Sindrome dell’impostore: è davvero una questione tutta “al femminile”?
Dubitare di sé stessi, sentirsi insicuri, credere di essere un bluff nonostante le prove spesso schiaccianti del contrario. Sono questi gli indizi che dovrebbero farci sospettare che siamo affetti dalla cosiddetta Sindrome dell’impostore.
Quando questa sindrome fu identificata nel 1978 dalle psicologhe Pauline Rose Clance e Suzanne Imes, fu subito associata a un tratto tipico del carattere femminile, ma le ultime ricerche in materia hanno messo in discussione questa teoria, dimostrato che si tratta di una caratteristica che colpisce allo stesso modo uomini e donne.
Anzi, in alcune circostanze gli uomini possono addirittura sentirne gli effetti in modo più accentuato. Quando sono messi sotto pressione e la loro performance è in discussione, i maschi sarebbero più portati delle donne a cadere nella trappola della sindrome dell’impostore.
Secondo uno studio condotto da KPMG nel 2020 circa il 70% delle persone si è sentito un impostore almeno una volta nella vita. E le donne rappresentano sicuramente un gruppo demografico che ha costantemente affrontato la “discriminazione istituzionalizzata”. Una volta che sono passate dai tradizionali ruoli domestici a loro attribuiti a ricoprire posti sempre più importanti nel mondo del lavoro, la sindrome dell’impostore le ha accompagnate come una compagna fedele. Questo ha sicuramente avuto un peso importante nel sentirsi non adeguate, ma sembra che anche gli uomini si sentano minacciati in qualche modo e che soffrano ugualmente di questo senso di inadeguatezza.
Perché ci sentiamo impostori?
Ma da che cosa deriva questa sindrome? Secondo alcuni esperti sarebbe tipica di alcune personalità che soffrono di ansia e nevrosi; altri invece tendono a enfatizzare maggiormente la responsabilità di fattori esterni come l’ambiente e la discriminazione (tipicamente sul luogo di lavoro). Secondo alcune ricerche la sensazione di essere un impostore sarebbe addirittura un predittore di problemi di salute mentale più gravi.
Le sue radici potrebbero trovarsi nell’infanzia, quando gli esseri umani iniziano a vedere se stessi attraverso lo sguardo esterno degli altri. Questo succede quando non sviluppano una propria “bussola” interna e non sono in grado di dare una giusta stima alle proprie competenze e capacità. In questo caso è facile cadere vittima della sindrome dell’impostore e iniziare a vedere gli altri sempre come “migliori” diventando insicuri e ansiosi, sperando nell’approvazione di qualcun altro.
Come superare la sindrome dell’impostore
La paura ci aiuta a entrare in connessione con noi stessi, è un’emozione che ci dice che qualcosa che amiamo è in pericolo, e che ci può quindi spronare a prendere provvedimenti. Ascoltare la sua voce è fondamentale anche nel tentativo di superare la sindrome dell’impostore.
Ecco che cosa possiamo fare:
- Connettere i puntini – quando una persona soffre della sindrome dell’impostore è perché non riconosce i passi che l’hanno portata dove si trova oggi. Risulta quindi utili farsi delle domande per diventare consapevoli del proprio processo di crescita e di miglioramento continuo: cosa mi ha portato a ricoprire questo ruolo? Quali abilità, mentalità e comportamenti mi hanno aiutato? Guardare i fatti è importante e ci aiuta a mettere a tacere la voce interiore che ci dice che siamo un bluff.
- Valutare i propri punti di forza – chi soffre di questa sindrome tende a focalizzarsi sugli aspetti negativi e su ciò che manca loro. Invece è importante porre l’attenzione su ciò che si possiede e su cosa si può costruire a partire da qui. Quali sono i miei doni? Rispondere a questa domanda è importante perché ci aiuta a chiarire le idee su ciò di cui siamo capaci.
Infine, la sindrome dell’impostore potrebbe non essere così negativa come potrebbe sembrare. Lo psicologo Adam Grant nel suo libro Think Again (in italiano “Pensaci ancora. Il potere di sapere ciò che non sai”) scrive che può aiutarci a:
- motivarci a lavorare di più – “Quando ci sentiamo impostori, pensiamo di avere qualcosa da dimostrare – dice Grant – Gli impostori possono essere gli ultimi a buttarsi, ma possono anche essere gli ultimi a tirarsi indietro”.
- Motivarci a lavorare in modo più intelligente – se pensiamo che non vinceremo non abbiamo nulla da perdere. Se ci consideriamo dei principianti è probabile che metteremo in discussione ipotesi che gli altri hanno dato per scontate, arrivando a soluzioni più innovative e creative.
- Renderci migliori apprendisti – se scendiamo dal nostro piedistallo, consci di avere molto da imparare, saremo più propensi degli altri ad approfondire e studiare.
Sentirsi impreparati o non qualificati non significa che lo siamo veramente. Se esiste un lato positivo della sindrome dell’impostore è che ci mantiene umili, e spesso l’umiltà è una grande motivatrice. Capire che potremmo non essere i migliori in qualcosa può ispirarci a essere più efficaci ed efficienti, ma l’importante è non farsi bloccare da pensieri che potrebbero trasformarsi in convinzioni limitanti che ci sbarrano la strada verso il successo. Sviluppare la nostra autostima è sicuramente un modo per trovare il giusto equilibrio per capire esattamente quanto siamo preparati e quali sono i nostri margini di miglioramento, senza focalizzarci solo su quello che ci manca, ma lavorando a quello che invece vogliamo ottenere.