I casi Uber e Airbnb: la sharing economy è un nuovo paradigma o semplicemente un nuovo monopolio?
La sharing economy è una tendenza che potrebbe diventare il paradigma principale della nuova economia. Grazie a interazioni tecnologiche e dei social media, questa realtà sta esplorando un potenziale che può compromettere le forze tradizionali, con i clienti che diventano fornitori dei servizi e agiscono come catalizzatori per immettere nel sistema risorse e beni che normalmente non sono sfruttati.
Ora il punto è capire e definire bene cosa si intenda per “sharing”. Infatti è in corso un cambiamento nella nostra società che sta imponendo condivisione, partecipazione, trasparenza e collaborazione come nuovi fondamenti dell’economia e della società. Insomma la sharing economy sta diventando una questione molto calda.
Nel 2010 Rachel Botsman ha iniziato a delineare un cambio di paradigma nel libro What’s mine is yours, nel 2013 The Economist ha legittimato questo nuovo tipo di economia dedicandogli una copertina e nel 2014 PWC ha prodotto un interessante lavoro di sistematizzazione, secondo cui, a giustificare la svolta verso i modelli partecipativi di condivisione e collaborativi, operano oggi quattro macro trend, ovvero innovazione tecnologica, cambiamento climatico e scarsità delle risorse, rapida urbanizzazione, cambiamenti socio demografici.
Lo scorso gennaio, dopo un anno di progettazione, abbiamo realizzato a Matera la prima Sharing School al mondo, nata dalla collaborazione di sette realtà innovative italiane: Casa Netural, Collaboriamo, RENA, LabGov, Ouishare, Avanzi e Societing.
Quindici docenti e tre startup (Gnammo, TimeRepublik e BlaBlaCar) hanno lavorato con 36 studenti da tutta Italia insieme a Neal Gorenflo di Shareable, un’organizzazione americana leader nel campo dell’economia della condivisione e di pratiche collaborative. Abbiamo pensato che fosse urgente e necessario creare uno spazio di apprendimento, scambio, confronto e progettazione sulla sharing economy per una serie di motivi. Innanzitutto crediamo sia un’opportunità per i cittadini e per le comunità per favorire coesione sociale, salvaguardia dell’ambiente, e creare nuove occasioni di lavoro e di risparmio. Poi, mentre siamo consapevoli che è sempre più necessario ottimizzare le risorse che abbiamo in circolazione, siamo convinti che possa aiutare a diffondere innovazione, e a supportare la nascita di nuovi progetti.
L’evento di Matera ha trasformato tutti partecipanti in una community. Persone che si sono riunite portando con sé le esperienze delle comunità del cambiamento di cui fanno parte e che, grazie a un programma basato sull’approccio learning by doing, si sono formate sui temi e le pratiche della sharing economy. Inoltre abbiamo dato loro la possibilità di sperimentare la collaborazione attraverso un laboratorio di rigenerazione di progetti locali già esistenti. Il programma ha analizzato i trend più recenti e le best practice della sharing economy per fornire gli strumenti necessari per progettare e gestire servizi e beni di comunità attraverso schemi di condivisione e collaborazione. La scuola era pensata per innovatori civici, leader nel settore del non-profit, professionisti dello sviluppo economico, city builder, imprenditori e funzionari pubblici.
Durante la scuola Neal Gorenflo ci ha dato la sua visione della differenza tra due forme di sharing economy: quella “ trans-formational” e quella “trans-action”, che mantiene sostanzialmente le gerarchie sociali. Neal ha parlato della necessità di fare una scelta tra le due tipologie di economie: così come nel film Matrix, una scelta tra la pillola rossa e pillola blu. La pillola blu è una storia sul riadattamento del vecchio paradigma capitalista alle nuove tendenze economiche, dove Uber e Airbnb sono gli esempi concreti di come iniziative di questo filone della sharing economy possono comunque creare monopoli. D’altra parte, la pillola rossa è pura sperimentazione collaborativa ed è ciò che può far risvegliare la realtà.
C’è bisogno di aprire le città, renderle disponibili per l’uso e di attivare i cittadini con un’economia creata da e per la gente. La trans-formational, la pillola rossa, comporta un lavoro intenso, forte determinazione e resistenza ma questo tipo di economia potrebbe portare alla svolta, al progressivo sviluppo dell’open source e far crescere ancor più le migliaia di iniziative locali già esistenti. Pensiamo mercati di agricoltori, spazi di coworking, orti condivisi… Vi è un rinascere del movimento cooperativo e oggi sono circa 250 milioni gli operatori delle cooperative che hanno un obiettivo sperimentale e che sono più resilienti rispetto a chi lavora in altri tipi di struttura.
Un altro aspetto è il riemergere delle sharing city come le città possono essere trasformate in città collaborative o co-cities, ovvero luoghi dove le persone condividono, l’amministrazione collabora e le imprese fioriscono, tutto grazie a un approccio economico orientato ai beni comuni. Questa è la conferma che l’economia collaborativa non è solo sui progetti isolati e sparsi di condivisione della mobilità, start-up e crowdfunding civica.
L’innovazione sociale comporta una rinascita delle città in un contesto più ampio, mentre i cittadini sono le locomotive del cambiamento e le amministrazioni pubbliche sono l’infrastruttura abilitante. Le città che in questo momento in Italia si stanno confrontando maggiormente con questa tematica sono i grandi centri, in primis Milano, Firenze, Bologna e Roma. Bisogna rafforzare i processi di cittadinanza attiva e di imprenditorialità attiva, promuovere un dialogo costante tra i cinque attori della governance collaborativa (la PA, i cittadini, le imprese, le istituzioni cognitive e il terzo settore) e creare una “via italiana” per la condivisione. Dove la vera condivisione è centrata sulla restituzione del valore per la comunità.
Non è un caso che noi abbiamo deciso di portare la scuola in periferia, a Matera, Capitale della Cultura 2019, perché la sharing economy ha una carica fortemente innovativa proprio in periferia e crediamo sia un’ottima occasione anche per il sud Italia. Quindi, se scegliamo la pillola rossa, allora la sharing school diventa indispensabile per una trasformazione di tutto quello che ci circonda. E la speranza è che possano nascere sharing school ovunque nel mondo.