L'innovazione parte dal modo in cui cerchi lavoro. Scopri come in cinque mosse
Innovazione, innovazione, innovazione. È la parola più utilizzata dopo startup e impresa. Rimane però sempre una parola il cui uso è inversamente proporzionale alla sua applicazione. Viviamo in un mercato che ha delle regole, che possono essere approvate, adottate o criticate, ma che ci sono. L’essere innovativi è una di queste ma se si analizza bene la scena, gli attori che veramente possono essere definiti tali sono ben pochi e soprattutto appartengono a una, massimo due categorie professionali. Gli imprenditori, sempre loro, sono quelli più attivi e non necessariamente per vocazione, spesso solo per necessità. Meglio che niente. Se un’azienda non si presenta come innovativa, o non nasce come tale, sarà esclusa dalla scena senza troppi indugi. Essere innovativi non è una scelta, è una necessità. Ma come fa un’azienda a strutturarsi come innovativa? Basta solo la presenza di un imprenditore visionario? O di un workflow ipertecnologico? O di un prodotto che era nella mente di tutti e che nessuno ancora aveva tirato fuori? Purtroppo no.
Ogni azienda, che sia micro, piccola o grande, rappresenta un sistema che funziona solo grazie all’incastro di particolari competenze e così come non basta un buon maestro per far suonare dei musicisti, serve una costante accordatura tra ogni professionista di quel sistema.
Ecco perché oggi le aziende operano una selezione molto più strategica nella scelta dei collaboratori. Ricerca che, in troppi casi, risulta fallimentare perché sembra sempre più chiaro che a parlare di innovazione ci sono solo pochi visionari in giro. I colloqui di lavoro sovente hanno da un lato quell’imprenditore ma dall’altro candidati dalla presentazione di se stessi standard che testimonia ambizioni ridotte e limitate. Vale dunque la pena capire cosa si aspetta quell’imprenditore ed essere innovativi già solo nel modo in cui ci si presenta. Che non vuol dire essere inconsueti e creativi, ma pratici e strategici. Vediamo come si potrebbe fare in cinque punti:
- Non serve che l’azienda capisca te, ma che tu capisca lei
Lo standard vuole che arrivi all’azienda un curriculum redatto secondo il format più adeguato, quello europeo. È sbagliato? No, piuttosto lo è limitarsi al curriculum. Alle aziende non importa solo sapere cosa sei e che fai, tanto più se non sta cercando te o qualcuno che fa quello che dichiari. Piuttosto all’azienda (innovativa) interessa qualcuno che abbia capito di cosa si occupa, quali competitor ha e l’obiettivo che si è prefisso. Qualcuno che la guardi un po’ svestita. Ovviamente con l’accortezza di non essere invadenti ed evitare di tirare fuori ipotetici difetti. - Intuisci il suo valore aggiunto e aggiungilo
Analizza l’azienda a cui ti presenti, cerca di capire il valore aggiunto che deve avere una realtà simile nel settore in cui opera. Cerca il plus che quell’azienda non ha, portaglielo davanti. Puoi sbagliarti – dichiaralo pure – ma del resto la tua è un’analisi dall’esterno, da consumatore. Mal che vada farai capire che, seppur ci lavorano tanto, quel plus non si vede. - Non dire che sei il migliore, ma che sei l’unico
Questo è un mercato aperto, siamo in tanti a fare la stessa cosa e sicuramente c’è sempre qualcuno migliore di te, per cui non vale la pena dire che si è migliori di altri. Vorrebbe dire galleggiare a mezz’acqua. In questo momento nessuno azienda prende in considerazione qualcosa che ha, piuttosto rimane colpita da qualcuno che porta ciò che non c’è. Dimostrare di avere elaborato un metodo oppure di saperti porre degli obiettivi poco consueti è più profittevole di dire che si è il migliore ad applicare il metodo che usano tutti, o a raggiungere l’obiettivo che altri comunque raggiungono. - Non puoi saper fare bene tutto, ma una cosa sì
Presentarsi a un’azienda che non sta selezionando personale dicendo di sapere fare tutto vuol dire essere disposti a far tutto. Questo vuol dire non essere unici. Studia un plus, che sia solo tuo, e di che sei l’unico a lavorare così, ad avere una caratteristica specifica e utile per quel settore, possibilmente inedita o molto rara. Specializzati in qualcosa che credi sia necessario a chi ti stai presentando. Fai in modo che, anche se non stanno cercando collaboratori, abbiano la sensazione di perdere un’occasione. E non mentire, torneresti in strada di lì a poco. - Quello che sei veramente è fuori dal lavoro
Gli stacanovisti non hanno più spazio, vivono male; gli intelligenti sì, perché usano strategia per vivere bene. Parla del tuo tempo libero, racconta il modo (che sicuramente hai studiato) con cui lo capitalizzi quasi senza accorgertene ritrovandotene i benevoli effetti nel lavoro. E trova qualcosa che non c’entri niente con la professione, è l’unico modo di dire che non vivi per lavorare ma lavori per vivere senza impoverire il valore del lavoro. Oggi vogliono vivere tutti.
Sono cinque spunti tecnici che non dimenticano l’aspetto umano e, quando si parla di innovazione, tecnica e vita reale si fondono senza ritorno perché ogni tecnologia applicata vale se migliora la vita, in ogni settore di mercato. È un modo di proporsi alle aziende che richiede analisi, tempo e dedizione, ma del resto distribuire curriculum a mailing list affollate non è più un buon metodo e dall’altra parte ci sono sempre delle persone che voglio innovare, anche nel modo con cui scelgono i propri collaboratori. Il primo lavoro è su se stessi, e non si è mai troppo bravi.