In un mondo che si nasconde, il cambiamento deve partire da te
Quest’estate sono stato colpito dalle parole di una canzone pop che passava alla radio: “Codardo chi non c’era / A scrivere sul diario da che parte sta la verità / Ma in piazza scendo solo con il cane”. Si tratta di alcuni versi della canzone Non me ne frega niente della giovane cantautrice Levante, anche giudice a X Factor. Nel mezzo di una canzone apparentemente spensierata quelle frasi mi hanno colpito perché profondamente vere: quante volte ci capita di assistere a persone che s’indignano, protestano, criticano ma solo se protetti dalla tranquillità di una tastiera e di uno schermo? “Ho sempre poco tempo per lottare senza il modem”, continua il brano.
Questo mi ha fatto molto riflettere. Ovvio che capita anche a me di esprimere, qui e sui miei profili personali, posizioni più o meno dure rispetto alle cose che accadono nel mondo. Eppure mi sembra che l’atteggiamento di alcuni sia ambivalente: finché sono nell’ambiente “social” si esprimono, fanno finta di essere interessati a ciò che accade nel mondo, si lanciano contro le ingiustizie di questa società; ma a questa furia digitale non corrisponde quasi mai una corrispettiva azione concreta. Le manifestazioni sono vuote, le proteste vanno a vuoto, il mondo continua ad andare per la sua strada.
Non c’è niente di più contraddittorio, secondo me. Le idee – e (quasi) tutte le idee sono legittime, qualsiasi sia il loro modo di ritagliare o catalogare la realtà – devono essere sempre il motore di qualcosa di più grande, di qualcosa che non può rimanere nell’ambito della polemica astratta. Agiamo, contribuiamo, sforziamoci di cambiare le cose. Ma facciamo sul serio, intervenendo nella realtà senza intermediazioni. Quell’abusatissima e spesso banalizzata frase del Mahatma Gandhi, “Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”, è così popolare solo perché è profondamente vera. Se vogliamo che le cose cambino ci dobbiamo spendere in prima persona.
Nel mio libro Il tempo dei nuovi eroi parlo del “seme della possibilità”, ovvero “quella possibilità che ultimamente sta venendo invece rimossa dalle nostre teste e dai nostri cuori da un sistema che ci vorrebbe sempre più passivi e deresponsabilizzati rispetto a tutto quanto sta accadendo attorno a noi”. Eccola un’altra parola chiave: la responsabilità. Quando si parla dei cosiddetti “leoni da tastiera” che insultano e fanno i bulli digitali una delle conclusioni a cui si arriva è: possono dire tutto quello che vogliono sul web tanto nessuno chiederà mai conto delle loro responsabilità.
Invece io vorrei ribaltare questa concezione: qualsiasi cosa venga decantata sui social media deve essere riferita alla persona che la esprime, alle sue azioni, alla volontà di trasformare le idee in realtà. Basta con le deleghe, il menefreghismo e la passività: diamoci da fare, smettiamola di nasconderci dietro alle belle opinioni che spargiamo su internet. “Ben fatto è meglio che ben detto”, diceva Benjamin Franklin che, fra invenzione del parafulmine e l’impegno politico nella Rivoluzione americana, di cose ne fece eccome.
Certo, capisco anche l’obiezione di molti che dicono: ma cosa vuoi che faccia io, persona semplice e senza un seguito, a imprimere la mia volontà nel mondo? Anche qua mi sento di dire: usciamo dalla nostra stanza e dalla nostra solitudine, andiamo là fuori nel mondo a cercare persone che la pensano come noi. Ne troveremo sempre qualcuna, se non molte. E insieme compiremo il cambiamento, faremo evolvere le cose. Tengo sempre ben in mente questa frase di San Francesco: “Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile”. Basta il seme della possibilità, appunto, per realizzare cose prima impensabili.