Addio all’iPod: ormai la musica ci gira intorno e addosso
Il primo, uscito il 23 ottobre 2001, aveva uno schermo lcd da 2 pollici, la mitica rotella meccanica per la gestione dei menu e un hard disk da 5GB a cui si sarebbe aggiunto il modello da 10. Pesava appena 185 grammi. Il terzo, nell’aprile 2003, mutò la rotella in touch addolcendo il design e introducendo le versioni da 10, 15 e 30 GB oltre a una porta proprietaria a 30 pin, senza dimenticare il supporto all’Usb 2.0. E ancora abbiamo visto le edizioni speciali come quella dedicata agli U2, il colore nella versione del 2005, la versione mini l’anno prima che avrebbe cambiato tutto consentendoci di portarlo ovunque, dalla corsa alla palestra, dinamica che si sarebbe poi accentuata con lo Shuffle del 2007 o alle diverse edizioni del nano. Per concludere con il Touch introdotto sempre nel 2007, con schermo da 3.5 pollici, sorta di iPhone senza connettività, camere e bluetooth.
La storia dell’iPod è quella della transizione musicale dal fisico al “liquido”
La storia dell’iPod è stata, a pieno titolo, la storia dell’epocale transizione dalla musica fisica alla musica “liquida” dello streaming che, alla fine, ha reso improvvisamente medievali anche dispositivi appositamente pensati per la riproduzione musicale. Cioè gli “mp3 player”. Lo scorso 10 maggio, a ventuno esatti dall’esordio, Apple ha dichiarato estinta la gamma iPod, sospendendo la produzione dell’ultimo modello disponibile, l’iPod Touch di settima generazione lanciato nel 2019. E chiudendo, fuori tempo massimo è vero ma pur sempre con un bel carico di nostalgia, un’epoca. Chi vorrà potrà assicurarsene un esemplare – anche a futura rendita collezionistica – fino a esaurimento delle scorte.
L’essenza di iPod è stata trapiantata in ogni smartphone
L’esperienza d’ascolto, senza più neanche la necessità d’acquisto della musica e dei contenuti audio in genere (basti pensare al fenomeno dei podcast e degli audiolibri), è ovviamente da tempo possibile su qualsiasi smartphone, bastano pochi tocchi in una delle tante applicazioni disponibili, da Spotify ad Apple Music con decine di milioni di brani e decine di migliaia di playlist, oltre a contenuti di ogni tipo e algoritmi che ci accompagnano alla scoperta di nuovi artisti, stili e suoni. “La musica è sempre stata nel Dna di Apple. Portarla a centinaia di milioni di utenti come ha fatto l’iPod non solo ha avuto un impatto enorme sull’industria musicale ma ha anche ridefinito il modo in cui le persone la scoprono, la ascoltano e la condividono” ha detto Greg Joswiak, Senior Vice President of worldwide marketing di Apple, nella nota di addio all’iPod. “Oggi, l’essenza di iPod continua a vivere. Abbiamo integrato un’incredibile esperienza musicale su tutti i nostri prodotti, da iPhone e Apple Watch fino a HomePod mini, e anche Mac, iPad e Apple TV. Con Apple Music, poi, possiamo fornire una qualità del suono di altissimo livello grazie al supporto per l’audio spaziale: non c’è modo migliore per scoprire, ascoltare e vivere la musica”. Tradotto: a oltre due decenni dal primo iPod, quella categoria di prodotto – che a dirla tutta esisteva già prima di Steve Jobs e si era già esaurita da tempo – non ha davvero più alcun senso.
Apripista del futuro, non solo nella musica
Se la definitiva digitalizzazione della musica era appunto decollata già dall’epoca del file sharing illegale (chi si ricorda Napster o eMule?) e dei lettori mp3, l’iPod ha – come spesso accaduto con i prodotti Apple – messo insieme con un design formidabile e una usabilità quanto in fondo già esisteva. Con il merito di aver però costruito intorno alla sua fruizione un ecosistema legale e divertente che ha cambiato gli stili di vita consentendo una portabilità prima impossibile, ha penetrato l’immaginario comune dando vita e eserciti di cloni e, appunto, ha aperto la strada alla definitiva liquefazione della produzione musicale. Dopo la scomparsa del supporto – a parte gli appassionati di vinili e qualche fuoco fatuo per le musicassette – è stato dunque ingoiato dall’innovazione ma anche dai gusti degli utenti pure il dispositivo specifico per la riproduzione, integrato in ogni telefono che abbiamo in tasca e di cui l’uscita di produzione dell’iPod ne è il tardivo sigillo. Oggi la musica “gira intorno” e addosso a noi, dagli smartwatch agli smart speaker sparpagliati per casa, si muove su logiche e dinamiche diverse, ha quasi sempre perso il rapporto col supporto fisico e spesso anche la stessa forma album, vivendo di singoli, ep, spezzoni virali, materiale che appena pronto finisce in pasto ai distributori digitali cercando il botto in classifiche a loro volta influenzate dai social, su tutti TikTok e Instagram. In modo in fondo non dissimile da come circolano molti altri tipi di contenuti culturali e della cultura popolare.
Dalle “mille canzoni” che appena vent’anni fa il primo iPod poteva memorizzare nei suoi pochi giga e che dovevamo scaricare o acquistare su iTunes e dunque scegliere con cura sono passati 450 milioni di player venduti da Cupertino in tutto il mondo (dati Loup Ventures): oggi di canzoni a disposizione ne abbiamo oltre 80 milioni, scelte e organizzate per noi dall’intelligenza artificiale. Si chiudono i tempi supplementari di un’epoca a suo modo ineguagliabile per il costume globale.