Cos'è il biohacking e come può aiutarci a uscire dalla «zona di comfort»
Biologia dai da te e modificazione corporea: sarà questo il futuro dell’uomo? Ormai da qualche anno in tutto il mondo si sono diffusi gruppi di biohacker che hanno l’obiettivo di trovare sistemi per allungare e migliorare la vita dell’essere umano. Se l’hacker è un esperto di informatica capace di entrare in qualsiasi rete protetta per acquisire informazioni, i biohacker sono persone e movimenti che si occupano di biologia con lo stesso stile. E cioè cercando di entrare nel sistema-uomo per scoprirne tutti i segreti e modificarlo affinché possa funzionare meglio e più a lungo. In realtà il biohacking comprende moltissime cose: microchip da impiantare sottopelle ma anche bevande energetiche. Cioè l’inisieme di tutte quelle sostanze e quegli strumenti tecnologici che possono migliorare l’uomo superandone i limiti fisici. Amal Graafstra, ad esempio, è il fondatore di Dangerous Things, azienda che produce tag NFC da impiantarsi sottopelle che permettono di controllare tutti i device dotati di questa tecnologia. Iniettandosi tra indice e pollice uno di questi “microchip” è possibile aprire automaticamente la porta di casa o accendere l’auto, senza aver bisogno delle chiavi.
Il biohacking è un vero e proprio movimento che si focalizza sulla salute delle persone, ottimizzando il loro stile di vita e agendo sulla prevenzione delle malattie. Secondo il sito del Biohacker Summit, che si è tenuto a Tallin il 14 e 15 settembre, “il biohacking è l’arte e la scienza di comprendere la fisiologia umana per migliorare la salute, la longevita, le performance, la produttività e il benessere dell’essere umano”. Una “ottimizzazione umana” che vuole hackerare la vita delle persone per il loro bene. Ma questo movimento non ha a che fare solo con le tecnologie e con l’idea di un essere umano del futuro molto simile a un cyborg. Kaspars Vendelis è il fondatore del movimento lituano di biohacking (se interessati, la prossima Biohacking Conference si terrà a Riga ad aprile), che punto principalmente a capire come questo fenomeno possa condurci a una vita non solo più sana, ma anche più felice. Secondo Vendelis, che vuole vivere fino a 120 anni, il nostro organismo è un sistema organico che può essere hackerato esattamente come qualsiasi sistema informatico per migliorarne le prestazioni e ottimizzarne le risposte. Non solo utilizzando le tecnologie, ma anche sfruttando tutto quello che abbiamo a disposizione in natura in termini di conoscenze scientifiche. E la chiave per vivere più a lungo (e più felici) sarebbe abbracciare il discomfort. Vendelis afferma infatti che nella lunga storia dell’evoluzione umana, la civilizzazione ha sì portato enormi benefici all’uomo, ma ha reso il suo corpo più debole. Perché l’uomo ha imparato a trovare le energie che gli servivano a superare le difficoltà all’esterno di sé invece che all’interno. Il biohacking invece può aiutarlo a compensare questa sua debolezza rispetto alle situazioni di stress (non solo emotivo ma anche fisico) insegnandogli ad abbracciare il suo discomfort. Un modo diverso di parlare di quanto sia importante imparare a uscire dalla propria comfort zone se si vuole crescere e migliorare. Ma come farlo, a livello biologico? Secondo Vendelis biohackerare il proprio sistema-corpo significa ad esempio non mangiare nel momento in cui si avverte la fame o non indossare un cappotto quando fa freddo. Perché la nostra forza aumenta proprio nei momenti di debolezza. Quindi esporci allo stress (fisico o mentale) diventa un modo per “uccidere” le cellule deboli lasciando spazio per quelle più forti, che ci permetteranno di vivere ancora più a lungo. Ma l’approccio di Venedelis non è così “estremo” come si potrebbe pensare. Per diventare un biohacker è infatti sufficiente iniziare a introdurre nella propria vita quotidiana piccoli cambiamenti che vanno nell’ottica di abbracciare il discomfort, o in altre parole di uscire dalla zona di comfort. Mangiare meno o fare pesi si può tradurre in tagliare gli snack tra un pasto e l’altro o portare le buste della spesa su per le scale. L’importante è avere ben chiaro l’obiettivo da raggiungere e apportare piccole modifiche quotidiane alla propria vita. L’essere umano ha un forte spirito di conservazione, e ha la tendenza ad evitare le situazioni nuove, che lo mettono a disagio. Ma al tempo stesso così facendo limita le opportunità di crescita. Al contrario, mettersi in situazione di disagio (abbracciare il proprio discomfort) come suggerisce anche il biohacking, permette di migliorarsi e crescere. Ma come affrontare un passo alla volta i piccoli o grandi momenti di discomfort che avvertiamo nella nostra vita?
- Il primo passo è domandarsi qual è la paura che ci spinge all’autoconservazione. Che cosa ci spaventa così tanto da non farci agire? Qual è il “worst case scenario”, e cioè la cosa peggiore che potrebbe capitarci se ci mettiamo in quella situazione che ci causa stress? Qual è la scena apocatilicca che ci si para davanti?
- Il secondo passo è domandarsi invece quale sarebbe lo scenario ideale. La situazione che ci farebbe sentire a nostri agio anche in una situazione di disagio. Ad esempio, se uscire con gente nuova mi causa stress, posso immaginarmi quali sono le cose che invece potrebbero rendere questa situazione piacevole. Visualizzarmi mentre, invece che fare scena muta, dico una cosa super-intelligente che stupisce tutti i presenti e che mi fa sentire perfettamente a mio agio, rendendomi l’anima della festa e facendo rimanere sotto ai riflettori perfettamente felice. Quale è insomma la cosa migliore che potrebbe capitarmi?
- Infine arriva il momento della “visione realistica”. Compreso che sia il primo che il secondo caso possono difficilmente realizzarsi, sono in grado di mollare le situazioni paradossali che ho creato nella mia mente e avere una visione molto più realistica di ciò che mi può accadere. Posso creare uno scenario che rappresenta la situazione più probabile che si potrà verificare, con la conseguenza che l’ansia si placa e che riusciamo ad affrontare anche le cose che all’inizio ci sembravano troppo stressanti.
La vita è un susseguirsi di cose che non possiamo controllare. La nostra comfort zone è un porto sicuro dove è bene stare ogni tanto, ma è anche vero che ogni tanto può farci bene anche un piccolo biohacking, e sottoporre il nostro corpo e la nostra mente a un leggero stress per renderli e renderci più forti. E felici.