8 "tipi social" in cui tutti ci siamo imbattuti almeno una volta
Quando osserviamo le interazioni sui social network ci rendiamo conto, abbastanza facilmente, come ci siano delle reazioni quasi standardizzate a specifici tipi di post. Anche nel nostro giro, tra i nostri amici, sicuramente incontriamo dei “tipini social” che manifestano comportamenti ricorrenti.
Nel mio secondo libro, Social-linguistica. Italiano e italiani dei social network (2017, Firenze, Cesati), identifico 21 tipologie di utenti. L’elencazione, però, non serve per condannarli. Nella mia idea, riconoscere la ricorrenza di certi clichés della comunicazione, vedere come le reazioni degli utenti siano spesso standardizzate, serve anche a noi stessi: in primo luogo, per non cadere in trappole comunicative; secondariamente, per non arrabbiarsi di fronte a un comportamento che è di fatto uno stereotipo comportamentale in cui tutti possiamo cadere, nessuno escluso.
Dei 21 tipini social, ne ho scelti otto da analizzare qui. Per me, i più fastidiosi!
- L’amico scomodo
Ce l’abbiamo tutti: è un amico, o peggio, un familiare, quindi non possiamo semplicemente eradicarlo dai nostri profili social. Però sappiamo con certezza quasi matematica che commenterà ogni post nel modo meno opportuno, magari ricordando agli astanti quell’imbarazzante episodio della nostra infanzia che non abbiamo certo piacere a sbandierare sui social. Magari ha pure idee difficilmente condivisibili, che ci tiene a esternare ogni volta che può, spesso a sproposito. Purtroppo non ci sono molti antidoti per l’amico scomodo, a parte sopportarlo. - Il benaltrista
Ogni argomento che trattiamo è comunque secondario rispetto ai veri problemi. Se parliamo di lingua, i problemi sono ben altri. Se parliamo di politica, i problemi sono ben altri. Se parliamo di eutanasia, i problemi sono ben altri. La costante è che in ogni caso non ci stiamo occupando del problema giusto, e quindi stiamo sbagliando. Non a caso, assieme al sintagma i problemi sono ben altri, un elemento ricorrente dei post dei benaltristi è VERGOGNA! Dobbiamo vergognarci perché ci occupiamo delle questioni sbagliate. Come se fossimo dei device che non hanno il multitasking, insomma: tutto il mondo può occuparsi di un solo problema per volta, possibilmente quello che va a genio a loro, ai benaltristi. - Il commentatore compulsivo
“Non ho letto i commenti degli altri, ma…” Il commentatore compulsivo (CC) non può proprio fare a meno di fare il suo commento. Non importa se è lo stesso fatto già da molte, moltissime persone prima di lui. Lui, siccome si sente più importante degli altri, reputa inutile la lettura degli altri interventi, soprattutto se può fare una battuta sagace, sicuramente inedita. La palma di commento top del CC si trova sotto i post che riguardano un tema a me caro, quello del femminile dei nomi di professione. Il CC arriva e commenta l’ennesimo “ministra” con “allora io da oggi mi chiamo giornalisto“, sentendosi pure molto spiritoso. Peccato che sia stato spiegato in tutti i luoghi e in tutti i laghi che giornalista è già maschile, pur finendo in –a, e che il sistema dei nomi di professione non è regolare (non tutti i maschili sono in –o e non tutti i femminili in –a). Quando glielo si fa notare, peraltro, spesso risponderà con “Eh ma la mia era una battuta, sei tu che non l’hai capito”. Cfr. oltre l’eroironico. - Il complottista
