Volere è potere, ma senza sapere cosa è una condanna
“Vòlli, e vòlli sèmpre, e fortissimaménte vòlli“, scrisse nel 1783 Vittorio Alfieri al poeta e librettista Ranieri de’ Casalbigi, in quel periodo tra i pochissimi a complimentarsi con lui per la rappresentazione di Cleopatra e per le altre sue tragedie, che all’epoca non avevano riscosso un grande successo.
Alfieri lo cercò, quel successo, e lo volle a tal punto da girare egli stesso a lungo per far conoscere i suoi lavori e dedicò completamente la sua vita a quell’arte in cui voleva eccellere, tanto da essere ancora oggi considerato uno tra i grandi della storia della letteratura del nostro Paese.
Era un nobile, Vittorio Alfieri, e il suo status non gli imponeva di cercare per sé quella gloria, a costo di fatica, impegno e dedizione totale, ma la cercò, la volle fortissimamente e la ottenne. Ci riuscì perché sapeva bene cosa voleva, il dono vero che molti dei più grandi della storia hanno avuto, al di là del proprio talento e grazie alla loro determinazione.
Chi sa davvero cosa vuole è sulla strada giusta per ottenerlo, se ci sono almeno i presupposti minimi, ma è su questa consapevolezza che bisogna lavorare, perché come diceva il Maestro Yoda “No! Provare no! Fare, o non fare! Non c’è provare!“, mentre la maggior parte delle persone passa la propria vita provando senza mai fare davvero, perché non sa cosa, oltre che come. Ma come si può sviluppare questa fondamentale consapevolezza?
Crederci fa sempre bene?
Partiamo da un presupposto importante: c’è un “troll” dispettoso, nascosto dentro ognuno di noi. In realtà le sue intenzioni non sono cattive, ma spesso finisce per ingannarci e per farci illudere o per farci affrontare con spavalderia situazioni in cui altrimenti tremeremmo di paura. Quel troll è il nostro cervello, tra i cui compiti c’è anche quello di farci affrontare la vita con un minimo di sicurezza e di fiducia in noi stessi. Quando lo smascheriamo e ci accorgiamo dei suoi trucchetti, tuttavia, non sempre le cose vanno meglio.
Pensate a ciò che succede durante un esame, ad esempio. Se vogliamo essere sicuri di superarlo e di prendere un buon voto, la sola cosa che possiamo fare è studiare. Alcuni, i più fortunati, riescono a mandare a memoria un numero enorme di nozioni, di nomi, di formule, di date e oltre a questo hanno una capacità di rielaborazione e di esposizione tale da ottenere ottimi voti e da guadagnare la stima dei docenti. Ma non per tutti è così. Ognuno ha i suoi talenti e quello di essere un asso dello studio non è necessariamente alla portata di tutti. Eppure, in un modo o nell’altro, davanti ai docenti che ci devono giudicare ci andiamo ugualmente e, a meno di non aver proprio aperto libro, siamo quasi tutti convinti di essere preparati almeno quanto basta per passare l’esame. Il perché è semplice: quel troll nascosto dentro la nostra testa ci continua a rassicurare, a convincerci che ne sappiamo e che dove non arrivassimo con le nozioni potremmo efficacemente arrivare con l’esposizione, con il ragionamento e con chissà quale altro asso nella manica, spesso troppo corta per nasconderne davvero.
Senza quel troll avremmo paura anche dell’aria che respiriamo, perché nessuno ha tutte le competenze, le capacità e le informazioni che servono per vivere senza rischi e in totale sicurezza. Mettere a tacere quel troll sarebbe dunque un grave errore, ma come possiamo fare per conoscerci meglio ed eludere i suoi inganni?
Conoscere davvero sé stessi e riconoscere i propri limiti
Sia chiaro, il cervello non è il nostro nemico. Quando guidiamo la macchina, ad esempio, cosa che, peraltro, come genere umano abbiamo imparato a fare soltanto da pochi decenni, il cervello non può elaborare tutte le informazioni che ci scorrono attorno. Elabora solo le più importanti, quelle che possono salvare la nostra vita e quella degli altri, mentre le altre le lascia scorrere via, insieme al panorama che cambia. Dovremmo essere terrorizzati da questa situazione, ma non lo siamo. Mentre sfrecciamo a 130 all’ora potrebbe andare storta qualsiasi cosa, ma noi non ci pensiamo e affrontiamo la strada sicuri e tranquilli. Lo siamo davvero? Spesso l’esperienza ci dice di sì, ma lo sappiamo benissimo che ogni giorno ci sono migliaia di incidenti, in giro per il mondo. Il nostro cervello fa dunque bene ad ingannarci? La risposta è sì, se mentre lui ci rassicura, giorno dopo giorno, lavoriamo duro per conoscere noi stessi, i nostri talenti, i nostri limiti e ciò che vogliamo davvero. Sappiamo guidare abbastanza bene per fare i 130 senza rischiare ad ogni metro, ad esempio?
