto questo consista in una sfida migliorativa che accresca la capacità di selezione o un adattamento darwiniano a un’offerta di lavoro che cambia. È certo che il tentativo, nuovo e forse bizzarro delle imprese, è quello di sostituire l’esperto con l’appassionato, o l’ossessionato del core business dell’azienda.
Ovvero? Proviamo a fare un giro da Decathlon e buttare un occhio alle bacheche di ricerca personale esposte prima dell’uscita: “Cercasi capo reparto trekking esperto di montagna”, “Cercasi pescatore per reparto pesca” …
La “cattura” del blogger da parte delle aziende – persone fisiologicamente ossessionate dall’argomento per cui scrivono, su cui si documentano e di cui discettano – cos’è se non un tentativo di dare la caccia professionale ai nuovi esperti?
Vantaggi
Resta un grande dubbio: chi garantisce la conoscenza dell’esperto e chi quella dell’appassionato/lover/addicted? In ogni caso questo nuovo modo di intercettare talenti ed expertise è piuttosto improvvisato e non sappiamo ancora se porti risultati duraturi e convincenti, ma per ora è una delle poche possibilità di districarsi in un mondo che grazie alle tecnologie, sconvolge le gerarchie del sapere.
Ecco alcuni dei vantaggi che per ora provengono da questa nuova strategia di preferire l’appassionato di settore all’esperto:
– l’appassionato garantisce abnegazione, lavoro continuo e orari impossibili;
– sa intercettare le novità e segue il settore in maniera ossessiva;
– sa guardare l’azienda dalla parte del cliente;
– sa valutare le innovazioni dalla parte del consumatore.