Un’app per i vaccini, la maxialleanza di 200 colossi del tech
Una piattaforma tecnologica condivisa per consentire alle autorità sanitarie, ai paesi ma anche ai soggetti autorizzati (come le compagnie aeree, ferroviarie o crocieristiche) di sviluppare applicazioni che si parlino, che rispettino la privacy e che siano in grado di certificare in modo garantito lo status di avvenuta vaccinazione di un individuo. Questo, in sostanza, l’obiettivo della Vaccination Credential Initiative, una maxialleanza lanciata qualche settimana fa ma che entro aprile pubblicherà i primi standard tecnologici in formato open source e a disposizione di tutti i soggetti accreditati a progettare e creare app per restituirci almeno un pezzo della nostra vita precedente.
Di iniziative in questa direzione ce ne sono diverse in cantiere, a dire il vero. Sono esperimenti in fase di sviluppo o test per fornire uno status univoco ai certificati vaccinali, all’esito negativo di un tampone o di un test sierologico che dimostri l’avvenuta guarigione da Covid-19. La prima, che infatti integrerà immediatamente gli standard sviluppati dalla VCI, si chiama CommonPass. Si tratta di un’app progettata dal Common Trust Network a sua volta promosso dalla nonprofit ginevrina The Commons Project insieme al World Economic Forum. Insieme a quest’app, ad aprire le danze e integrare le tecnologie proposte dal gruppo di cui fanno parte giganti come Microsoft, Salesforce e Oracle – con Google alla finestra, pronta a entrare nella partita – sarà una analoga, CommonHealth.
In questi mesi di proposte in questo senso ne sono arrivate altre. C’è per esempio la Travel Pass della Iata, l’associazione internazionale delle compagnie aeree. Obbuper la Digital Health Pass di un altro colosso hi-tech, Ibm, che rientra un po’ più nella categoria delle app stock da mettere a disposizione di soggetti differenti, dunque da personalizzare includendo i requisiti necessari all’accesso a bordo di un aereo, di una sala da concerti o di una palestra. L’idea di partenza della nuova iniziativa è che non si può procedere in ordine sparso, ciascuno con la propria applicazione, ma che un po’ come è capitato con le app di contact tracing – anche se senza molto successo, almeno in Europa – occorra muoversi in modo coordinato, condividendo standard tecnologici, application programming interface e garanzie di crittografia e collegamento con i database sanitari. In questo senso bisognerà anche capire quale sarà la decisione della Commissione Europea: se per il suo Digital Green Certificate, di cui abbiamo parlato, deciderà o meno di allinearsi alla proposta statunitense, ovviamente secondo le garanzie per la riservatezza del Vecchio continente mutuate, e magari perfino rafforzate, dal Gdpr, il regolamento europeo per la protezione dei dati personali.
L’infrastruttura open source che dovrebbe nascere da questa collaborazione (ci sono anche molte aziende sanitarie nell’impresa come la non-profit Mayo Clinic o la Cerner Corp che offre soluzioni tecnologiche all’industria della salute, per un totale di circa duecento membri) dovrebbe dunque poter consentire alle più diverse applicazioni per smartphone, basate sugli stessi principi, di parlarsi. E sfornare rapidamente un QR Code anonimo ma garantito che contenga la certificazione della nostra vaccinazione per poter fare ciò che dobbiamo fare.
“L’obiettivo è fornire alle persone accesso ai loro dati sulle vaccinazioni in modo sicuro, verificabile e che rispetti la privacy” ha spiegato un portavoce di Microsoft. Anche Google, come detto, starebbe tenendo d’occhio l’iniziativa – non fosse che otto smartphone su dieci in tutto il mondo sono equipaggiati con un sistema operativo Android – pronta a fare quello che sarà necessario per adeguare i propri sistemi operativi e le proprie applicazioni a framework universali di verifica dell’avvenuta e garantita vaccinazione. La partita della riservatezza dei dati personali sarà comunque quella dirimente: applicazioni di questo tipo avranno bisogno di nome, data di nascita associati a un codice univoco per la vaccinazione visualizzato appunto tramite QR Code anonimo, prodotto collegandosi in modo il più possibile blindato direttamente ai database dei sistemi sanitari ogni volta che è necessario e recuperare l’informazione sull’immunizzazione. In quel modo, come abbiamo già visto in certi paesi del mondo, basterebbe mostrare l’app al personale incaricato o avvicinare il cellulare all’ingresso di qualsiasi mezzo o attività, per esempio al gate di un aeroporto.