Questa è la base per capire chi siamo, cosa possiamo davvero fare e cosa vogliamo. Il resto sono soltanto percezioni e suggestioni. Da bambini vorremmo fare quasi tutti gli astronauti, i piloti di Formula 1, i calciatori, gli attori, gli scrittori o chissà cos’altro, ma quasi mai tutto questo è ciò che vorremmo davvero. Sono soltanto idee che ci affascinano, nella maggior parte dei casi. In molti altri casi non abbiamo il talento, il fisico, le risorse e, soprattutto, la determinazione a volere davvero, fortissimamente.
Capire cosa vogliamo davvero e coltivare la determinazione
Pensiamo a ciò che sta succedendo in questi anni. Credete che Chiara Ferragni da ragazzina sognasse di fare la fashion blogger? Impossibile, perché quella professione non esisteva fino a pochi mesi prima che iniziasse a farla. Magari sognava qualcosa di simile (modella, indossatrice, show girl), ma il punto è che tra i sogni dell’infanzia e la realtà della vita da adulti passa troppo tempo e troppi cambiamenti.
Cosa vogliamo davvero ottenere lo capiamo nel corso degli anni, scoprendo chi siamo e affrontando questa realtà con coraggio e determinazione. Per farlo dobbiamo metterci alla prova su più fronti, sperimentare con curiosità, sporcarci le mani e bagnarci la fronte e il corpo di sudore. Se fin da bambini i nostri genitori non ci mettono in mano un pallone o un go-kart, non ci trasferiscono nessuna passione e non ci spingono a provare sport e attività, quel lavoro dovremo comunque farlo da soli, se vogliamo capire cosa ci piace davvero, in cosa potremmo diventare bravi e se questo ci stimola abbastanza. A quel punto dipende quasi tutto da noi. Le cose in cui riusciamo meglio non sono quelle che vorremmo? Oppure continuiamo a non sapere cosa vogliamo e quindi ci ostiniamo ad illuderci di volere la prima cosa che ci passa per la testa o per le mani?
Forza di volontà e determinazione non sono da tutti, ma si possono allenare e rinforzare. Essere determinati non significa avere doti soprannaturali, ma convincere noi stessi che abbiamo un obiettivo da raggiungere e perseguirlo con ostinazione. Tutti possiamo fare questo, perché la determinazione non è una capacità per pochi, ma qualcosa che va coltivato, giorno dopo giorno. Una ricetta fatta di molti ingredienti: ambizione, coraggio, capacità di soffrire, impegno, volontà. Quella volontà che Vittorio Alfieri esercitò “fortissimaménte” fino ad ottenere il riconoscimento che la storia gli dimostrò di aver meritato e che i suoi contemporanei faticarono a tributargli. Non sbagliava, lui. Non si era illuso di poter diventare un grande della letteratura senza averne le doti. La sua volontà era chiara e seppe andare oltre i fischi del pubblico, oltre i nasi storti della critica, oltre i pregiudizi legati al suo status di nobile, in un’epoca in cui la nobiltà non godeva più del favore popolare. Ovviamente lui potè farlo perché della sua arte non doveva mangiare. La sua agiatezza lo aiutò molto, è vero, ma molti dei suoi pari preferirono mangiarsi soldi e fortune, piuttosto che impegnarsi in qualcosa di meritevole.
Qualunque sia il nostro ceto, la nostra disponibilità economica e le nostre condizioni, dunque, per non essere condannati a volere ciò che non possiamo o, peggio, ciò che nemmeno sappiamo, il passo più importante da fare è guardarci dentro con grande umiltà e senza pregiudizi. Nessuno ha la strada spianata e nessuno si conosce davvero, finché non si tuffa dentro sé stesso e non accetta l’idea di guardare quello che c’è, senza fidarsi delle illusioni spacciate dal cervello per non farci cadere in depressione.
Conoscersi in profondità è il primo passo. Sperimentare e mettersi in gioco, il secondo. Capire cosa si vuole davvero e allenare una determinazione forte è la strada per arrivarci, se i presupposti minimi ci sono e se un pizzico di buona sorte ci assiste. Quanto a quest’ultima non c’è da temere, perché la buona sorte prima o poi sorride a tutti e quel magnifico troll che abbiamo nella testa ci aiuterà a riconoscerla e a ricambiare il sorriso, se saremo così audaci da sfoderare il nostro coraggio e la nostra determinazione.