Il branding più efficace è quello che i nostri dipendenti fanno sui social
Qualche settimana fa un ospedale pubblico ha messo uno stop a Facebook e Twitter, vietando ai dipendenti di fare post dedicati all’ente sui social. Visto che succede sempre più spesso anche in aziende private, è arrivato il momento per condividere alcune riflessioni. Dal punto di vista legale, niente di sorprendente: stiamo parlando di un ente pubblico e l’informativa riprende alcune norme vigenti. Quindi tutto nella norma? Nì.
Molto spesso le organizzazioni vietano l’accesso social ai dipendenti, appellandosi ai motivi più svariati. La normativa, come in questo caso, ma non solo: purtroppo però giocano sulla difensiva, non creando valore aggiunto per il brand. Ed è un gran peccato.
Dal punto di vista strategico, infatti, ci si dimentica che i dipendenti sono i primi stakeholder di qualsiasi organizzazione. Creare una strategia in grado di coinvolgere – fra le altre cose – chi lavora in un’azienda è un fattore vincente, soprattutto nel social media marketing.
Primo tema: l’informazione.
Partiamo dal caso in questione: è fatto divieto a tutto il personale in servizio, nell’esercizio delle proprie funzioni, di intrattenere rapporti con i mezzi di comunicazione, rilasciare dichiarazioni o interviste, in quanto i rapporti possono esser intrattenuti solo dal rappresentante legale dell’Azienda. Sebbene in linea teorica sembri condivisibile, chi conosce a fondo il social media marketing si trova in difficoltà.
Faccio un esempio. Un dipendente pubblica su Twitter una foto con questo testo: che disordine oggi nel mio ufficio. Direste che ha rilasciato dichiarazioni ai mezzi di comunicazione? Tecnicamente no. Ma se un giornale locale riprendesse quel tweet per un articolo di denuncia alle cooperative di pulizia? Io anni fa ho rischiato un caso molto simile.
Secondo tema: i ruoli
Il codice di comportamento dei dipendenti pubblici prevede che la comunicazione sia affidata a soggetti determinati, anche per offrire notizie non contraddittorie, ponderate e che riflettano in modo corretto l’immagine dell’ente/azienda.
Mi chiedo: perché porre l’accento solo sul vincolo (corretto) e non anche su una buona pratica?
Il social web è un mondo troppo destrutturato, complicato, ricco e articolato per limitarsi a un divieto.
Terzo tema: l’immagine dell’Ente.
Troppo spesso ci si dimentica di due principi base del social media marketing: il dipendente è (o dovrebbe essere) il primo ambasciatore di marca (brand lover) dell’organizzazione e il brand di una organizzazione è influenzato dal personal branding dei propri dipendenti.
Tradotto: se vuoi migliorare l’immagine di un brand, non escludere i tuoi dipendenti nel processo strategico di social media marketing.
Quale soluzione?
Un progetto strutturato, condiviso a più livelli, di stampo nettamente multidisciplinare perché deve coinvolgere molte competenze in azienda. Possiamo chiamarla social business strategy: un approccio integrato che valorizzi relazioni e informazioni dell’intero ecosistema aziendale, partendo proprio dai dipendenti.
Per ottimizzare quindi la comunicazione esterna, si inizia a consolidare quella interna, affiancando ai meri adempimenti normativi una serie di attività strategico-operative finalizzate a:
- Valorizzare le competenze interne
In ogni azienda lavorano esperti in varie tematiche: individuiamo quelli adeguati e selezioniamoli per un possibile percorso di sviluppo dedicato al personal branding. Avere persone note nella propria organizzazione, con delle regole di gestione sui social, è più performante rispetto al mero divieto (un po’ caotico) di usarli - Avviare una formazione specifica
Progettiamo per loro un percorso di formazione su strategie e social media, trasmettiamo ai collaboratori informazioni su rischi e opportunità che questi ambienti digitali comportano. Mettiamopoi a disposizione strumenti e kit di utilizzo per gestire la loro presenza online - Scrivere una social media policy condivisa
Definiamo in un documento – frutto del lavoro collaborativo di tutti – un insieme di indicazioni su ruoli, procedure, ambiti di applicazioni e consigli/norme di utilizzo per il social media team e per i dipendenti.
Qui trovate un caso di studio promosso dall’ente pubblico di ricerca dove lavoro. Che ne pensate? Conoscete casi aziendali interessanti dove la gestione del personal branding dei dipendenti è diventata un fattore di successo?