Leadership altruistica: il valore della generosità
Nella retorica aziendalistica siamo soliti pensare ai leader come persone capaci, di talento, decise ed ambiziose, ma tendenzialmente egoiste, concentrate prevalentemente su se stesse. Adam Grant, brillante docente universitario americano, nel 2014 pubblicava Give and Take, un saggio in cui inseriva tra le caratteristiche che un leader deve possedere anche la generosità, ossia l’arte del relazionarsi con gli altri in maniera altruistica. Secondo l’autore esiste un ingrediente, spesso trascurato, che “influenza profondamente le prestazioni di alta qualità: come ci si avvicina alle interazioni con le altre persone. Ogni volta che interagiamo con un’altra persona sul posto di lavoro abbiamo una scelta da fare: cerchiamo di avere indietro il valore più alto possibile, o mettiamo in comune il nostro valore, senza preoccuparci di ciò che riceviamo in cambio?”.
Partendo dal presupposto che uno dei fattori che determina il livello personale di successo nel lavoro è legato al modo in cui il singolo individuo si relaziona con gli altri, Grant analizza tre principali stili di relazione, definibili come stili di reciprocità: givers, matchers e takers. Ognuno di questi presenta indubbi benefici ed altrettanti svantaggi. Vediamoli in sintesi.
- Givers. Sono coloro che aiutano gli altri senza attendersi nulla in cambio. Chi manifesta questo stile mostra attenzione ai bisogni altrui, cercando di capire cosa può fare per esser d’aiuto agli altri. Si tratta in generale di persone generose, che per quanto considerino il successo nel lavoro come un fatto individuale, valorizzano l’opportunità di generare un impatto positivo sugli altri.
- Matchers. Sono coloro che aiutano soltanto chi può dar loro qualcosa in cambio. Chi è caratterizzato da questo stile solitamente valuta bene ciò che dà e ciò che ottiene, assicurandosi che vi sia un buon equilibrio tra le due cose. I calcolatori considerano il successo nel lavoro come qualcosa che viene essenzialmente dimostrato dal riconoscimento degli altri.
- Takers. Sono coloro che cercano di prendere dagli altri più di quanto danno. Chi esibisce questo stile ritiene che i propri interessi vengano sempre prima di quelli altrui. Gli egoisti considerano il successo nel lavoro come qualcosa che li rende superiori agli altri.
Ognuno di noi è caratterizzato da un mix fra questi tre stili, per quanto nel tempo uno di essi tenda a prevalere, influenzando così anche il proprio approccio al lavoro e i risultati che si ottengono. Con il racconto di molti casi concreti e riportando i dati di numerosi studi scientifici, Grant nel suo saggio arriva a queste conclusioni:
- i givers sono coloro che conquistano le posizioni migliori nel lavoro, ma anche coloro che possono posizionarsi ai livelli più bassi nelle organizzazioni, in termini di soddisfazione e riconoscimento;
- i matchers e i takers generalmente rimangono nelle posizioni intermedie.
Secondo Grant lo stile altruistico premiante ed efficace è legato ad alcune capacità personali:
- Gestire con efficacia il proprio tempo. Essere generosi non significa essere sempre disponibili per gli altri: occorre autorizzarsi anche a poter dire di no, di rimandare la richiesta di aiuto ad un altro momento, di spegnere il proprio telefono, di non rispondere immediatamente ad una mail, se tutto questo rischia di compromettere quello che di importante si sta facendo. Nella realtà, invece, si tende spesso a stereotipare le persone sempre disponibili come generose e quelle indisponibili come egoiste.
- Valutare la richiesta di aiuto. Essere generosi non vuol dire essere in grado di soddisfare ogni richiesta; si possono fare alcune domande di approfondimento, per capire meglio quale tipo di aiuto si aspetta l’altro e quali possono essere le competenze più adatte, mostrando anche disponibilità ad indicare altre persone più idonee per quel tipo di richiesta.
- Avere chiare le proprie priorità e rispettarle. La generosità non implica automaticamente che i bisogni altrui vengano sempre prima dei propri; piuttosto, occorre riuscire a trovare un equilibrio fra i propri interessi e quelli degli altri, senza considerarli come antagonisti (come tendono a fare i takers) o come interdipendenti (come spesso fanno i matchers).
- Saper chiedere aiuto agli altri, oltre che a darlo. Essere generosi non significa pensare di dover fare tutto da soli; si possono vedere gli altri come persone da aiutare, ma anche da cui poter ricevere aiuto. Questo riconoscimento, inoltre, implica la capacità dei generosi efficaci di scorgere in ogni persona un potenziale di generosità e di altruismo, oltre alla capacità di riuscire ad attivare questo stesso potenziale chiedendo loro un aiuto.
- Comprendere e mettere in pratica la differenza tra prendere e ricevere. Essere generosi non significa dare incondizionatamente anche a chi si cura soltanto di ottenere un risultato per sé. Un atteggiamento altruista si concretizza nel fare qualcosa senza attendersi necessariamente una ricompensa immediata, ma sta anche nell’alimentare nel destinatario dell’aiuto un sentimento di reciprocità.
- Adattarsi progressivamente alle situazioni, riconoscendo per tempo gli approfittatori. La generosità non si esplicita necessariamente nel continuare ad aiutare chi dimostra di essere un approfittatore, ma implica la capacità di mostrare a chi chiede aiuto di dovere e potere contribuire alla risoluzione dei problemi per cui sta cercando supporto.
Molto spesso nei contesti organizzativi si tende a sottovalutare il potere della generosità. Il saggio di Adam Grant, invece, andando oltre ogni stereotipo di stampo buonista, dimostra come un approccio altruista possa apportare benefici concreti ad un’azienda: un clima migliore, livelli di fiducia più elevati, maggiore produttività. Tuttavia, occorre distinguere tra una generosità efficace ed una inefficace. I “generosi efficaci” non hanno l’obiettivo di essere sempre disponibili con gli altri, bensì cercano di capire come possono esprimere la propria utilità, ma avendo anche il coraggio di stabilire delle condizioni, così da rendere tale aiuto sostenibile per se stessi e per gli altri. Ciò che realmente distingue un generoso efficace da un calcolatore e da un egoista risiede nell’autentica disponibilità ad offrire aiuto senza aver pensato a cosa ottenere direttamente in cambio. Un generoso efficace, rispetto ad uno non efficace, mostra di saper far convergere i propri interessi con quelli altrui, cercando di raggiungere un sano equilibrio fra i due livelli.
Wiston Churchill sosteneva che “ci guadagniamo da vivere con quello che riceviamo, ma costruiamo la nostra vita con quello che doniamo”: la generosità può realmente rappresentare un atteggiamento premiante, che nell’equilibrio fra ciò che diamo e ciò che riceviamo favorisce la costruzione di legami autentici e solidi, fondamentali per vivere il lavoro come un’esperienza ricca, gratificante e significativa. L’impegno dei leader aziendali consiste quindi nel saper valorizzare la generosità, intesa come un intagible asset su cui fondare uno stile di direzione e di collaborazione efficace, dimostrando concretamente come le qualità dei givers possano pienamente integrarsi in una cultura organizzativa orientata a far vivere il lavoro con spirito di altruismo.