Sviluppare e coltivare le competenze per la creatività di rete
Del fatto che la creatività e l’innovazione passino da processi di rete e siano fenomeni sociali e culturali molto più che individuali abbiamo parlato in diverse occasioni e articoli.
In questa situazione – dove a prevalere è il gruppo – e il mito del genio solitario è sfatato, si rischia, però, di non porre sufficiente attenzione alle competenze e alle capacità che ognuno di noi dovrebbe sviluppare per essere maggiormente creativo e generale valore per se stessi e per gli altri.
Quali competenze ci aiutano a costruire situazioni più creative?
A questo si aggiunge che parlare di creatività in un contesto di business e organizzativo può farci pensare a qualcosa di molto naïve. La verità è che i processi creativi sono fondamentali in scenari complessi e articolati come quelli che stiamo vivendo negli ultimi anni. Al singolo, quindi, il compito di sviluppare alcune abilità che ci possono aiutare.
Tra le tante:
- Capacità di osservare. Vedere i problemi da un altro punto di vista (re-framing secondo la psicologia), ma anche di osservare la situazione in modo specifico e riuscire a immaginare soluzioni completamente differenti e non definite. È una competenza chiave che ognuno di noi dovrebbe imparare a sviluppare.
- Porsi le domande corrette. Molto più importante del trovare risposte, e strettamente connesso con il punto precedente, c’è la capacità di porsi le domande corrette e di approfondire i problemi che ci troviamo davanti. Questa modalità se applicata come esercizio costante del pensiero critico, può portarci a risultati innovativi. Come sostiene Antony Jay: “Per capire che una risposta è sbagliata non occorre un’intelligenza eccezionale, ma per capire che è sbagliata una domanda ci vuole una mente creativa”.
- Associazionismo / Networking. Non solo nelle idee, ma anche – e soprattutto – nelle relazioni; come sappiamo l’innovazione e la creatività sono fenomeni sociali e dobbiamo saper costruire lo strato necessario per farle fiorire.
Come sostiene anche il padre del connettivismo George Siemens, non posiamo pensare che la conoscenza risieda nei libri o nella testa delle persone, poiché essa è un fenomeno di rete e risiede nelle relazioni tra persone e concetti. È quello che Johansson chiama “l’effetto Medici” a sottolineare il fervore culturale e sociale che attorniava la corte dei Medici a Firenze e che ha dato luogo a tanta creatività e innovazione negli anni a venire. - Sperimentazione. Viviamo nell’epoca dell’MVP e del perpetual beta. Dobbiamo poter sperimentare, dobbiamo saper fare innovazione e cambiare attraverso tentativi. Coltivare – in questo senso – una cultura dell’errore è fondamentale per consentire quella sicurezza necessaria a permettere una sana sperimentazione.
È chiaro che non si tratta di capacità esaustive, e l’elenco potrebbe essere ancora molto lungo. Queste caratteristiche, tuttavia, se ben coltivate, assieme a una buona dose di consapevolezza di sé e di purpose possono sicuramente portarci nella direzione corretta.
Unire le competenze e il purpose
Ed è proprio sul purpose che serve mettere l’accento per sviluppare percorsi creativi attivi all’interno delle organizzazioni, è questo un ruolo primariamente destinato a leader capaci e “illuminati” che sappiano motivare le persone con visioni chiare e definite.
Mi piace spesso ricordare una piccola fiaba legata allo scopo del perché si fanno le cose che riguarda proprio la motivazione e la percezione individuale circa quello che si sta facendo. La storia narra di due manovali all’opera con un lavoro di fatica che alla medesima domanda di una terza persona giunta sul posto rispondono in modo diametralmente opposto: il primo sostenendo di “trasportare pietre”, il secondo affermando di “stare costruendo una cattedrale”. Una contestualizzazione di senso del lavoro davvero notevole.
È fondamentale rispondere a domande relative al perché si fanno le cose più che al come, modalità che negli anni ha afflitto le nostre aziende portandoci a una iper-specializzazione dei processi più che a un vero e proprio senso di quello che – invece – si stava costruendo.
Rete e individuo. Un connubio necessario
Per le organizzazioni diviene quindi fondamentale agire su due aspetti cruciali: (1) la capacità di coltivare e costruire il contesto per fare in modo che i processi di rete e di innovazioni siano in grado di svilupparsi e di prosperare, fornendo gli asset tecnologici, metodologici per la gestione della complessità; (2) accompagnare – attraverso percorsi ad hoc e formazione – l’evoluzione delle competenze delle persone. I percorsi dovranno essere quindi in grado di far evolvere sia competenze tecniche sia di considerare i processi che abbiamo messo in evidenza.
In sintesi, è come sostiene Richard Buckminister Fuller: “Non si cambiano mai le cose combattendo contro la realtà esistente. Per cambiare qualcosa, bisogna costruire un modello nuovo che renda obsoleto quello vecchio”.