Come vivono le ragazze oggi? L’Italia è pronta per accogliere le #donnedidomani?
Si è tenuto ieri alla Camera dei Deputati, l’evento Italia: Paese per le donne di domani? voluto da TNS Italia e dall’On. Anna Ascani, in cui si è discusso sul ruolo, le attese e i modelli di riferimento delle trentenni di domani. Un tema molto caldo, ma anche pieno di tante stereotipiche che proprio con questa iniziativa abbiamo voluto contrastare.
Queste riflessioni, di base di natura sociale, economica e politica, hanno dei concreti risvolti per chi fa impresa oggi. Per esempio: come dipingiamo la donna nelle nostre campagne? Come ne parliamo durante i nostri meeting? Quante stereotipie siamo in grado di tirar fuori? Personalmente assisto a molte discussioni su profili che con il tempo si stanno sfuocando parecchio, fino ad arrivare a stereotipie pericolose. Sarà infatti forse per questo che una ricerca condotta da TNS nel 2015 riporta che solo il 19% delle ragazze tra i 15 e i 29 anni dichiara di riconoscersi nelle pubblicità a loro dedicate (studio TNS per Danone, 1.002 casi donne 15-29 anni condotta a marzo 2015).
Come sono allora le ragazze di oggi, le donne di domani? Certamente molto diverse dalle ragazze di 30 anni fa, dalle loro mamme, da diversi punti di vista. Tra gli ambiti più rilevanti per i lettori di questa rivista, riporto: il lavoro, la famiglia, gli acquisti.
Le trentenni di domani e il lavoro
Il lavoro è la preoccupazione più sentita per le donne di domani, alle quali la nostra società sta facendo mancare la prospettiva di un sereno futuro. Nonostante questa forte incertezza di base, ben confermata dai dati sulla disoccupazione giovanile nel nostro Paese, il modo con cui le stesse si descrivono (e quindi il modo con cui vorrebbero essere descritte) è tutt’altro che passivo ed arrendevole, per scelta oltre che per necessità. Un lavoro gratificante è importante per il 77% delle ragazze intervistate, mentre solo il 13% dichiara che, se potesse, rimarrebbe serenamente a casa. Casalinghe disperate? Solo se non riescono a trovare un lavoro, non per volontà o necessità. Anche perché, semmai in famiglia si decidesse invece di avere un “mammo”, la cosa non sarebbe – per il 60% delle giovani donne – nulla di strano o di cui vergognarsi. Il mammo in famiglia o la donna in carriera, quindi, non scuote nessuno e neanche fa ridere, si tratta di una eventualità possibile che non è oggetto di attenzione o creatività. Per capire poi questo segmento fino in fondo basta quasi una sola domanda: “che tipo di contratto lavorativo si confà maggiormente a te?”. Ben il 39% dice libero professionista o imprenditrice!
Le trentenni di domani e la famiglia
3 giovani donne su 4 si vedono sposate entro i 30 anni e il 25% si immagina single: vi sono due mondi estremamente differenti qui in mezzo, tra chi si proietta in un ambiente famigliare e chi invece chiede di essere dipinta in un mondo da nubile, con tutto ciò che ne consegue dal punto di vista pubblicitario. Inoltre, se chiediamo alle ragazze di definirci la famiglia, solo il 25% dice che si tratta di famiglia solo se i componenti sono eterosessuali e con figli. Il 57% dichiara che la famiglia è composta da due elementi eterosessuali anche senza figli e una importante percentuale tra il 37 e il 38% definisce con sicurezza “famiglia” un nucleo fatto di omosessuali, con o senza figli, oppure un single.
Solo il 19% delle #donnedidomani si sente rappresentato dalle pubblicità
Le trentenni di domani e gli acquisti
Oggi molte Millennials vivono in casa e questo fa di questo target un punto di interesse focale, in quanto influenzano, con le proprie opinioni e idee, gli acquisti dell’intera famiglia, al pari o maggiormente della madre o del padre. In ambito alimentare, in particolare, questo fenomeno sta assumendo sempre maggior rilevanza: le ragazze, nella loro famiglia di origine o nella propria, hanno nuovi valori e attese che le loro mamme prendevano in considerazione in maniera molto minore. Per queste, le scelte alimentari sono frutto di una gestione oculata, mirante alla ricerca di un punto di equilibrio che va valutato lungo l’arco del pasto, della giornata e della settimana. Non abbiamo, quindi, di fronte salutiste contro goduriose, ma un insieme di donne che, a vario grado e costanza, decidono per il raggiungimento del loro punto di equilibrio personale. Non hanno, quindi, norme corrette a priori e valide in assoluto e per questo il riportare il consiglio della mamma o della nonna, anche in pubblicità o nei pack, forse non è la scelta più efficace. O meglio, sicuramente non lo è per tutte le giovani donne, visto che il 41% di esse dice che a dare loro le linee guida per la propria alimentazione non è la mamma, ma i mezzi di comunicazione, Internet in primis, e le loro pari.
Qual è, in conclusione, il rischio di portare avanti stereotipi in modo acritico? Semplice, rischiamo di “targettizzare” le nonne e non le mamme nelle nostre campagne pubblicitarie, nelle nostre iniziative di marketing e nella gestione del nostro personale!