Il mondo è pieno di nemici: essi ci vogliono sterminare, essi hanno alzato le tasse, essi ci avvelenano. Peccato che non sia ben chiaro chi siano gli essi. Ma non è rilevante. Un nemico senza nome fa paura, basta che sia altro da noi. Il complottista presume che ogni opinione diffusa rispetto a un qualsiasi argomento è di parte, che tutti sono vittime di un inganno (per l’appunto, di un complotto), che il sistema, la ca$ta, il gruppo Bilderberg o chi altri vogliono che le persone siano tutte ingannate. Ovviamente, solo il complottista ha capito come stanno veramente le cose. La sua missione, quindi, è convincere il resto del mondo di essere nel torto. Non a caso, spesso i messaggi dei complottisti contengono la parola SVEGLIA!!!, possibilmente con molti punti esclamativi e in maiuscolo, per rendere ancora più pregnante il richiamo. - Il ditolunista
Maestro nell’arte di far deragliare le conversazioni, fa spesso un appunto del tutto collaterale rispetto al tema del post originario. Si sofferma su una piccolezza procedurale, o su un aspetto linguistico, o su un’imprecisione contenutistica. Riesce normalmente a dare vita a un’intera conversazione nidificata all’interno di quella principale, cioè a una specie di spin-off della questione di partenza. Ci riesce talmente bene, a volte, che nessuno argomenta più sul tema del post, ma tutti si impegnano nella discussione “matrioska”. - L’eroironico
La battuta greve? Il fraintendimento evidente? L’offesa corredata di faccine? Se queste cose ti fanno arrabbiare, e magari ti inducono a rispondere con una certa durezza, il tuo interlocutore uscirà dall’angolo adducendo come motivazione l’ironia: “Ero ironico, sei tu che non hai capito”. Maestro nel rigirare la frittata, l’eroironico dimentica che l’ironia, quando va spiegata, non è più tale. E che è anche una cosa ben diversa dal sarcasmo e dall’offesa. Sarebbe meglio pensare un secondo di più al “battutone” che stiamo per depositare, con inchiostro indelebile, sul web. - Il salutista
Salutare è un modo singolare di interrompere le discussioni sui social: “Basta, non ho più tempo da perdere qui! La saluto!”; “Ho già detto abbastanza. Arrivederci”, e via dicendo. Dietro a questa apparente educazione, c’è un’azione piuttosto violenta nei confronti dell’oppositore. Si rifiuta, infatti, di continuare a disputare felicemente (come direbbe Bruno Mastroianni, ideologo della #disputafelice https://twitter.com/brunomastro) e si chiude unilateralmente la conversazione. Il salutista non è educato; piuttosto, gli mancano salde competenze argomentative, e quindi, invece che indugiare a difendere la sua posizione, preferisce andarsene sbattendo metaforicamente la porta. - Il titolista
Quando legge, non si spinge mai oltre i titoli che, ahinoi, sappiamo non rispecchiare sempre il contenuto dell’articolo. Leggendo solo i titoli, il titolista si indigna molto facilmente e ricondivide con altrettanta facilità il suo sdegno. Per questo, è la vittima prediletta dei creatori di bufale: sapendo che tanto non vanno oltre il titolo, possono essere presi in giro con estrema facilità. Tra l’altro, convinti come sono della bontà delle loro idee, i titolisti tendono anche a opporre resistenza a cambiare idea: tanto sono fulminei nel ricondividere, indignati, senza leggere, quanto sono difficili da convincere di essere cascati nella trappola.
Quale sarebbe, in conclusione, l’utilità di questo elenco? Semplice: la prossima volta che stiamo per avere una di queste reazioni, che sia appellarsi all’ironia, fare deragliare la discussione richiamando l’attenzione su un particolare secondario oppure ricondividere una notizia solo in base al titolo, ricordiamoci che stiamo per assumere un comportamento stereotipato, che non depone a favore della nostra intelligenza. Come ribadisco sempre, nessuno ci toglie la possibilità di pensare un secondo in più a quello che stiamo per fare quando siamo in rete, in particolare sui social. Può essere che in seguito saremo contenti, e soddisfatti, di avere “perso” quel momento.